Caro direttore,
si è parlato in questi giorni di dare il voto a noi ragazzi di sedici anni e un nostro prof. ci ha detto che se volevamo potevamo scrivervi il nostro pensiero in proposito. In tanti sono d’accordo, perché dicono che in questo modo la voce dei giovani – che in questi mesi tanto si è fatta sentire – sarebbe finalmente rappresentata a livello politico. In classe ne abbiamo parlato, molto provocati dal nostro prof di religione che ci ha chiesto: “Che cosa serve per diventare grandi?”.
Quello che è emerso, e che abbiamo voluto condividere con i nostri compagni delle altre classi, è che a noi non interessa votare ora. Siamo infatti in un’età in cui dobbiamo ancora capire come funziona il mondo, un’età molto manipolabile, dove il fascino delle idee e degli adulti diventa per noi difficile da controllare. Spesso ci rendiamo conto di entusiasmarci per cose che durano pochissimo e che teniamo di più alla nostra ostinazione che alla verità.
Una nostra nonna ci ha detto che un ragionamento del genere ci rende già più degni del voto di chi oggi vota, ma non è vero. Chi oggi vota ha avuto il tempo e gli strumenti per capire. Se non ne ha approfittato, si tratta di un problema suo. Mentre noi siamo in quel periodo della vita in cui quegli strumenti ci devono essere dati per capire da che parte muoverci. Abbiamo bisogno di una vera educazione alla rappresentanza, così che quando esprimerci toccherà a noi, saremo in grado di capire di più come orientarci.
A questo proposito ci sono due altre cose secondo noi importanti: il nostro prof. di religione fa ogni settimana due ore in più, per chi vuole, di attualità sui fatti della settimana. È qualche anno che lo fa e quello che ci colpisce sono i racconti di quelli di quinta che seguono quel momento: non un luogo dove un adulto ti dice come pensare, ma un luogo che ti fa pensare.
Proprio per questo volevamo tenere in fondo la nostra risposta alla provocazione del prof: “Che cosa serve per diventare grandi?”. Se ci servisse votare, significherebbe che diventare grandi vorrebbe dire avere più potere: più potere hai e più grande sei. Ma questa cosa non è vera. A scuola o a casa vediamo che le persone grandi sono quelle che tengono di più a quello che fanno, che amano di più, non quelle che comandano.
Essere pronti a votare significa allora tenere a quello per cui si vota, non essere dominatori delle cose, né ideologici, ma innamorati di quello che c’è. Questo diritto, senza un reale aiuto ad aver passione della vita, possono anche tenerselo. Perché non è questo che ci fa grandi. Siamo infatti convinte che la nostra voce, prima che rappresentata, vada semplicemente e davvero ascoltata.
Gaia e Maria, terza liceo linguistico