SCONTRI A ROMA/ La violenza non ha nessuna scusa (e nemmeno chi governa)
Nessuna giustificazione per gli scontri pilotati di ieri sera a Roma. Chi rompe a volto coperto non ha a cuore le sorti del paese

Nessuna giustificazione per gli scontri pilotati di ieri sera a Roma, di questi giorni a Torino, Milano, Napoli… con la gente che muore negli ospedali, con lo sforzo inarrestabile e sfiancante di medici e infermieri non è lecito raggrupparsi per sfasciare vetrine, incendiare cassonetti, scatenarsi contro le forze dell’ordine (io sto coi poliziotti e i figli dei poliziotti, sempre, ricordando Pasolini).
Qualcuno più anziano ricorderà l’incipit degli anni 70, la crisi petrolifera, l’austerity, i miniassegni. Poco dopo cominciarono le proteste pilotate, appunto, e poi tuonarono le P38. Dio non voglia. Certo, la rabbia sociale monta, e pour cause. Ci hanno imbesuito per mesi con lo slogan “andrà tutto bene”, e bene non è andata affatto, e non sta andando. È facile, si dice sempre, prendere di mira chi governa, travolto da uno tsunami… basta con questa parola. Lo tsunami è arrivato a marzo, e qualche avvisaglia c’era da un mese, buttato via nel silenziarlo. Poi si è respirato a fine maggio, e sono passati tutti i mesi estivi e oltre a litigare e concentrarsi sulle elezioni regionali, con un commissario fantomatico che vagava chissà dove per cercare banchi a rotelle, tamponi, macchinari, eccetera. Risultato: i banchi a rotelle non sono ancora arrivati e le scuole già devono chiudere, i tamponi sono l’anticamera dell’inferno, le terapie intensive non sono un granché più numerose e nemmeno i soldi destinati alla sanità sono stati spesi (con questo andazzo se chiedessimo il Mes lo terremmo al caldo inutilizzato).
Ma il governo sforna Dpcm e raccomanda, intima, toglie le tentazioni: forme verbali che non appartengono allo Stato. Un governo serio decide, e per tempo, non cambiando ogni due giorni, e apparecchia per tempo tutti i provvedimenti, prevedendo anche la rabbia e le sue derive. Tuttavia, se ho buona memoria, la violenza che sta dilagando in Italia è schiuma sporca di un disagio, sì, ma così terribile e sincero che non spacca, non distrugge, semmai piange e implora. Chi rompe, picchia e nasconde il suo volto, rimesta non perché ha fame o ha perso il lavoro o non trova un posto letto per un parente. Ma perché è spinto dall’ideologia. Neri o rossi, chiamiamoli col loro nome. Terroristi. Ci pensi, chi ha guardato e sostenuto con indulgenza in questi anni i centri sociali, come espressione di creatività e voglia di comunità giovanile. Covi di teppisti, si chiamino Askatasuna o Casapound.
Per favore, non torniamo a liquidare come fasciste le scorribande di delinquenti in giro per il paese, a sobillarlo e far male. Ci sono la destra estrema e tanta sinistra, o almeno che si definisce tale. Senza esitazioni, ricordando gli anni 70 e 80, tocca fermarli. Ora e domani, come non è stato fatto ieri.
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