Non si ha memoria di progetti, iniziative didattiche che abbiano avuto tanto a cuore il destino di un ragazzo come il progetto di “Mentoring”. Certo, in qualsiasi ambiente l’iniziazione, l’introduzione, l’avvio di un alunno è fondamentale per uno sviluppo del soggetto e dell’intera “impresa scolastica”. Ma il rapporto uno a uno, una forma di PDP (piano didattico personalizzato) ha una tale rilevanza da poter sostenere in modo efficace il cammino di ciascuno, docente o discente che sia.
Il mentoring è, di fatto, un processo in cui una persona più esperta, il mentore, fornisce guida, supporto e consigli a una persona meno esperta, il mentee, per aiutarla a sviluppare le proprie competenze personali e professionali. Questa relazione si basa sulla fiducia e sulla condivisione di esperienze, con l’obiettivo di favorire la sua crescita e il successo.
La fiducia, il rapporto che s’instaura tra docente e discente trova finalmente una soddisfazione più ampia, più vera basandosi su di una libertà di posizione, libera, priva di condizionamenti “interrogatori”. Una forma aperta di confronto dove, come sempre, se un alunno vuole, se chiede, trova sempre una porta non aperta ma spalancata.
Il giudizio estremamente positivo che si trae da questa esperienza nasce dal fatto che tanti colleghi hanno attuato ciò che è l’obiettivo della scuola, e cioè far innamorare l’alunno allo studio, far nascere una domanda, una passione per l’ambito apparentemente più ostile che un tredicenne possa incontrare.
Infatti i percorsi di mentoring e orientamento sono progetti rivolti agli studenti che presentano particolari fragilità nella motivazione, nell’orientamento scolastico, professionale e nelle competenze di base e disciplinari. Empatia, ascolto, apertura, padronanza personale, sicurezza di sé, flessibilità cioè capacità di adattarsi alle situazioni, creatività (capacità di porre domande nuove).
Mentoring come partecipazione, condivisione, cultura cioè apertura al reale, giudizio sulle cose, sullo studio, sulla scuola. Mentoring come adesione ad una proposta, come posizione che si assume di fronte ai compagni, ai docenti.
L’abbandono scolastico nasce dall’instaurarsi di forti problematiche sociali e relazionali future, per cui il mentoring può assolvere anche una funzione preventiva in quanto supporto nella fase di maturazione del ragazzo.
Il progetto nasce con il tentativo di trasmettere il sapere e talune competenze (soft skills) condividendole sotto forma di insegnamento e trasmissione di esperienza, per favorire la crescita personale e professionale del ragazzo. Accompagnarlo, seguirlo passo passo lungo il processo di condivisione è l’aspetto più vero e affascinante dell’insegnamento; seminare insegnamenti non immediatamente comprensibili per l’alunno, che lo preparano al processo di trasformazione di cui è finalmente protagonista; renderlo cosciente, partecipe ad un mondo che “non lo vuole più”, per dirla alla Battisti.
Un passo avanti è stato fatto quest’anno, un po’ di soldi (del PNRR) spesi bene, rivolti direttamente alle persone coinvolte. Una riuscita soprattutto dal punto di vista umano. Dedicare, “far dedicare” uno sguardo ad un alunno in difficoltà è ciò che dovrebbe essere il pane quotidiano di ogni scuola, di ogni insegnante. Quando gli investimenti sono proiettati al cuore dell’uomo c’è e ci sarà sempre una favorevole crescita della scuola, al di là di mega-progetti volti a “sistemare” e incasellare insegnanti.
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