Il ministro Valditara ha più volte ha affermato che per una lotta efficace ai ”diplomifici” era necessaria una legge che potesse essere di supporto forte alle sue iniziative e, dopo un lungo travaglio, il 28 marzo scorso il Consiglio dei ministri ha approvato il decreto-legge PNRR con una serie di misure strategiche per la scuola, tra le quali anche quelle che prevedono il contrasto del fenomeno dei “diplomifici”.
Come sappiamo, più di un anno fa lo stesso Valditara aveva dato il via ad un massiccio piano di interventi ispettivi, con il coinvolgimento anche della Guardia di finanza, avendo riscontro di notevoli irregolarità in 47 istituti, nei cui confronti era stata disposta la revoca della parità (32 in Campania, 9 in Sicilia e 6 nel Lazio). Lo stesso ministero ricorda nel suo comunicato che nell’ultimo anno si è registrato un incremento delle revoche della parità del 10 per cento.
L’iniziativa del ministro ha avuto e continua ad avere il plauso da parte di chi opera nelle scuole paritarie poiché, pur essendo un’esigua minoranza, anche in percentuale, esse alimentano una narrazione errata sull’intero mondo delle scuole paritarie che, invece, contribuisce non solo alla libertà di scelta educativa delle famiglie, ma anche alla crescita culturale e sociale del Paese mediante un’offerta formativa di qualità.
Le norme che mirano a mettere in difficoltà i diplomifici, pertanto, sono sicuramente condivisibili nella sostanza, ma visto che il decreto dovrà superare l’iter parlamentare per essere trasformato in legge, vi sono alcuni aspetti che si ritiene possano essere modificati e migliorati.
Molti, ad esempio, mal vedono l’utilizzo della legge 62/2000 per l’introduzione del divieto di costituire più di una classe quinta collaterale, poiché ritengono che la funzione di questa legge sia quello di indicare i principi su cui fondare la parità scolastica e pertanto suggeriscono che sarebbe più consono l’uso – come fatto per gli esami di idoneità – del Testo Unico del 1994.
Se il dover ricorrere ad una legge dipende dal fatto che questo divieto, pur già previsto dal decreto ministeriale n. 83/2008, è stato sistematicamente eluso da alcuni istituti paritari grazie al supporto di sentenze favorevoli da parte dei TAR – visto che, per sua natura, il decreto ministeriale è un atto amministrativo che può essere impugnato davanti al TAR, mentre la nuova norma inserita nel DL ha valore cogente non impugnabile – va osservato che il Testo Unico dovrebbe essere a sua volta inoppugnabile.
Il secondo punto forte preso, giustamente, in considerazione dal ministro sono gli esami di idoneità. La decisione di prevedere che lo studente possa sostenere, nello stesso anno scolastico, gli esami di idoneità al massimo per i due anni di corso successivi a quello per il quale ha conseguito l’ammissione per effetto di scrutinio finale è indice di pretesa di correttezza didattica e di preparazione adeguata.
Ritengo opportuno evidenziare un possibile problema organizzativo, poiché prevedere che “se l’esame di idoneità si riferisce a due anni di corso, la commissione di esame è presieduta da un presidente esterno all’istituzione scolastica, nominato dall’Ufficio scolastico regionale” comporta sicuramente aspetti organizzativi complessi, tenendo in considerazione che la quasi totalità dei candidati agli esami di idoneità si presenta per essere verificato su due anni di corso.
Occorre poi armonizzare le nuove disposizioni con la normativa vigente, che oggi prevede che un candidato che ha compiuto 18 anni possa iscriversi direttamente all’esame di Stato indipendentemente dagli anni trascorsi dal conseguimento del diploma di terza media e se ne ha compiuti 23 anche se non ha conseguito il diploma di terza media, con l’inevitabile necessità, spesso, di dover recuperare più di due anni; una armonizzazione che deve intrecciarsi con il filtro di cui hanno responsabilità gli USR, dato che i candidati vengono assegnati agli istituti in cui debbono sostenere gli esami direttamente dalle Direzioni regionali.
L’auspicio è che il ministro prosegua sulla strada intrapresa, che il Parlamento perfezioni il decreto-legge approvato e, oltre alla strada intrapresa, si prendano in considerazione altre iniziative aggiuntive per raggiungere l’obiettivo voluto, quali ad esempio: istituire per legge una task force ispettiva stabile, controllo attento del domicilio degli studenti in accordo con il ministero degli Interni, verificare ed accertare con l’Inps la veridicità della condizione di studenti lavoratori.
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