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Home » Educazione » Didattica » SCUOLA/ Classi eterogenee per imparare meglio, un “mito” senza fondamento

  • Didattica
  • Educazione

SCUOLA/ Classi eterogenee per imparare meglio, un “mito” senza fondamento

Enrico Gori
Pubblicato 9 Giugno 2025
Scuola (Pixabay)

Scuola (Pixabay)

La pedagogia pratica ha fatto assunzioni errate. Ad esempio che classi eterogenee a scuola favoriscano di per sé l’apprendimento (5)

Immaginiamo di avere convinto il lettore a superare, o almeno ridimensionare, il “falso” problema delle disuguaglianze sociali nell’apprendimento, lasciandoci alle spalle il retaggio del Novecento (il progresso del secolo scorso è il frutto delle lotte sociali e dell’aumento delle risorse derivato dalla crescita economica e dall’avanzamento tecnologico). Oggi è raro trovare un adolescente senza smartphone, magari con ChatGPT installato.


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Come evidenziato nelle puntate precedenti, le correlazioni tra condizioni socioeconomiche e apprendimento sono, in parte, il risultato di errori nei modelli statistici (puntata 2 e puntata 3), in parte potrebbero essere il frutto di correlazioni spurie legate all’intelligenza familiare, che influenza le condizioni socioeconomiche, ma anche l’apprendimento tramite tutoraggio familiare o eredità genetica del QI (puntata 4).


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Ora concentriamoci su ciò che davvero conta nel processo di apprendimento.

Come nelle puntate precedenti, anche in questa ci serviremo di ChatGPT, le cui risposte saranno riportate in corsivo.

1. In un contesto ideale con accesso perfetto alle risorse educative, quali teorie psicopedagogiche identificano i fattori cruciali per l’apprendimento?

In tale contesto ideale, le teorie psicopedagogiche evidenziano fattori intrinseci e relazionali essenziali nel processo di apprendimento. In appendice forniamo un riassunto delle principali teorie, ma i punti chiave sono due:

– Centralità dell’individuo nell’apprendimento attivo: l’apprendimento è efficace quando lo studente partecipa attivamente, costruendo nuove conoscenze e integrandole con quelle pregresse, in un ambiente che rispetta il suo sviluppo e i suoi stili cognitivi.


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– Importanza dell’interazione sociale e culturale: le relazioni con insegnanti, pari e mediatori culturali (linguaggio, tecnologia) sono essenziali per stimolare lo sviluppo cognitivo, partendo dalla Zona di Sviluppo Prossimale e integrando apprendimento teorico ed esperienziale.

Un punto da approfondire riguarda l’introduzione dei “pari” nella teoria della Zona di Sviluppo Prossimale (ZSP) di Vygotskij. Come abbiamo visto nella puntata precedente, a nostro parere, “Circa il ‘pari più esperto’, la pedagogia italiana non ha compreso pienamente il trade-off tra i benefici di una classe disomogenea e l’effetto deleterio sulla ZSP, visto dal punto di vista di Ausubel. Ciò che più importa per l’apprendimento successivo è il punto a cui lo studente è arrivato, e del quale il docente deve tenere conto. Ed è ovvio che per un docente possa risultare difficile parlare in maniera adeguata a ZSP molto diverse”.

Poiché non siamo pedagogisti teorici, abbiamo chiesto aiuto a ChatGPT, che sarà la protagonista di questa puntata. Ne sentiremo delle belle.

Intervista a ChatGPT sul concetto di “pari” nella ZSP

2. Esistono evidenze che Vygotskij abbia formulato la ZSP pensando a un contesto scolastico con tutoraggio tra pari?

Non ci sono prove dirette che Vygotskij abbia sviluppato la ZSP in un contesto scolastico con tutoraggio strutturato tra pari. Tuttavia, la sua teoria si presta a interpretazioni che includono il tutoring tra pari e l’apprendimento cooperativo. Vygotskij enfatizzava il ruolo dell’adulto nell’aiutare il bambino a raggiungere livelli più alti, ma la successiva evoluzione del concetto di ZSP ha incluso il ruolo dei pari, come visto in studi successivi (es. Wood, Bruner, Ross, 1976).

Quindi nell’impostazione originale di Vygotsky non erano nominati i pari quale supporto dello studente, per cui non aveva neanche senso immaginare classi disomogenee, in cui il più bravo insegna al meno bravo (e poi al più bravo chi insegna? Il suo sviluppo può veramente trarre aiuto da questa supposta funzione di tutoraggio di difficile implementazione, per altro, nella frenetica società moderna?).

3. L’introduzione dei pari nella teoria è suffragata da un contesto scolastico organizzato per il tutoring tra studenti esperti e meno esperti?

No, non ci sono prove che l’introduzione dei pari nella ZSP sia stata influenzata da un sistema scolastico organizzato ad hoc. L’evoluzione del ruolo dei pari è il risultato di reinterpretazioni successive, come il concetto di scaffolding, che ha esteso la ZSP anche ai pari più esperti. I primi studi sul tutoraggio tra pari (es. Palincsar & Brown, 1984) hanno mostrato che può essere efficace, ma non si basavano su un sistema scolastico strutturato come quello che alcuni oggi immaginano.

4. Quali studi empirici hanno supportato la teoria del tutoraggio tra pari?

Studi come quello di Palincsar & Brown (1984) sul Reciprocal Teaching, Webb (1989) sull’apprendimento cooperativo, e Fuchs & Fuchs (2005) sul Peer-Assisted Learning Strategies (PALS) hanno mostrato che il tutoraggio tra pari è efficace nell’ambito della ZSP, quando ben strutturato. I risultati suggeriscono che l’interazione di qualità tra pari favorisce l’apprendimento.

5. Quindi questi studi si basano su esperimenti, non su strutture scolastiche organizzate per il tutoraggio?

Esatto. Gli studi si basano su esperimenti e osservazioni specifiche, non su strutture scolastiche preesistenti. L’introduzione del tutoring tra pari è stata più un’innovazione derivante da ricerche sperimentali piuttosto che un sistema educativo consolidato.

6. Gli studi supportano l’idea di creare classi eterogenee per facilitare l’apprendimento tra pari?

No, gli studi non supportano scientificamente l’idea che creare classi eterogenee garantisca automaticamente l’apprendimento tra pari. Il tutoraggio funziona solo se è strutturato e supervisionato. La semplice eterogeneità non è sufficiente; il tutoraggio tra pari deve essere guidato e organizzato per essere efficace.

7. In Italia ci sono studi che supportano l’idea di creare classi eterogenee, richiamando la teoria di Vygotskij?

Sì, esistono studi e articoli che sostengono la creazione di classi eterogenee, citando la teoria di Vygotskij. Tuttavia, questi contributi non offrono supporto scientifico empirico che dimostri che la semplice eterogeneità sia di per sé efficace. La ricerca italiana tende a interpretare la teoria di Vygotskij in modo teorico, senza dati empirici a supporto.

8. Quindi questi contributi non hanno sufficiente supporto scientifico?

Esatto. Sebbene gli studi italiani citino Vygotskij per giustificare classi eterogenee, mancano di supporto empirico rigoroso. La creazione di classi eterogenee può essere utile, ma solo se accompagnata da una progettazione didattica adeguata.

Conclusione:

Il tutoraggio tra pari può essere efficace, ma solo se è strutturato e guidato, non derivante dalla semplice eterogeneità della classe. La pedagogia italiana, pur richiamando Vygotskij, non ha sempre fornito prove scientifiche solide a supporto delle sue teorie applicate all’eterogeneità scolastica.

Ipse dixit (ChatGPT)!

Una evidenza empirica dallo studio in Lombardia sull’effetto della eterogeneità delle classi

Se si utilizzano i dati della ricerca in Lombardia del 2004 (Dalla differenza l’equità) è possibile, per la matematica, mettere in relazione l’eterogeneità delle classi in prima media con il valore aggiunto conseguito mediamente nella classe tra primo e secondo anno di scuola media inferiore. I risultati sono riportati nella figura 1.

Fig. 1. La relazione tra il valore aggiunto in matematica e l’eterogeneità della classe (Lombardia 2004)

I risultati sono lapalissiani: non esiste nessuna relazione, e se una relazione c’è, eventualmente, è negativa (retta rossa inclinata negativamente). Inoltre le tre classi cerchiate in giallo, che presentano il maggior guadagno in matematica nell’arco dei 12 mesi dell’indagine, guarda caso sono quelle con una composizione più omogenea.

Pertanto possiamo affermare che le teorie pedagogiche sviluppate in Italia, circa l’opportunità di comporre classi eterogenee, oltre a non essere fondate su elementi ed evidenze concrete sono contraddette dai risultati della ricerca lombarda, che allo stato attuale risulta la più ampia e corretta dal punto di vista metodologico.

Appendice

Risposte specifiche di ChatGPT su teorie psicopedagogiche rilevanti.

Se immaginiamo un contesto ideale in cui vi sia un accesso perfetto alle risorse educative, le teorie psicopedagogiche mettono in luce fattori intrinseci e relazionali che rimangono cruciali nel processo di apprendimento. Ecco una panoramica delle principali teorie e dei fattori che individuano come determinanti:

1. Teoria del costruttivismo (Piaget)

• Fattori importanti:

– Stadi di sviluppo cognitivo: lo sviluppo del pensiero segue stadi universali (sensomotorio, preoperatorio, operatorio concreto, operatorio formale) e l’apprendimento avviene quando i contenuti sono adeguati al livello cognitivo dello studente.

– Interazione attiva con l’ambiente: l’apprendimento avviene attraverso l’esplorazione e l’interazione con il contesto.

2. Apprendimento socio-culturale (Vygotsky)

• Fattori importanti:

– Zona di sviluppo prossimale (ZSP): l’apprendimento è ottimale quando un individuo è guidato in compiti che si trovano al confine tra ciò che sa già fare da solo e ciò che può fare con l’aiuto di un adulto o un pari esperto.

– Interazione sociale: le relazioni e il dialogo con altri sono fondamentali per lo sviluppo delle competenze cognitive e metacognitive.

– Mediazione culturale: gli strumenti culturali, come il linguaggio e la tecnologia, sono essenziali per apprendere e sviluppare conoscenze.

3. Apprendimento significativo (Ausubel)

• Fattori importanti:

– Connessione con conoscenze pregresse: l’apprendimento è efficace quando i nuovi contenuti si collegano in modo significativo alle conoscenze già possedute dallo studente.

– Organizzatori anticipati: strumenti come mappe concettuali o schemi che preparano il terreno per l’apprendimento facilitano la comprensione.

4. Teoria del comportamento autodeterminato (Deci e Ryan)

• Fattori importanti:

– Motivazione intrinseca: gli studenti apprendono meglio quando sono motivati da un interesse personale o dal desiderio di acquisire competenze, piuttosto che da ricompense esterne.

– Autonomia: dare agli studenti il controllo sul proprio apprendimento favorisce risultati migliori.

– Relazioni significative: Sentirsi sostenuti e accettati dagli insegnanti e dai pari migliora il coinvolgimento.

5. Apprendimento esperienziale (Kolb)

• Fattori importanti:

– Ciclo di apprendimento: l’apprendimento è più efficace se attraversa quattro fasi: esperienza concreta, osservazione riflessiva, concettualizzazione astratta e sperimentazione attiva.

– Contestualizzazione pratica: collegare la teoria alla pratica rafforza la comprensione e la memorizzazione.

6. Teoria delle intelligenze multiple (Gardner)

• Fattori importanti:

– Varietà di stili di apprendimento: le persone hanno diverse intelligenze (logico-matematica, linguistica, musicale, spaziale, interpersonale, ecc.) e apprenderanno meglio se i metodi didattici rispettano questa diversità.

7. Teoria del carico cognitivo (Sweller)

• Fattori importanti:

– Gestione della memoria di lavoro: l’apprendimento è più efficace quando le informazioni sono presentate in modo chiaro e il carico cognitivo è ridotto.

– Segmentazione e scaffolding: suddividere i contenuti e fornire supporti temporanei aiuta a rendere più gestibile il processo di apprendimento.

8. Teorie motivazionali e di autoregolazione (Bandura e Zimmerman)

• Fattori importanti:

– Autoefficacia: la convinzione di essere in grado di apprendere è un fattore cruciale per il successo.

– Autoregolazione: gli studenti che sanno pianificare, monitorare e valutare il proprio apprendimento ottengono risultati migliori.

– Modellamento: gli studenti imparano osservando modelli di comportamento efficace.

Conclusione

In un contesto ideale, i fattori veramente importanti nell’apprendimento si concentrano su:

– le caratteristiche individuali (motivazione, autoregolazione, connessione con conoscenze pregresse);

– l’importanza delle relazioni sociali e dell’interazione (ZSP, mediazione culturale, sostegno);

– l’adattamento dei contenuti e dei metodi didattici al livello cognitivo e agli stili di apprendimento individuali.

Queste teorie sottolineano che l’apprendimento non dipende solo dalle risorse materiali, ma anche da aspetti psicologici, sociali e relazionali profondamente umani.

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