Ormai ci siamo. Fra meno di una settimana, un prodotto dell’ingegno umano raggiungerà un’altra delle periferie del Sistema Solare: l’ex pianeta Plutone, ora declassato nella categoria dei pianeti nani ma pur sempre uno dei principali corpi celesti che compongono la ricca corte del re Sole. Sarà la sonda New Horizon, martedì 14 luglio, a compiere il flyby, l’incontro ravvicinato con Plutone programmato dagli scienziati della Nasa una decina d’anni fa e calcolato con precisione: flyby significa che la sonda non entrerà in orbita attorno a Plutone ma effettuerà un sorvolo ravvicinato durante il quale potrà compiere osservazioni senza precedenti.
La strada per lo storico incontro sembra spianata. C’era stato qualche giorno fa un allarme che aveva costretto i controllori del volo a passare alla “modalità sicurezza”; ma si era trattato di una anomalia che non ha intaccato né l’hardware né il software della sonda ed è rientrato prontamente. Si era parlato anche di potenziali pericoli dovuti alla presenza di oggetti sconosciuti attorno al nano pianeta: piccoli asteroidi, frammenti e polvere che avrebbero potuto danneggiare la navicella che arrivava ad alta velocità. Anche questo pericolo però sembra scongiurato: gli ultimi controlli dicono che, salvo imprevisti dell’ultima ora, martedì prossimo New Horizon sorvolerà senza intralci il nano pianeta.
A quel punto la sonda sarà a 4770 milioni di chilometri dalla Terra e avrà viaggiato per oltre 9 anni, a partire da quel gennaio 2006 quando un vettore Atlas V l’ha lanciata da Cape Canaveral. Lungo il viaggio ha fatto numerosi incontri interessanti. Già due mesi dopo il lancio ha attraversato l’orbita di Marte, mentre ancora a bordo si stava completando la calibrazione degli strumenti e si apportavano piccole correzioni di rotta. Poi, superata la fascia degli asteroidi, il primo degli incontri ravvicinati: quello con Giove, raggiunto viaggiando alla velocità di 23 chilometri al secondo e “sfiorato” a 2,3 milioni di chilometri, andandogli 3-4 volte più vicino di quanto non abbia fatto la sonda Cassini-Huygens nel 2000.
Sfruttando l’effetto fionda gravitazionale di Giove, il viaggio ha ripreso slancio e tra il 2008 e il 2014 ha attraversato le orbite di Saturno, Urano e Nettuno; e questo mentre la sonda era stata messa in ibernazione (come, si ricorderà, è stato fatto anche con la sonda Rosetta) dalla quale si è risvegliata poco prima del Natale scorso. Da lì è iniziata la volata finale verso Plutone. Via via che si avvicinava alla meta non sono mancate le sorprese. La più eclatante riguarda il colore del nano pianeta, che era già sembrato assumere tonalità rossicce ma ora questo viene confermato insieme ad alcune ipotesi sul perché di tale colorazione. Siamo di fronte ad un secondo pianeta rosso, ma qui, a differenza di Marte, il colore non deriva dagli ossidi di ferro bensì da idrocarburi che si formano quando i raggi cosmici e la luce ultravioletta solare interagiscono con il metano presente nell’atmosfera plutoniana. Sono informazioni ottenute elaborando le osservazioni e le misure dei vari strumenti di bordo; principalmente del Long Range Reconnaissance Imager (LORRI) una fotocamera digitale ad alta risoluzione nel campo del visibile.
Quali sono gli obiettivi di questo flyby? Sono obiettivi scientifici, volti a conoscere meglio questi sobborghi del Sistema solare. Plutone è sì un “nano” ma non è così insignificante: ha il suo bel entourage di satelliti, cinque – almeno per quanto si sa finora, dai nomi ovviamente mitologici: Caronte, Notte, Idra, Cerbero e Stige – e il tutto forma un sottosistema planetario interessante. Si ipotizzava che potesse avere anche degli anelli ma le ultime osservazioni sembrano escluderlo. L’obiettivo principale è di ottenere una mappa precisa della superficie di Plutone, a una scala di 48 chilometri, e di avere un’idea più chiara del maggiore dei satelliti, Caronte. Nel momento del massimo avvicinamento, New Horizon sarà a 12500 chilometri da Plutone e a circa 28800 chilometri da Caronte.
E dopo? Dopo c’è l’ultima periferia del Sistema Solare, la fascia di asteroidi detta di Kuiper (costituita dai KBO, Kuiper Belt Object), una autentica sala parto di alcune comete: quelle di periodo corto o intermedio (mentre le maggiori nascono nella cosiddetta nube di Oort). Tra gli ulteriori obbiettivi della sonda ci potrebbe essere proprio uno dei KBO: ma la Nasa non si è ancora pronunciata e sta selezionando i candidati. Dipende anche da come andrà con Plutone e Caronte; in ogni caso, al KBO designato verrà riservato lo stesso trattamento dei due corpi maggiori: verrà mappato, verrà studiata la sua composizione tramite la spettroscopia infrarossa e la mappatura in quattro colori e verrà analizzata l’eventuale atmosfera e le possibili piccole lune.
Ma il viaggio potrebbe non essere ancora finito. Dopo la fascia di Kuiper c’è l’uscita dal Sistema Solare: un passaggio storico, già compiuto dal Voyager e che New Horizon dovrebbe imitare. Le possibilità tecniche ci sono e il fascino dell’esplorazione extrasolare diretta è troppo grande per non giocare, seppur con un ragionevole realismo, tutte le chance.