L’accelerata che la didattica a distanza ha dato al digitale nella scuola ha sicuramente portato docenti e alunni ad un’accresciuta familiarità con i dispositivi elettronici e i nuovi mezzi di comunicazione telematici. Si potrebbe quindi dire che qualche passo in più verso il raggiungimento della competenza digitale della comunità scolastica sia stato fatto, e per certi aspetti è così: nel corso di questo anno pandemico docenti e alunni hanno imparato ad utilizzare nuovi programmi e a condividere tra loro sul web documenti di vario tipo, hanno preso l’abitudine a partecipare a videochiamate e a servirsi degli strumenti che per diverso tempo hanno consentito, benché tra problemi e tentativi di soluzione di vario tipo, di continuare la relazione didattica interrotta dalla sospensione delle attività in presenza.
Tuttavia, non bisogna dimenticare che l’acquisizione della competenza digitale non avviene mai solamente attraverso un utilizzo più massivo e frequente degli strumenti digitali. Avere tra le mani un pc, un tablet o uno smartphone non equivale infatti automaticamente a “saperlo usare”; d’altro canto, anche lo stesso “saper usare” un dispositivo elettronico dal punto di vista tecnico non dimostra in modo meccanico il possesso di una piena competenza digitale.
Tale competenza, infatti, è un sistema composito e articolato che coinvolge trasversalmente diversi ambiti e aspetti della persona. Proprio per questo, tale competenza ha bisogno di essere promossa e sviluppata nella prospettiva di un’educazione a tutto tondo delle nuove generazioni, così come nella sua complessità deve essere considerata e posseduta dagli adulti che operano nel mondo della scuola e dell’educazione.
Ma di cosa parliamo quando parliamo di “competenza digitale”?
Un aiuto ad addentrarsi nel mondo della competenza digitale arriva dal framework europeo pubblicato per la prima volta nel 2013 e successivamente aggiornato alla versione attuale: il modello DigiComp 2.1, integrato dal DigiCompEdu che dettaglia ulteriormente il profilo professionale degli insegnanti sotto questo punto di vista. Tale modello identifica, all’interno della competenza di cui stiamo parlando, ventuno skills organizzate in cinque assi portanti, individuando per ciascuno otto livelli di posizionamento. Il primo ambito (information and data literacy) comprende tutto quanto afferisce alla ricerca, alla valutazione e alla gestione di dati, informazioni e contenuti digitali; il secondo (communication and collaboration) si riferisce alla capacità di interazione e collaborazione sul web, ponendo attenzione all’esercizio della cittadinanza attraverso servizi online; il terzo è relativo alla creazione di contenuti digitali (digital content creation) e comprende la capacità di sviluppare, integrare e rielaborare contenuti, con attenzione al copyright e alla programmazione; le ultime due dimensioni (safety e problem solving) riguardano tutto ciò che è legato alla protezione di dati e dispositivi, al benessere e alla capacità di far fronte a problemi tecnici e utilizzare in modo creativo il digitale.
La lettura del documento mette dunque in rilievo le diverse sfumature della competenza digitale mostrando una realtà pluridimensionale, difficilmente riconducibile in modo univoco al mero addestramento tecnico. Restituire alla competenza digitale la sua pluralità apre ai docenti di ogni ordine e grado e di ogni disciplina numerose opportunità magari prima inimmaginate per la costruzione e la promozione (in sé e negli alunni) della competenza digitale, che coinvolge in maniera diretta o indiretta tutti i campi d’esperienza si inserisce nel quadro più ampio e unitario di formazione della persona.
L’esperienza di insegnamento suggerisce infatti che la competenza digitale può essere promossa anche in maniera indiretta e (addirittura) senza il supporto esclusivo delle tecnologie: se grande parte in essa giocano la consapevolezza, la collaborazione, la creatività, il problem solving, un ragazzo o una ragazza che sviluppino tali capacità nel corso dei loro studi, potranno più facilmente assumere il titolo di “cittadini digitali” e utilizzare i dispositivi elettronici in modo creativo e responsabile. Gli strumenti tecnologici vanno usati e fatti maneggiare agli alunni, certo: ma con la gradualità necessaria richiesta in ogni ambito ad ogni tappa dell’apprendimento. L’esperienza diretta nelle classi in cui insegno mostra inoltre che gli alunni apprendono come per osmosi anche nel campo della competenza informatica: l’uso che il docente fa di applicazioni e programmi, le soluzioni che trova nel produrre ipertesti e materiali per supportare la sua lezione mostra a chi si trova di fronte una modalità nuova e interessante che li incuriosisce e fa venire il desiderio di apprendere e sperimentare.
Dentro le opportunità che esso offre, bisogna tuttavia considerare che per uno sviluppo armonico della persona l’uso del digitale nella scuola non deve mai diventare totalizzante: c’è bisogno infatti che nelle proposte didattiche che rivolgiamo agli alunni vi sia una sapiente alternanza tra virtuale e reale; è necessario che non venga mai meno lo spazio della manualità artigianalmente intesa: quella del plasmare, della lentezza di gesti che producano artefatti e impieghino tempo per distendere sul foglio i pensieri, cancellando, riscrivendo e valorizzando la dimensione fisica dell’apprendimento.
Da ultimo, ritengo che le aperture e l’ampliamento delle risorse che la tecnologia offre all’apprendimento non debbano mai condurre il docente ad abdicare al proprio ruolo: gli strumenti informatici e le risorse online (siano pure preziosi filmati irreperibili in passato per la didattica) non possono mai fare lezione al posto degli insegnanti. Parte fondante della competenza digitale e professionale del docente è proprio la scelta di argomenti e materiali e la loro organizzazione didattica e propositiva, in un orizzonte pedagogico nel quale la tecnologia non può far altro che svolgere un ruolo ausiliario e supplementare, al servizio (e non sostituzione) dell’apprendimento.
(2 – continua)
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