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Home » Educazione » SCUOLA/ Accogliere non basta: integrare gli studenti spetta a maestri e prof (soli)

  • Educazione

SCUOLA/ Accogliere non basta: integrare gli studenti spetta a maestri e prof (soli)

Filomena Zamboli
Pubblicato 23 Aprile 2022
scuola_studenti_5_lapresse_2017

Scuola (LaPresse)

Il conflitto Russia-Ucraina rilancia la necessità di accoglienza e integrazione a scuola dei tanti minori che arrivano come profughi di guerra

La grande ferita che ha generato il conflitto tra Russia e Ucraina in terra europea ha riportato in evidenza la necessità dell’accoglienza e integrazione di tanti minori che arrivano in Italia come profughi di guerra.

La questione dell’accoglienza è ampiamente affrontata nel documento pubblicato dal ministero dell’Istruzione (marzo 2022) dal titolo “Orientamenti interculturali. Idee e proposte per l’integrazione di alunni e alunne provenienti da contesti migratori”. Il testo fornisce indicazioni operative in considerazione dei cambiamenti avvenuti nel paesaggio multiculturale della scuola italiana negli ultimi dieci anni e, parimenti, suggerisce possibili modalità organizzative delle scuole, in continuità culturale con le precedenti Linee guida sul tema. Suggerimenti attuali, perché incontrano l’umanità ferita di tanti minori cui la nostra scuola ha schiuso braccia accoglienti.


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Va però evidenziato che l’emergenza ucraina ha solo acceso con maggiore forza i riflettori su un dramma spesso sottovalutato nel nostro Paese. E che rappresenta un’emergenza nell’emergenza. Qualche dato e qualche considerazione.

Il World Migration Report dell’Iom evidenzia che la stragrande maggioranza delle persone (circa 200 milioni) migra per motivi legati soprattutto al lavoro, alla famiglia e allo studio. Si tratta di una mobilità relativamente a basso impatto sia per i Paesi invianti che riceventi. Al contrario, esiste una crescente quota di persone costrette a lasciare le loro case e i loro Paesi per motivi gravi, talvolta tragici, come conflitti, persecuzioni e disastri. Si tratta degli sfollati e dei rifugiati che, pur costituendo una percentuale relativamente contenuta di tutti i migranti (29%), sono certamente i più bisognosi di assistenza e di tutela e costituiscono la maggiore preoccupazione per i Paesi riceventi che, in un recentissimo passato, hanno adottato misure sempre più restrittive per bloccare questi flussi.


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Un’altra fonte estremamente significativa in ambito migratorio è il Rapporto immigrazione di Caritas e Migrantes. L’edizione che celebra i 30 anni della pubblicazione del Rapporto Immigrazione (Verso un noi sempre più grande) analizza l’impatto che il Covid-19 e le misure adottate per il suo contenimento e per la ripresa delle attività economico-sociali hanno avuto sulle vite dei cittadini stranieri che vivono in Italia, in riferimento a importanti indicatori. I più significativi per ciò che ci interessa sono rappresentati dalle tendenze demografiche e i movimenti migratori, la tenuta occupazionale, i percorsi scolastici dei minori e la tutela della salute.


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Quanto considerato appare ancor più interessante se correlato a ciò che il medesimo Rapporto, nella XXIX edizione (Conoscere per comprendere), afferma: “nonostante lo scenario migratorio europeo appaia decisamente composito e diversificato, l’analisi e il dibattito che ruota intorno a questo fenomeno tende a semplificarne struttura e contenuti. In pochi si soffermano ad analizzare, ad esempio, le dinamiche demografiche nei Paesi dell’Est Europa e dell’area balcanica e il loro impatto sia in termini di emigrazione che di immigrazione. Sono, inoltre, rare le occasioni per confrontarsi sul tema della mobilità intra-regionale, che vede il corridoio migratorio tra Russia ed ex repubbliche sovietiche tra i più attivi a livello continentale. La sensazione è che l’interesse sia stato rivolto esclusivamente ai profughi che raggiungono l’Europa attraverso il Mediterraneo centrale e alle Ong che si prodigano per il loro salvataggio in mare. Questa attenzione ha oscurato completamente altre vicende, altrettanto importanti e per di più interne al nostro continente come il confitto tra Russia e Ucraina che da anni sta producendo sfollati e rifugiati (circa 12mila solo nel 2019 in Ucraina)”.

Così solo un anno fa, quando la triste realtà della guerra non aveva ancora raggiunto l’attenzione del mondo e dei media. E mentre questo sguardo miope determina nell’opinione pubblica una visione distorta del fenomeno migratorio, nelle nostre classi e nelle nostre scuole si cerca, oggi con maggiore urgenza, ogni possibile strada per integrare e accogliere.

La presenza di alunni di cittadinanza non italiana si è fatta più consistente nella scuola secondaria di secondo grado, cresce invece in misura minore la presenza nelle scuole dell’infanzia e questo è un indicatore negativo (XXX Rapporto Migrantes). Infatti, quasi un quarto dei bambini figli di immigrati, nell’età 3-5 anni, non frequenta la scuola dell’infanzia. Questa mancata partecipazione al primo livello scolastico, fondamentale per gli apprendimenti linguistici e l’integrazione, è particolarmente significativa in alcuni gruppi d’immigrazione, provenienti dall’Africa mediterranea e dal Sud-Est asiatico.

Dietro i dati, anzi dentro i dati, come ben specifica il Documento pubblicato dal ministero, ci sono i volti (§ 1.2. I volti e i dati). Crudamente ce ne stiamo accorgendo, come chi comincia a vedere quando la luce del mattino rende chiari i contorni delle cose. Dopo averli accolti con fiori, foto e palloncini, questi ragazzi, con e senza guerra, si siedono nei banchi e occupano un posto accanto a un compagno di strada, di fronte a maestri che nessuno deve lasciare soli nel compito più importante del mondo.

Sull’accoglienza ci siamo. Ora comincia il lavoro dell’integrazione: accompagnarli a diventare uomini e donne, amici, allievi, persone. Perché sono i nostri ragazzi.

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