Caro direttore,
nel commentare il rapporto sulle scuole paritarie pubblicato dal Centro Studi per la Scuola Cattolica (Cssc) della Cei, Avvenire così titola l’articolo redatto da Ilaria Beretta: “Le scuole cattoliche resistono”. La notizia non può che far piacere: non possiamo non rallegrarci che tali scuole assicurino una “offerta formativa di qualità”, in un momento in cui è sempre più evidente che la più grave delle emergenze di oggi sia proprio quella educativa.
Evviva, dunque, se ci sono isole in cui è positivo l’approccio dei ragazzi alla realtà. Quindi, bene che le scuole cattoliche resistano dal punto di vista qualitativo. Ma non si può non sottolineare come, invece, siano le famiglie a non resistere più, per cui si dovrebbe anche titolare “Le famiglie non resistono”.
E non resistono nel senso che una qualsiasi famiglia media italiana non può più iscrivere un proprio figlio ad una scuola cattolica, per via delle rette troppo alte. Conosco famiglie eroiche che hanno fatto sacrifici “eroici” pur di assicurare ai figli una scuola educativa e sono sicuro che il Signore darà loro la ricompensa che si meritano. Ma non si può e non si deve pretendere l’eroicità da tutte le famiglie.
Lo stesso rapporto di cui scrive Avvenire riconosce che “gli studenti delle scuole paritarie appartengono soprattutto a famiglie con reddito medio-alto”. Quindi, le scuole cattoliche resistono, ma le famiglie e soprattutto le famiglie cattoliche e povere non possono resistere e quindi non possono iscrivere i figli ad una scuola cattolica. Si parla tanto di povertà, ma poi si sopporta in sostanziale silenzio che una famiglia cattolica povera non possa iscrivere i figli ad una scuola cattolica.
Un mio caro amico dice sempre che, oggi, la famiglia di don Bosco non potrebbe iscrivere il suo Giovannino ad una scuola retta da salesiani! Paradosso, di fronte al quale non possiamo più stare in silenzio.
Due mi sembrano le strade da percorrere.
La prima è quella di rianimare le famiglie, rendendole coscienti dei propri doveri e dei propri diritti. Oggi la famiglia è in crisi proprio sul versante educativo, come si constata seguendo la tragica cronaca di ogni giorno, in cui giovani e giovanissimi sono protagonisti sempre più spesso di fatti tragici, dove si capisce che è venuta meno l’educazione da parte della famiglia.
Tutto ciò è facilitato dal fatto che la cultura relativista che ci domina ha convinto molte famiglie (e molti docenti) che non si devono più fare proposte ai giovani per non ledere la loro libertà. Idiozia assoluta.
Il risultato è che la famiglia stessa è stata convinta che, tutto sommato, il compito educativo è dello Stato e quindi si limita a delegare. Su questo fronte c’è un grande lavoro da fare, che durerà parecchi decenni. Un lavoro lungo, ma da cominciare subito. Anche e soprattutto da parte delle comunità cristiane.
La seconda strada è quella di riattivare una battaglia politica che parta da ciò che stabilisce uno degli articoli più dimenticati della nostra Costituzione, l’articolo 30, il quale stabilisce che “È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori dal matrimonio”.
Non si sente mai dire, nei vari dibattiti, che i genitori, cioè la famiglia, hanno il diritto di educare e istruire i figli. Ripeto, il diritto. A nessun altro soggetto la Costituzione riconosce questo diritto. E siccome il successivo articolo 31 obbliga la Repubblica ad agevolare “con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l’adempimento dei compiti relativi”, è evidente che lo Stato deve aiutare anche economicamente la famiglia a svolgere il proprio compito educativo, permettendole di scegliere liberamente a quale scuola iscrivere il proprio figlio.
In Lombardia è stato scelto, con un certo successo, lo strumento del “buono scuola”. Perché non avviare anche a livello nazionale tale strumento?
Comunque, qualcosa occorre fare, perché oggi il nostro sistema scolastico non è democratico, perché non permette a tutte le famiglie di operare con libertà economica la propria scelta educativa.
In conclusione, mi pare che occorra rilanciare una battaglia culturale e politica che non è di poco conto, perché si tratta di tutelare la più importante di tutte le libertà, che è quella educativa. Se finirà del tutto la resistenza delle famiglie, finiranno anche, prima o poi, le scuole cattoliche. Quindi, da subito resistenza!
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