Quanto dura l’immunizzazione al covid una volta che si è fatta l’infezione? Una domanda complicata a cui ha cercato di rispondere il professor Alessandro Sette, stimato nostro connazionale laureato all’Università La Sapienza di Roma, poi trasferitosi negli Usa dall’inizio degli anni Ottanta, ed ora direttore del Dipartimento di ricerca sui vaccini del La Jolla Institute of Immunology di San Diego, in California «E’ ancora tutto da studiare – la premessa di Sette parlando con i microfoni del Corriere della Sera – al momento si sa che la risposta immunitaria naturale (anticorpi) dopo l’infezione, nel 90 per cento dei casi, dura almeno 8 mesi. Però c’è un dieci per cento di persone che non ce l’ha, quindi ha una possibilità di reinfettarsi e di trasmettere l’infezione, anche se si parla di numeri ridotti».
Poche certezze quindi, così come sono poche anche quelle sui vaccini anti covid: «Oggi si sa che i vaccini, finora autorizzati, sono efficaci nel breve termine – prosegue l’esperto – ma bisognerà capire quale sarà la risposta nel tempo». Sembrerebbe invece che chi sia già stato esposto in passato ad altri tipi di coronavirus, sarebbe più protetto nei confronti del Sars-CoV-2: «Ci sono 4 tipi di Coronavirus che provocano il raffreddore – dice a riguardo il professore del Jolla Institute – la domanda, cui stiamo cercando di rispondere, è: se io ho avuto un raffreddore recente da Coronavirus sarò più protetto contro il nuovo SarsCov-2? Stiamo cercando la risposta. E potrebbe essere un sì».
SETTE: “I VACCINI EFFICACI CONTRO LE VARIANTI”
Il mondo intero, soprattutto il Vecchio Continente, ha dovuto affrontare le “terribili” varianti, che non sembrano essere più pericolose rispetto al ceppo originario ma semplicemente più contagiose. Sette rassicura comunque sul fatto che i vaccini “coprono” anche le ultime mutazioni del covid: «Sì. E poi non chiamiamole varianti “inglese”, “sudafricana”, “brasiliana”: evitiamo stigmatizzazioni. I vaccini in uso proteggono dalle complicanze e anche dalle infezioni. E, per ora, anche dalle varianti, grazie anche alla risposta cellulare dei linfociti T». Quindi Sette conclude rassicurando totalmente sulla sicurezza dei vaccini al momento in circolazione: «Nei vaccini sono stati utilizzati adenovirus derivati dagli scimpanzè (AstraZeneca), dai gorilla (Reithera, quello italiano) e addirittura due adenovirus nello Sputnik V. Anche Johnson & Johnson ha utilizzato uno speciale Adenovirus. Questi virus sono sicuri perché non si replicano nelle cellule umane».