Che il nostro Sistema solare sia più affollato di quanto appare nella visione semplificata che tutti conosciamo fin da piccoli è un fatto al quale ci stiamo abituando: missioni spaziali come Rosetta che arrivano a depositare apparecchiature scientifiche sulla superficie di una cometa, o come Dawn che vanno a orbitare attorno agli asteroidi Vesta e Cerere, hanno convinto anche il grande pubblico che il Sistema non è fatto solo dei nove classici pianeti (anzi otto, dopo il declassamento di Plutone) e di qualche loro satellite. Attorno al Sole, attratti dalla sua gravità, viaggiano la Terra e i suoi sette compagni pianeti, alcuni con un ampio corteo di lune (Giove ne ha almeno 67, Saturno 62), poi ci sono i pianeti nani, come appunto Plutone; seguono gli asteroidi, sia quelli disposti lungo una cintura tra Marte e Giove sia quelli nella fascia di Kuiper, alla periferia del Sistema. Gli asteroidi sono il tipo di oggetti più numerosi, ne sono stati contati circa 5000 ma sono certamente di più. Infine ci sono le comete, che partono dai grandi serbatoi all’estremità del Sistema per attraversare una o più volte trasversalmente tutto il Sistema.
Non è strano quindi che l’esplorazione ravvicinata di tutti questi oggetti, iniziata cinquant’anni fa, trovi oggi ulteriori e forti motivi di interesse, oltre che essere tecnologicamente molto più praticabile. Se poi, come è accaduto recentemente, arrivano conferme come quella della passata presenza di acqua su Marte, allora si comprende il fermento delle Agenzie spaziali di tutto il mondo per intensificare i progetti di future missioni. Progetti che però non possono essere dettati solo dall’entusiasmo della scoperta ma devono fare i conti sia con i problemi economici sia con tutte le questioni relative alla sicurezza.
Così la Nasa ha da poco annunciato una revisione dei suoi programmi per la futura esplorazione del Sistema Solare pensando al dopo 2020, con qualche elemento previsto e con qualche sorpresa. Sono stati selezionati cinque progetti, su 27 proposte presentate, ed è stato dato un anno di tempo (e tre milioni di dollari) ai proponenti per mettere a punto un piano dettagliato: al termine del 2016 i due progetti definitivamente approvati riceveranno un budget di circa 500 milioni di dollari che coprirà i costi esclusi quelli per il lanciatore e per le operazioni di post-lancio.
La novità è che gli obiettivi dei progetti riguardano Venere e alcuni asteroidi. Su Venere la Nasa non tornava da tempo: dal Venus Express che ha raggiunto l’orbita del secondo pianeta del Sistema nel 2006. Ora uno dei progetti selezionati punta alla miglior conoscenza dell’atmosfera venusiana, nota per essere tossica, inospitale e per produrre un’alta pressione e un effetto serra spaventoso. La missione proposta, che nel nome ha un richiamo all’Italia, è la Deep Atmosphere Venus Investigation of Noble gases, Chemistry, and Imaging, sintetizzata in Davinci, e indica chiaramente l’obiettivo: indagare la spessa coltre di gas che coprono la superficie planetaria, decifrarne la composizione chimica e cercarne l’origine, ad esempio se i gas derivano da una qualche attività vulcanica. I dati utili per rispondere a questi interrogativi saranno raccolti lungo la strada da una sonda che scenderà per poco più di un’ora all’interno della spessa coltre atmosferica.
Un’altra missione proposta ha una lunga denominazione, condensata nell’ambizioso acronimo Veritas che sta per Venus Emissivity, Radio Science, InSAR, Topography, and Spectroscopy: dovrà realizzare una mappa topografica di Venere completa, ad alta risoluzione e a diverse frequenze, per migliorare le informazioni sulla superficie planetaria che aveva fornito la sonda Magellan orbitando intorno al pianeta tra il 1990 e il 1994 e applicando la tecnologia radar per mappare la superficie con una risoluzione di circa 100 metri.
Il terzo progetto prende il nome dall’asteroide che una sonda potrebbe andare a visitare nel 2026: l’asteroide Psiche, ovvero il probabile testimone diretto di un evento cosmico spettacolare avvenuto quando l’asteroide stesso è andato a scontrarsi violentemente con un pianeta in formazione strappandogli una parte degli strati rocciosi esterni. La missione raccoglierà dati utili a indagare la composizione dei nuclei planetari.
Un’altra proposta, che riprende un’idea già elaborata dieci anni fa, riguarda quelli che sono noti come NEO (Near Earth Object) cioè la ricca popolazione di corpi celesti prossimi alla Terra e sempre più oggetto di attenzione da parte dei planetologi e di allarmi da parte dei cercatori di catastrofi. La missione NEOCam li studierà con un telescopio a infrarossi che permetterà di aumentare di molto la loro conoscenza.
Infine Lucy, missione alla ricerca di indizi che permettano di ricostruire sempre meglio la storia del nostro sistema planetario. Significativamente ha preso il nome della piccola femmina di australopiteco i cui resti fossili sono stati scoperti nel 1974 in Etiopia e che ci fa risalire alle origini dell’umanità. La sonda andrà verso i pianeti esterni del Sistema Solare e osserverà gli asteroidi detti “troiani”, che orbitano più vicini a Giove.
Alla guida di questi progetti ci sono dei team collocati presso i due principali centri della Nasa: il Goddard Space Flight Center di Greenbelt, nel Maryland e il Jet Propulsion Laboratory (JPL) di Pasadena, in California. Per loro i prossimi dodici saranno mesi di intensa attività per dimostrare la bontà e l’opportunità delle missioni progettate, tenendo sempre sott’occhio il budget.