Già il fatto che nei prossimi mesi un oggetto costruito dall’uomo, una sonda spaziale, si avvicinerà fino a 3 km e si affiancherà per un tratto al percorso di una cometa è qualcosa di sorprendente. Ma ancor più emozionante è quello che accadrà a metà novembre quando un lander scenderà sul nucleo della cometa e ne trapanerà la superficie prelevando campioni di materiale. Sarà il momento culminante della missione Rosetta, che proprio in questi giorni ha iniziato le manovre per il rendez-vous con la cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko.
Un evento che deve essere preparato in ogni minimo particolare e già fin d’ora i tecnici e gli scienziati dell’ESA (Agenzia Spaziale Europea) possono raccontare minuto per minuto quello che accadrà durante quel magico incontro. Come a fatto per Ilsussidiario.net l’ingegner Cinzia Fantinati, una giovane italiana che opera presso il Rosetta Lander Control Center ospitato dal Microgravity User Support Center (MUSC) del DLR (il centro aerospaziale tedesco) a Colonia.
Iniziamo col dire che il lander ha un nome che è tutto un programma: l’hanno infatti chiamato Philae, come un’isola sul Nilo dove è stato trovato un obelisco con delle incisioni che hanno aiutato la decifrazione della stele di Rosetta e quindi dei geroglifici egizi. «Come l’obelisco di Philae e la stele di Rosetta hanno permesso di comprendere un’antica civiltà, così il lander Philae e la sonda Rosetta contribuiranno a svelare i misteri dei più antichi componenti del nostro Sistema solare: le comete».
Ma per arrivare a tanto, servirà lo sforzo congiunto di diverse realtà. La missione Philae è realizzata da un consorzio europeo costituito da ESA, DLR, ASI, CNES (francese), MPS (tedesco) e da istituti scientifici in Austria, Finlandia, Francia, Germania, Ungheria, Italia, Irlanda e Inghilterra. Il DLR-MUSC è responsabile della preparazione e del monitoraggio delle operazioni di Philae; il CNES di Tolosa è responsabile della pianificazione delle operazioni scientifiche, del “Lander Flight Dynamics” e della raccolta e distribuzione dei dati scientifici; l’esecuzione delle operazioni di Philae avviene attraverso il centro ESA tedesco di Darmstadt.
«La missione Philae è una sfida tecnologica: basta pensare che si tratta di far un atterraggio “dolce” di un oggetto di 1 metro cubo e 100 kg di peso, con a bordo 10 strumenti scientifici su un oggetto celeste che viaggia a 100.000 km/h del quale non sappiamo quasi nulla e in condizioni ambientali estreme e in buona parte ignote. Il tutto in totale autonomia nella esecuzione delle operazioni, dato che a quella distanza – 3.4 Unità Astronomiche (UA), pari a 500 milioni di km – un segnale da Terra impiega circa mezz’ora a raggiungere Rosetta».
Ma cosa è successo finora? Durante la fase di crociera, dal 2004, Philae ha viaggiato attaccato alla sonda Rosetta e normalmente è stato spento; dal momento del lancio ha operato per circa 2750 ore, effettuando alcune operazioni come: la verifica periodica dello stato di strumenti e sottosistemi, la calibrazione, la manutenzione, l’aggiornamento del software e alcune osservazioni scientifiche durante i fly-by di due asteroidi che Rosetta ha svolto nel 2008 e 2010.
Ed ora? «Ora Rosetta si trova sulla traiettoria di avvicinamento alla cometa ed entrerà nella sua orbita in agosto. Nei prossimi mesi gli strumenti a bordo della sonda osserveranno la cometa in sempre maggior dettaglio e le immagini e i dati ottenuti serviranno anche per selezionare un’area “sicura” per l’atterraggio di Philae, previsto a novembre».
La speciale “radiocronaca” della nostra interlocutrice si fa più avvincente. «Al momento dell’atterraggio Philae sarà alla distanza di 3 UA dal Sole. Il comando Go/NoGo finale è fissato circa otto ore prima della separazione del lander da Rosetta; dopo di che verranno effettuate le delicate manovre per entrare nella giusta traiettoria per lo sganciamento di Philae. Dopo il Go finale l’esecuzione e il monitoraggio delle operazioni di separazione è affidato alle procedure automatiche a bordo di Rosetta».
Durante la fase di discesa verso il nucleo cometario, Philae eseguirà autonomamente le seguenti operazioni: apertura delle gambe meccaniche ed estensione della parte centrale del Landing Gear; preparazione degli arpioni; esecuzione di alcune misurazioni scientifiche. Arrivata al suolo, si stabilizzerà e arpionerà il terreno per garantire l’aggancio. Poi inizierà subito le misure, utilizzando i 1000 Wh della batteria principale per circa 12 ore. Per i primi 90 minuti Rosetta rimarrà nel raggio di comunicazione del Lander, per permettergli di trasmettere le prime comunicazioni sul suo stato; «dopo di che scomparirà dall’altra parte delle cometa».
Durante il primo blocco di operazioni scientifiche, gli ingegneri analizzeranno lo stato di Philae per decidere se è possibile procedere all’esecuzione di movimenti meccanici; in caso positivo, come tutti si augurano, entrerà in funzione il gioiello dell’ingegneria progettato al Politecnico di Milano dal team della professoressa Amalia Finzi e realizzato dalla Selex ES (gruppo Finmeccanica): lo speciale trapano SD2. Con questo la cometa verrà perforata fino a 20-22 cm di profondità e i campioni di materiale saranno depositati e riscaldati in appositi “fornetti” per analizzarne i gas ed eseguire la analisi chimiche (spettrografia, gascromatografia).
«Nel frattempo, ingegneri e scienziati avranno valutato la location migliore dove inserire la sonda Mupus – Pen, lunga 35 cm e dotata di 16 sensori termici: una sorta di “martello elettromagnetico” che verrà posta a circa un metro dal lander».
Circa 45 ore dopo l’atterraggio, si prevede che tutta l’energia della batteria principale sia stata utilizzata e questa fase di indagini si concluderà;«il periodo esatto potrà variare, a seconda di della quantità di energia ricevuta dai pannelli solari e della temperatura interna del lander, che, ricordiamo, opera in condizioni non ben conosciute».
A questo punto inizierà la cosiddetta missione estesa, nella quale verrà utilizzata la batteria secondaria ricaricata in fasi successive attraverso l’energia che arriva dai pannelli solari. Philae è progettato per operare fino a una distanza di 2 UA (circa 300 milioni di km) dal Sole. «Ma la missione sulla cometa terminerà quando i sottosistemi principali cesseranno di funzionare o per mancanza di energia sufficiente dai pannelli solari o per imprevedibili condizioni climatiche estreme».
E con questo, termina anche la nostra radiocronaca anticipata dalla cometa.