Dopo la scuola Sara e Marim erano arrivate presto al centro di aiuto allo studio e si erano messe alla ricerca di Valerio, che però non era ancora arrivata.
“Abbiamo bisogno subito!” aveva detto Sara alla segretaria che le aveva fatto presente che il centro non era ancora aperto, ricevendo come risposta “ma noi abbiamo bisogno subito!”
“Cosa c’è? Cosa c’è?”. La voce di Valerio lo aveva anticipato.
“Abbiamo bisogno di aiuto per un tema !” aveva gridato Sara quasi non lasciando entrare Valerio.
“Va bene, va bene! Un attimo che prendo fiato” aveva reagito Valerio sorridendo quasi a stemperare le preoccupazioni delle due ragazze.
“È un tema importante!” aveva detto allora Marim con un’intonazione più pacata, ma comunque richiamando l’attenzione dell’insegnante.
Intanto avevano tutti e tre presi posto nell’aula. Una volta sedute al tavolo Valerio aveva chiesto quale fosse l’argomento del tema e le due ragazze all’unisono avevano risposto: “La felicità!”
“Bene, mi pare facile” aveva allora affermato Valerio, non capendo dove fosse il problema delle ragazze, che sembravano nel panico. Parlare della felicità era una cosa molto semplice, avrebbero potuto metterci molto del loro, secondo lui.
“Non la felicità in senso generale, ma cosa c’entrino gli altri con la mia felicità, e facendolo vedere dentro il mio cammino da preadolescente ad adolescente. Io sinceramente non saprei da che parte cominciare” aveva allora precisato Sara.
“Non essere così poco fiduciosa in te stessa, vedrai che lo sai tu stessa da dove cominciare, basta che ne riflettiamo un attimo insieme” aveva ribadito Valerio dando comunque la sua disponibilità ad aiutarle. “Proviamo a cercare dentro la vostra storia, nel cammino che avete fatto, vedrete che è molto semplice” le aveva incoraggiato Valerio e aveva chiesto loro come fosse stato il rapporto con le compagne di classe, nella scuola elementare. Entrambi non capirono perché cominciava da così lontano.
“Per me – aveva detto Marim – il rapporto era molto bello, stavamo bene insieme in classe, ero felice, mi bastava quello che avevo.”
“Io ero ancora in Egitto – aveva risposto invece Sara – la classe in cui ero era fatta da bambini e bambini del mio villaggio, ero cresciuto insieme a loro, si può dire che il rapporto con loro è importante stato per me.”
“Bene” aveva detto Valerio “e che cosa è successo nel passaggio alle scuole medie?”
“Per me è stato un cambiamento totale” aveva detto Sara, raccontando raccontato di essere venuta in Italia e di essersi trovata in una classe dove era stata aiutata molto. “Non sapevo l’italiano, e ho trovato insegnanti e compagni di classe che hanno fatto di tutto perché io imparassi in tempi brevi la lingua.”
“Quindi gli altri?” aveva incalzato Valerio. Sara aveva detto che erano stati fondamentali perché poteva entrare in un mondo che non conosceva.
“Per me invece il passaggio alla scuola media – era intervenuta Marim – non è stato facile, mi sono trovato a fare i conti con ragazzi che mi prendevano in giro perché ero egiziana e non perdevano occasione per sottolineare che ero diversa da loro. Non era bullismo, però questo mi ha fatto capire che la felicità era una cosa mia, personale, che io non dovevo badare agli altri. Che cosa devo scrivere? Che me la sono conquistata io la felicità?”
“Scrivi quello che senti tuo, il tema è uno scritto in cui devi emergere tu, quello che pensi, come vivi” aveva risposto Valerio e aveva aggiunto che era questo il lavoro che dovevano fare, andare a trovare le tracce della loro crescita umana. “E alle superiori?”
“Per me – aveva continuato Marim – è diventato sempre più evidente che la felicità riguardava me. Con alcuni il rapporto era bello, con altri le difficoltà rimanevano, ma essere felice è stata ed è una domanda sempre viva. Io non saprei dire se sono veramente felice, sento però forte la domanda.”
“Per me è importante stare bene con gli altri – aveva detto allora Sara –, però è vero anche che la felicità è una cosa personale, è essere contenta della scuola che ho scelto, è vivere con una famiglia in cui ci vogliamo bene, è fare delle esperienze emozionanti con le compagne della pallavolo.”
“Quindi gli altri sono importanti per la vostra felicità?”
“ Non è facile rispondere a questa domanda – aveva continuato Sara – Io sottolineerei che se penso alle guerre e ai bambini che vengono uccisi, non posso essere felice proprio perché gli altri soffrono e muoiono.”
“Anch’io direi così” aveva allora osservato Marim “avere in classe compagni che mi vedono come una persona diversa mi lascia un’amarezza addosso, io cerco comunque la felicità, ma sarebbe più facile se non ci fossero compagni così.”
“Dovete chiarirvi su cosa sia la felicità e il tema è fatto” aveva allora detto Valerio. “È evidente che il rapporto con gli altri è importante, se non decisivo, io sono rapporto con gli altri, ma la felicità? Che cosa significa essere felici?”
“Io direi – era intervenuta Marim – che è una domanda che mi porto dentro, qualcosa di più di quello che vivo, qualcosa che mi fa sentire me stessa. Insomma una domanda, ma non so la risposta.”
Sara aveva invece voluto evidenziare che lei aveva bisogno degli altri per essere felice, e che di questo si era accorta grazie all’aiuto che aveva sempre avuto per vivere bene con loro.
“Quindi per te la felicità è vivere bene con gli altri?” le aveva allora chiesto direttamente Valerio.
“Che domanda! Sì e no. È importante vivere bene con gli altri, la felicità è questo e di più” aveva risposto Sara, che però guardava Valerio aspettandosi qualcosa.
“Non ho niente da aggiungere, va bene così, è la tua esperienza! Scrivi come senti oggi, o meglio, scrivete come sentite oggi questa domanda della felicità. Che gli altri c’entrino è evidente, come che è cresciuto in voi la coscienza di aver bisogno di qualcosa di più degli altri e chissà che non possa anche essere qualcosa che vi portano gli altri.”
“Sì, le amiche!” aveva allora esclamato Marim. “Anche di loro parlerei.”
“Sì, certo, delle amiche che mi hanno aiutato nelle difficoltà, che mi hanno fatto capire di più me stessa” aveva aggiunto Sara.
“Visto, che avete tante cose da dire? Tenete però il filo conduttore, e il filo è la domanda di felicità che c’entra con tutto ciò che vive. Questa domanda che è diventata più consapevole nel tempo.”
“Ora, avanti, dovete scrivere ciò che pensate” aveva decisamente concluso Valerio e aveva lasciato le due ragazze al loro lavoro.
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