La campagna elettorale per le elezioni politiche del 25 settembre ha messo ancora una volta in evidenza la limitata considerazione che il mondo politico ha dell’educazione e dell’istruzione come fattore strategico non solo per il futuro dei nostri giovani, ma anche per lo sviluppo economico del Paese. Una scelta che ci allontana da quei Paesi che, invece, hanno investito con forza proprio in istruzione e formazione, puntando a modernizzare ed innovare il proprio sistema scolastico, ottenendo risultati non solo nei livelli di apprendimento, ma anche economici. Risultati evidenziati dai dati periodici di monitoraggio internazionale.
Questo ha fatto sì che, a parte qualche encomiabile intervento di politici che tentano di riportare la scuola in primo piano, di fatto nei dibattiti il “tema scuola”, sommerso dai forti scontri politici, dal drammatico rincaro dell’energia, dai problemi sanitari e internazionali che incombono, ha avuto la parte di Cenerentola.
Come ha ricordato qualcuno, la scuola non porta voti subito, poiché è un investimento di medio-lungo periodo.
Questa convinzione politica diffusa ha fatto sì che per il tema scuola e formazione si proponessero alcuni obiettivi, magari validi, buoni però a raccogliere, legittimamente, solo consensi immediati, più che ad affrontare i problemi della scuola italiana e portarla verso un tangibile ammodernamento.
La proposta più insistente che viene da diversi schieramenti, anche politicamente opposti, è l’aumento della retribuzione dei docenti, lontana dalla media europea. Proposta più che giusta che, “ripulita” dalla speculazione elettorale, dovrà tener conto delle effettive risorse disponibili. Un apprezzabile tassello verso la valorizzazione della professione docente che però, a mio avviso, non può limitarsi all’aspetto economico.
Otterrà sicuramente consensi, ma la scuola ha bisogno di più. La scuola italiana ha bisogno di un profondo rinnovamento, come gli indici internazionali sono sempre pronti ad evidenziare nei confronti annuali. Ritengo che l’attuale momento storico, le nuove modalità di apprendimento, la velocità dei cambiamenti che debbono affrontare docenti e studenti siano tali che per realizzare tale profondo rinnovamento non sia né necessaria, né utile una “grande riforma” (i cui tempi di preparazione e attuazione sono molto lunghi con il rischio di pubblicare, al termine, proposte già obsolete), ma occorra intervenire sull’organizzazione e sulla didattica con continui interventi che permettano alla scuola di essere, sempre, il più possibile aggiornata alle esigenze di preparazione dei suoi studenti.
La speranza è che, nonostante la limitata attenzione in campagna elettorale, il futuro Governo, nel programma di legislatura, metta la scuola tra le priorità sganciandosi dalle inevitabili resistenze conservatrici e corporative.
Ecco, a mio avviso, qualche punto fondante per un reale rinnovamento:
i) Piena autonomia delle istituzioni scolastiche, finanziaria compresa, anche con avvio della possibilità di assunzione diretta dei docenti nelle scuole statali.
ii) Vera integrazione della scuola paritaria nel sistema scolastico, sia nella legislazione, sia nella distribuzione delle risorse legate alla innovazione didattica (è recente la distribuzione di risorse per il Piano Scuola 4.0 e le scuole paritarie ne sono state escluse, come sempre), sia stanziando risorse per la libera scelta educativa (il modello lombardo può essere un esempio di riferimento) a partire dall’attuazione del Family Act. Le associazioni hanno fatto un appello alle forze politiche con un comunicato che condivido a pieno in tutti i suoi contenuti, ottenendo un primo risultato quale un contributo per l’emergenza energetica nel Decreto aiuti ter.
iii) Valorizzazione della professione docente che preveda una carriera con avanzamenti e riconoscimenti economici. Ma occorre valutare il servizio svolto, affinché gli avanzamenti siano basati sul merito, sulla proposta e partecipazione a progetti didattici innovativi, su nuove competenze professionali acquisite.
iv) Completamento della sperimentazione dei percorsi quadriennali, con adeguata formazione dei docenti, affinché sostituiscano in breve tempo tutti i percorsi quinquennali nei licei e negli istituti tecnici, allineandosi con quanto avviene nel mondo (tutte le scuole italiane all’estero sono quadriennali!).
v) Migliorare l’organizzazione scolastica: semplificandola da un punto di vista burocratico rendendola più flessibile, ed eliminare le “reggenze” (affido di più sedi allo stesso dirigente) affinché ogni istituto statale abbia il suo dirigente responsabile.
vi) Flessibilità massima negli istituti professionali per il rapidissimo adeguamento delle qualifiche alle effettive competenze richieste dal mondo del lavoro. Il ministero aggiorni costantemente le qualifiche finali richieste, lasciando alle scuole e ai docenti l’adeguamento dei programmi per acquisirle, come già avviene per i percorsi quadriennali.
Tutto ruota sulla scelta coraggiosa di una reale impostazione del sistema sul principio dell’autonomia, oggi riconosciuta anche dalla Costituzione. La riorganizzazione della scuola secondaria superiore in percorsi quadriennali ne diventerebbe, inoltre, concreta accelerazione verso la piena attuazione poiché, come sta accadendo nella sperimentazione in atto, vengono fissati gli obiettivi finali (oggi debbono sostenere lo stesso esame di Stato dei percorsi quinquennali), ma libera docenti e scuole dal vincolo intermedio dei programmi costringendoli all’assunzione di responsabilità diretta per la loro stesura e il loro raggiungimento.
La scelta dei percorsi quadriennali consentirebbe, inoltre, di valutare nuove funzioni professionali dei docenti (orientatore, sostenitore, esperto…) che permetterebbe di riassorbire l’esubero che nascerebbe dalla scelta e di valutare anche nuove forme di avanzamento di carriera.
A chi ci governerà la decisione se ascoltare o meno i tanti che, come me, ricordano che “la prima priorità su cui reinvestire e ricostruire un Paese è la scuola”, convincersene ed agire di conseguenza. In gioco abbiamo il futuro dei nostri giovani e del Paese.
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