La semplice cerimonia del passaggio di consegne alla direzione generale del Cern è avvenuta una settimana fa durante la 178esima sessione del Council del centro di ricerche di Ginevra: il precedente direttore Rolf Heuer lascia il posto a Fabiola Gianotti che dal 1 gennaio sarà al comando della grande impresa che vede migliaia di scienziati (tra i quali circa 1500 italiani) collaborare da tutto il mondo per scoprire i segreti della materia.
I prossimi due mesi saranno di rielaborazione dati e organizzazione in vista della ripartenza a marzo del superacceleratore LHC (Large Hadron Collider), che ora è stato fermato per la tradizionale pausa invernale. Ma quanto è successo nel 2015 fa già prevedere un anno effervescente, che potrebbe spostare in avanti la frontiera della nostra conoscenza della struttura fondamentale della materia dopo i successi del 2012 che hanno visto la cattura del bosone di Higgs.
La primavera scorsa c’è stata la riaccensione di LHC che ha iniziato a funzionare all’energia record di 13.000 miliardi di elettronvolt (13 TeV) svolgendo i cicli cosiddetti di Run2 che permettono di raccogliere dati generati dalle collisioni di protoni a un’energia nel centro di massa quasi raddoppiata rispetto alla presa dati precedente, il Run1, che aveva portato al risultato prima ricordato e premiato nel 2013 col Nobel per la fisica allo stesso Peter Higgs e a François Englert.
A fine novembre poi, ultimata la fase di collisone protone-protone, all’interno del tunnel di 27 km di circonferenza a 100 m di profondità al confine tra Francia e Svizzera, sono iniziate le collisioni tra ioni piombo a 5 TeV per nucleone, un’energia quasi il doppio di quella usata da LHC durante la prima fase di attività dell’acceleratore.
Dai primi dati del Run2 sono già arrivati risultati nel segno sia della tradizione che della novità. Alcune misure riguardano infatti processi previsti a quelle energie dal cosiddetto Modello Standard, cioè il quadro concettuale nel quale vengono descritti i componenti fondamentali della materia e spiegate le loro interazioni. Ci sono però anche misure che indicano segnali di nuova fisica, oltre il Modello Standard: come è stato riferito nel corso di un seminario la scorsa settimana, è stata evidenziata una fluttuazione sia dall’esperimento ATLAS che da CMS, che mostra un eccesso anomalo: «si tratta di un eccesso in eventi con produzione di due fotoni, per masse invarianti della coppia di fotoni attorno ai 760 GeV. Si tratta dello stesso stato finale che ha fornito le prime indicazioni della presenza del bosone di Higgs che però era a 125 GeV: coppie di fotoni vengono normalmente prodotte in interazioni protone-protone e la loro distribuzione è ben nota e decresce esponenzialmente all’aumentare della massa invariante fotone-fotone. La presenza di nuove particelle che decadono in coppie di fotoni si manifesta come picchi su una distribuzione continua».
La significatività statistica dell’eccesso visibile nei dati 2015 è comunque limitata: se calcolata correttamente, è compresa tra 1 e 2 sigma per entrambi gli esperimenti, ovvero ancora in accordo con il Modello Standard. Ovviamente i fisici, nella presa dati del 2016 che dovrebbe dare una statistica decuplicata, guarderanno con particolare attenzione questo canale di decadimento, come vari altri altrettanto promettenti.
Interessante sarà anche seguire le collisioni tra ioni piombo a 5 TeV, che consentono di studiare uno stato della materia, denominato plasma di quark e gluoni analogo alla “zuppa di particelle” esistita brevemente pochi milionesimi di secondo dopo il Big Bang. Particolarmente coinvolti in questa nuova fase di LHC sono i fisici dell’esperimento ALICE (A Large Ion Collider Experiment), che è stato specificamente progettato per lo studio di queste collisioni tra nuclei e che ha come spokesperson Paolo Giubellino della sezione di Torino dell’Infn (Istituto Nazionale di Fisica Nucleare), che ha dichiarato: «I fisici dell’Infn hanno un ruolo chiave nell’avvio di questa fase di run con gli ioni. Sono numerose le questioni molto calde da affrontare con queste collisioni per le quali il nostro esperimento è stato specificatamente disegnato e poi migliorato durante la fase di shutdown. L’intera collaborazione si sta preparando con grande passione per questo nuovo viaggio di scoperta».
Nel frattempo, dopo quattro anni di studio, sta passando alla fase operativa il progetto High-Luminosity LHC (HL-LHC), con sviluppo di prototipi industriali che nel 2025 dovrebbero integrare l’acceleratore. La luminosità è un indicatore fondamentale delle prestazioni di un acceleratore e rappresenta il numero di collisioni che avvengono in un dato intervallo di tempo: maggiori sono le collisioni, più alta è la probabilità di vedere una nuova particella o un fenomeno mai visto prima.
Il progetto HL-LHC ha come obiettivo quello di aumentare di un fattore 10 la luminosità della macchina. Il che implica aumentare le potenzialità dello strumento ripensando la tecnologia dei magneti superconduttori, l’ottica dello strumento, gli spazi che ospitano il tunnel. La realizzazione di HL-LHC vede già all’opera numerosi gruppi. Uno di questi ha iniziato, proprio in questi giorni, le misure di vibrazione nel punto dell’anello dove è istallato l’esperimento ATLAS: lo scopo è verificare se le opere di ingegneria necessarie potranno svolgersi anche mentre LHC è in funzione, senza pregiudicarne le prestazioni; il fascio di particelle deve infatti mantenere la sua stabilità a un livello micrometrico, cioè del milionesimo di metro. Il grosso dei lavori è comunque programmato per il luglio 2018, quando per l’acceleratore è prevista una pausa; ma se si può fare qualcosa prima senza problemi, tanto meglio.