“Consentire a tutti gli studenti di acquisire apprendimenti di qualità, fare crescere la loro capacità di studiare in autonomia, orientare a scelte più consapevoli degli studi successivi”: questo l’auspicio di Andrea Gavosto, direttore della Fondazione Agnelli, per un cambio di rotta della scuola media, i cui risultati poco confortanti sono stati presentati nel Rapporto 2021 all’inizio di quest’anno scolastico.
Conoscenza, autonomia e orientamento, dunque, le tre parole chiave che sintetizzano lo scopo del triennio conclusivo della scuola del primo ciclo e in cui si attua la scelta degli studi superiori.
Le proposte del Rapporto per rinnovarla sono condivisibili: valorizzazione del corpo docente, criteri di abilitazione selettivi, percorsi obbligatori di formazione iniziale e in servizio, valutazione periodica; metodologie più coerenti all’evoluzione cognitiva ed emotiva degli adolescenti per l’apprendimento e per l’orientamento; tempi scolastici più lunghi e distesi; sviluppo di competenze non cognitive. Ma tutto ciò può non bastare se non si approfondisce la natura del salto che lo studente compie uscendo dall’infanzia per inoltrarsi nella giovinezza: è al servizio di tale misterioso e complesso passaggio che la scuola media deve porsi con i suoi percorsi didattici e la sua impostazione se vuol essere efficace e incisiva.
L’adolescenza, scrive la filosofa spagnola Maria Zambrano (Per l’amore e per la libertà. Scritti sulla filosofia e sull’educazione, Marietti 2008), è “l’irruzione del propriamente umano: la necessità e l’entusiasmo di creare”; nell’adolescenza “si produce la rivelazione dell’individuo, e l’individuo umano è per necessità creatore, o quanto meno, realizzatore”. Questo impeto creativo nasce nell’adolescente come “desiderio di rispondere al mondo intorno con qualcosa di suo: un’azione, un pensiero, un’opera”. E nasce come “conflitto con il mondo stabilito, con l’amore nascente, un conflitto con sé stesso, che è ciò che conta di più”.
Età complessa e rischiosa in cui l’io si apre alla totalità e desidera darsi in totalità, “il che può dar origine all’eroismo o a un’azione distruttiva contro la società e contro sé stesso”. “Educare l’adolescenza è salvarla e salvare la sua potenza individualizzatrice e creatrice nel caos che la circonda”.
Ecco allora che il primo compito della scuola media, in cui l’adolescenza ha il suo esordio, è salvarne la ricchezza. Se il desiderio che l’io esprime all’irrompere di sé stesso è quello della totalità, la scuola non potrà offrire di meno. Non una totalità intesa come somma di contenuti, evidentemente irraggiungibile, ma come profondità di senso. Il rinnovamento necessario per la scuola è innanzitutto nella scelta significativa dei contenuti: poche grandi cose, cioè opere letterarie e artistiche, temi scientifici, sfide logiche che siano all’altezza del desiderio di capire le questioni importanti della vita, affrontando le quali lo studente possa intravedere un orizzonte di senso per il quale può valere la pena vivere. Tutto il resto è noia.
Non può l’adulto lasciarsi fermare dalla difficoltà di lettura, interpretazione, comprensione che certi contenuti portano con sé: la formazione in itinere auspicata dal Rapporto dovrebbe concentrarsi proprio a favorire uno scambio di esperienza virtuose, un continuo confronto fra colleghi circa le modalità con cui è possibile raggiungere tutti e ciascuno per non rinunciare a una proposta densa e significativa.
Le Indicazioni nazionali in vigore, peraltro, sono nate proprio con l’intento di liberare la docenza dalla fissità della programmazione, dall’impostazione esclusivamente storica e normativa nella proposta delle discipline, offrendo piuttosto una vasta gamma di obiettivi e di contenuti entro i quali sceglierne di paradigmatici, cioè quelli più utili e rispondenti alle esigenze formative delle proprie classi. Occorre infatti salvaguardare la potenza individualizzatrice dal caos che circonda, e abita, il giovane, non disperdendolo in mille rivoli, non soffocandolo con norme e procedure, bensì stimolando la capacità di osservare, contemplare, comprendere l’essere e al contempo offrendogli le parole per nominarlo, confinarlo, comunicarlo attraverso la proposta di alcuni irrinunciabili contenuti della tradizione.
Un altro aspetto da tenere in debita considerazione nell’impostazione della scuola media, oltre alla proposta dell’adulto, è la risposta del giovane. L’aspetto creativo, insomma, che suggerisce la necessità di dare un taglio laboratoriale alle lezioni, cosicché ciascuno possa verificare quanto ha compreso dei contenuti proposti, mettendosi concretamente all’opera per renderli suoi e nuovi.
Virtuose sono le esperienze di scrittura creativa, i laboratori teatrali, i concorsi fotografici e artistici, la progettazione di oggetti, le composizioni di musiche, le coreografie ginniche… Con tali attività si ottiene al contempo l’approfondimento della conoscenza dei contenuti e lo sviluppo delle tanto auspicate competenze non cognitive, o meglio dette character skills, quei tratti della personalità che negli anni preziosi dell’adolescenza si delineano e si alimentano. La capacità di condividere i propri tentativi con i compagni, di argomentare costruttivamente le proprie ragioni, di imparare dagli errori, di non lasciarsi abbattere dagli insuccessi, sono condizioni necessarie per evitare che l’impeto creativo si trasformi in distruzione di sé e della realtà, come suggerisce la Zambrano.
La rabbia distruttiva nasce infatti spesso dall’impossibilità a dire e a dirsi per mancanza di strumenti e per incapacità di ascolto reciproco tra adulti e giovani e tra i giovani stessi. La creazione di un clima collaborativo, operoso, dialogico, non ideologico è forse attualmente il bisogno principale della scuola media, e non solo.
L’autonomia, la mossa del singolo, lo slancio costruttivo della persona dipendono peraltro dalla certezza di avere un luogo in cui si è voluti, accettati e valorizzati per quel che si è. Non bastano le competenze per essere autonomi nello studio, nel lavoro, nella vita: occorre la fiducia in sé stessi e negli altri; occorre sapere che si ha un valore che non si riduce alla propria riuscita, al proprio successo in un ambito particolare. Anche perché l’ansia della performance, alimentata dai social e purtroppo anche dagli stessi genitori, sta diventando una delle cause più preoccupanti di autodistruzione già negli anni delle medie.
L’orientamento non può non tener conto di questo: il percorso di conoscenza e di autonomia che lo studente compie può bruscamente interrompersi allorquando la scelta della scuola superiore non nasce dalla coscienza di sé, delle proprie inclinazioni e attese, ma da stereotipi imposti dal mondo adulto sulla riuscita scolastica o dall’impossibilità di scegliere liberamente il percorso di studi adatto a sé per la mancanza di una valida offerta nel territorio circostante. E a questo punto si capisce che il problema della scuola media deriva anche da quello delle scuole superiori, che, soprattutto per quanto riguarda alcuni indirizzi, avrebbero bisogno di un significativo rinnovamento. Ma questa è un’altra storia…
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