Niente è una parola strana. La sua etimologia è incerta, pare provenga dal latino nec entem “nemmeno una cosa”, nemmeno una… È questa la parola che riecheggia nella mia testa al principio di questo nuovo anno. Insieme a tante domande. Niente di nuovo: ragazzi violenti, bande che pestano, musica piena di aggressività, che non racconta niente. Eccola di nuovo, questa stramba espressione. I nostri ragazzi che dormono di giorno, a scuola, ed escono di notte, ritmi naturali totalmente sovvertiti, sonnambuli per le strade della vita. Che possiamo fare? Niente, pare. Il Paese commenta con le sue indagini statistiche. Il Censis parla di “fabbrica degli ignoranti”. L’ultima che ho letto è di dicembre appena passato, insieme al Natale. I dati del Rapporto ESPAD®Italia 2023 (del CNR-IFC) evidenziano una ripresa della violenza giovanile nel nostro Paese. Il report analizza ogni anno i fenomeni di maggiore impatto sociale tra i giovani di età compresa fra i 15 e i 19 anni, monitorando in particolare dipendenze e comportamenti a rischio tra studenti e studentesse delle scuole superiori di secondo grado. Cosa racconta? Un incremento della violenza tra i giovani, violenza in aumento anche tra le ragazze; violenza che non si manifesta solo fisicamente, ma specialmente attraverso la tecnologia; anche i comportamenti estremi sono in aumento. Il rapporto nota anche che i comportamenti violenti sono spesso associati ad altri fattori di rischio come il consumo di sostanze psicoattive e l’uso problematico di Internet. Gli adolescenti coinvolti in atti di violenza riportano una maggiore tendenza all’abuso di alcol e droghe, con percentuali doppie rispetto a chi non ha messo in atto comportamenti violenti.
Cosa ci aspettiamo cambi? Mi rifiuto di pensare a questa risposta: niente. Almeno un capello, una virgola, un soffio di fiato… Sicuramente abbiamo sbagliato in qualche svolta importante. Siamo diventati il Paese che ama analizzare e proporre soluzioni pretestuose, piene di pre-tesa. Dai giovani pretendiamo una sorta di autogestione delle relazioni, di auto-apprendimento del rapporto umano che, invece, si impara solo se si pratica, nella osmosi continua tra giovani e adulti, mettendosi all’opera concretamente e non lasciandoli alla mercé dei social e delle suggestioni più effimere.
Ma questo mettersi in discussione è pieno di fatica. Parlarci, concordare, interrogarci, disporci all’opera insieme sono azioni che richiedono sforzo, sacrificio, impegno, stanchezza, entusiasmo, desiderio, libertà. Teng ’o pensier, si dice a Napoli. Cioè ci penso continuamente, con apprensione, con tremore, e mi torna in mente una bellissima canzone di Pino Daniele, interpretata da Fiorella Mannoia. Anch’essa parla di “niente”, ma al contrario. Cioè “Senza ’e te nun so’ niente”: nonostante la fatica di un rapporto, l’ostacolo delle circostanze, della quotidianità (si chiove o jesce ’o sole/ Je te voglio penza’) io voglio avere a che fare con te o non esiste la realtà, quello che vedo, ma solo le analisi e i preconcetti (Je te voglio penza’ / Pecché senza ’e te nun so’ niente/ Pecché senza ’e te ’mmo’ sient/ Nun s’avvera ’manco ’a luna). Desidero ripartire dall’amore per la tua carne e per le tue ossa, così uguali alle mie, per la tua vita sofferente come la mia. Perché se non voglio te come sei, non posso volere nemmeno me stessa.
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.