In una recente intervista al quotidiano La Prealpina di Varese, il ministro dell’Istruzione Marco Bussetti afferma che si dovrà introdurre “nel quadro attuale” un’ora settimanale dedicata all’educazione civica “per dare la giusta rilevanza ai temi che saranno toccati: Costituzione, questioni ambientali, contrasto al bullismo. La riceduta sui comportamenti in termini di cittadinanza attiva non potrà che essere positiva”. Quasi contemporaneamente, apprendiamo che dal 9 gennaio agli istituti “Russell” di Garbagnate e “Fontana” di Arese, entrambi nel Milanese, inizia un progetto sul tema della cittadinanza attiva, organizzato dalla Caritas Ambrosiana, per “far conoscere agli studenti, attraverso incontro e laboratori, il mondo del volontariato presente sul territorio”.
Le due notizie, messe a confronto, fanno riflettere. La prima su un concetto di educazione – lo scriviamo senza aggettivi, perché in fondo l’educazione è una sola, comunque la si declini – astratto, fondato su lezioni teoriche, impartito con l’idea che sia una cosa a sé, staccata dal resto del contesto educativo. La seconda su un obiettivo ben più concreto che associa il processo di crescita dei ragazzi con l’impegno diretto – o quantomeno la conoscenza diretta – nel volontariato.
È strano che entrambe le proposte, tanto diverse fra loro, giungano dallo stesso mondo, quello della scuola. Mentre molto meno strano appare il fatto che nel primo caso si assiste all’ennesima “calata dall’alto” di un provvedimento che -sebbene possa contare al momento su una raccolta di firme a livello politico (cui si è associato anche il quotidiano Avvenire) – non è stato richiesto né da famiglie, né da docenti, né tantomeno dagli studenti; nel secondo caso, invece, il progetto arriva “dal basso”, dalla realtà concreta di un’associazione, la Caritas appunto, storicamente impegnata ad accompagnare le fasce più deboli della popolazione e per di più, nel caso specifico, radicata nello stesso territorio cui afferiscono i due istituti superiori coinvolti.
Dunque: risulterà più incidente un’ora alla settimana (che poi, con festività, malattie, assenze varie, scioperi si può ridurre anche a meno) di “Costituzione, questioni ambientali, contrasto al bullismo” (precisa il ministro: “nel quadro orario attuale, senza ore aggiunte”; che significa togliendo l’ora ad un’altra materia: quale e perché?) oppure un impegno preciso e focalizzato nel tempo (tra gennaio ed aprile in questo caso) suddiviso fra parte teorico-pratica (testimonianze dirette, creazioni artistiche) in una realtà di volontariato (nella fattispecie, l’Associazione La Cometa di Como dedicata ai minori)?
Viene da pensare che, mentre l’educazione è “materia trasversale a tutte le materie” (quindi senza necessità di dedicarle uno spazio specifico, per altro a rischio fallimento, come più volte accaduto nella storia della Repubblica quando l’educazione civica è entrata e uscita dai programmi a seconda dei governi in carica), si presenta l’occasione per passare dalle parole ai fatti, dove l’incontro con l’altro sofferente e con l’altro che lo aiuto diventano – questa volta sì – possibilità di crescita e maturazione personale. Senza aggiungere una disciplina ulteriore al già affollato panorama scolastico delle proposte didattico-educative.