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Home » Scienze » GEOLOGIA/ Antropocene: è proprio necessario un nuovo nome per la nostra Era geologica?

  • Scienze

GEOLOGIA/ Antropocene: è proprio necessario un nuovo nome per la nostra Era geologica?

Int. Gian Battista Vai
Pubblicato 29 Giugno 2016
traccia_stratigrafica_r439

Traccia stratigrafica (credit: AIQUA)

L’Antropocene è il termine per indicare il tempo geologico in cui stiamo vivendo. Rappresenterebbel’intervallo di tempo in cui l’uomo ha cambiato il sistema Terra. GIAN BASTTISTA VAI

Nella suddivisione della scala del tempo geologico, l’Olocene è l’intervallo più recente del Quaternario, conosciuto come il periodo caratterizzato da estrema variabilità climatica e dall’alternarsi di numerose  glaciazioni. Ultimamente si sta facendo strada il concetto della fine dell’Olocene e l’inizio di un nuovo intervallo: l’Antropocene, termine adottato da Paul Crutzen (Premio Nobel per la chimica nel 1995) per indicare il tempo geologico in cui stiamo vivendo.


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Questo intervallo di tempo è caratterizzato dall’attività dell’uomo che consuma, distrugge e modifica le risorse del pianeta. La specie umana spinta dal desiderio di crescere e svilupparsi, costruisce in ogni spazio che la Terra ci offre. La trasformazione del pianeta, avvenuta soprattutto negli ultimi 50 anni, è necessaria perché la popolazione aumenta notevolmente, tanto che nel 2050 è previsto un aumento di 2 miliardi di abitanti. Il professor John McNeill, della Georgetown University, scrive che l’uomo sta portando avanti il più grande esperimento ovvero la trasformazione del pianeta e delle sue risorse. L’Antropocene quindi rappresenterebbe l’intervallo di tempo in cui l’uomo ha cambiato talmente il sistema Terra tanto da produrre una traccia stratigrafica, ovvero registrata nei sedimenti.


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La suddivisione del Quaternario e la possibile adozione del termine Antropocene come potenziale nuova epoca geologica sono due tra i vari argomenti che sono stati trattati al recente convegno di geocronologia e cronostratigrafia del Quaternario, promosso dall’Associazione Italiana per lo studio del Quaternario () tenutosi a Bologna il 16 e 17 Giugno presso il Dipartimento BiGeA. In questa occasione, abbiamo intervistato il Professore Gianbattista Vai, per avere una sua opinione da geologo e stratigrafo sul termine Antropocene; l’intervista ha visto la partecipazione attiva di Laura Leardini, Elena Marzocchi e Ludovico Sibani del Liceo Malpighi di Bologna, stagisti presso l’Istituto di Scienze Marine (ISMAR) del Cnr nell’ambito del progetto Alternanza scuola lavoro “sperimEstate” promosso dall’Area della Ricerca di Bologna. 


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Professore, i geologi sono alla ricerca di marcatori o indicatori sugli strati rocciosi per suddividere il tempo geologico. Quale sarà il marcatore o i marcatori dell’Antropocene? Quali sono i segni negli archivi terrestri dell’azione umana? 

Se io dovessi scegliere un marker assai indicativo per il futuro, basato sul record geologico, sceglierei le bottiglie di vetro; quelle con le quali si distribuiva il latte nel periodo negli anni immediatamente dopo la guerra. Io ho foto scattate nel 1976 nella grande barriera est australiana. Queste foto mostrano una beach rock, ovvero quella roccia di precoce litificazione che si crea al bordo delle isole temporanee negli atolli e barriere coralline. L’isola raccoglie acqua dolce che a contatto con l’acqua salata fa avvenire una reazione nella quale precipita il carbonato e la sabbia quindi si cementa. In questa situazione ho trovato una bottiglia di vetro rimasta cementata dentro, probabilmente di 10 anni prima. Se il beach rock risalisse a quel periodo avrei dovuto trovarlo inclinato verso il mare, come ci si aspetterebbe. Al contrario il beach rock era inclinato verso l’isola: da ciò capiamo che dopo la fossilizzazione del beach rock, l’isola si è spostata dal lato opposto del beach rock. Ma tale spostamento non deve sorprenderci, perché queste isole, costituite dall’accumulo dopo grandi tempeste dei depositi  della cresta della scogliera e del retroscogliera, sono effimere e soggette alle variazioni del livello del mare. Infatti gli abitanti di queste isole lo sanno bene e sanno che si devono spostare a seguito delle grandi tempeste tropicali. 

 

Parlare di Antropocene significa parlare del rapporto tra uomo e natura. La trasformazione del pianeta e delle sue risorse da parte dell’uomo, quali rischi comporta all’umanità? 

 Il punto importante è che le risorse sono certamente limitate e noi dobbiamo porre dei limiti al nostro modo di operare. Ad esempio, come bisogna ridurre l’uso del petrolio, allo stesso modo bisogna limitare la libertà dell’uomo, che è diventata libertinaggio. Il concetto di limite è sacrosanto. Dove e quali siano i limiti lo sa solo il Padre Eterno. All’università a lezione nel 1960 mi dicevano che le riserve (note) degli idrocarburi, petrolio e gas, sarebbero durate 10 anni, mentre oggi queste riserve sono più che decuplicate. Da ciò si deduce che le previsioni che vengono fatte non sono completamente affidabili, anzi spesso sono ideologizzate, se non manipolate. Per esempio c’è chi dice che le riserve siano addirittura terminate, il che non è assolutamente vero come tutti possiamo vedere dal prezzo del petrolio. L’uomo essendo intelligente è in grado di accelerare certi processi geologici, tuttavia per ora la natura è ancora fattore geologico assai più importante dell’uomo. 

La parola Antropocene investe varie discipline, non solo la geologia. Quali? 

 Per me questo brutto termine avrà grande successo nella “scienza spettacolo”, fra i sociologi e i tuttologi. Nell’ambito geologico scientifico, in particolare nell’ambito della stratigrafia, ritengo che non abbia prospettiva. Per il semplice motivo che termini appropriati per ogni sua possibile accezione esistono già. Quanto al concetto che l’uomo sia un importante fattore geologico e ambientale è risaputo da millenni (Prometeo). E non basterà credere di inventare un nome obsoleto per convincerci a non abusare delle nostre capacità creative e distruttive. 

 

(Lucilla Capotondi)


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