Le Olimpiadi di Tokyo appena concluse tra le altre cose (sorprese, successi, medaglie, Covid) ci hanno spalancato gli album di tante vite di atleti. Le sorprese non sono mancate ad ascoltarle, leggerle, sfogliarle. Forse anche questo è il segno di un cambiamento d’epoca, ma ci pare che si abbia meno a che fare con l’atleta Superman che si fa da sé e che emergano spesso storie di ricostruzione dell’umano in cui accanto al campione (e non è detto che lo sia solo chi ha sforato i limiti per ottenere un piazzamento significativo) emergono altre figure di supporto e sostegno.
Lo straordinario team italiano che una volta tanto ha conseguito non solo trionfi individuali, ma anche risultati di gruppo, colpisce non tanto per la varia radice etnica di atleti che abbracciano l’Italia come la loro patria (dunque con la sua cultura, il suo stile, il suo linguaggio comunicativo) ma per il contesto dal quale sono stati generati. E non hanno temuto di citare come fonte dei successi gli allenatori intesi come “maestri di vita”, altri atleti amici con i quali hanno condiviso il cammino della preparazione, i padri (quando ci sono) e le mamme (che ci sono sempre).
Talvolta ha suscitato stupore entrare in contatto, attraverso i giornali e la televisione, con un retroterra acculturato, sapientemente orientato a non risparmiare al ragazzo o alla ragazza la fatica della discesa in campo e ad assorbire gioie e sconfitte. Pur frammentariamente e farraginosamente è emersa la potenza dell’educazione come condizione per la maturazione di personalità che hanno raggiunto gli obiettivi prefissati. Tra l’atleta e il piazzamento non c’è un nesso immediato: sono forte, ho i muscoli e riesco. Occorre, è occorsa una educazione dell’umano. Questo probabilmente hanno inteso dire quasi tutti quando, sollecitati nelle varie interviste, hanno ringraziato i loro maestri come maestri di vita e non solo selezionatori o sparring partner. E che cos’è l’educazione se non coscienza di uno scopo più grande del risultato immediato (sei una persona che vale in quanto tale, da qui puoi sempre ricominciare)?
L’educazione è anche regole, sacrificio, cura del compito che ti è affidato. Tre pietre d’inciampo che abbiamo forse dimenticato e che non fanno più parte del richiamo rivolto a chi si sta formando. L’educazione è l’introduzione attraverso una particolare disciplina (sportiva in questo frangente) al grande mare della vita, che non può essere affrontato senza uno scopo.
L’educazione (e ancora una volta lo insegnano i risultati conseguiti) ha a che fare con il grande tema della libertà. Essa consiste certo nel decidere: scegliere una strada rinunciando ad un’altra magari più allettante. Ma soprattutto consiste nell’affidarsi, nel mettere le proprie forze e talenti nelle mani di un altro. Questo aspetto dell’affidamento di sé lo hanno proposto centinaia di esempi venuti alla ribalta in questi giorni, espressivi di vite cambiate dal momento in cui, tratte dalla solitudine, dalla delusione, dall’inesperienza, dalla strada, in alcuni casi, sono state accompagnate a sperimentare delle più solide certezze.
Di libertà si parla spesso in questi giorni (vaccino sì, vaccino no; green pass sì, green pass no). In assoluto, è stato anche scritto da qualcuno, nessuno è libero di fare ciò che vuole, altrimenti non ci saremmo beccati il Covid. I magnifici risultati sportivi delle Olimpiadi (e come non ricordare anche la performance della nazionale di calcio agli Europei!) se messi in rapporto con il dibattito sulla libertà sul versante sanitario, mostrano, se non altro, che per essere liberi bisogna farsi carico dell’altro con il quale condividi il cammino, dell’altro con il quale corri la staffetta della vita. Attraverso di te il testimone passa ad un altro perché corra, non perché si sieda a considerare se è lecito o no andare al traguardo.
Senza escludere riflessioni o banalizzare conclusioni, il tema della libertà non è solo politico, ma esistenziale e sociale. Lo sport lo ha ricordato e lo ricorda a chi tra poco riprenderà a sedersi (si spera in presenza) sui banchi della scuola: quale tipo di messaggio intendo portare all’altro? Dubbi o speranze, realtà o fantasie, sacrifici o facili illusioni? Questo è il dunque, su questo siamo attesi al passo.
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