Vittorio Sgarbi parla al settimanale Di Più del suo rapporto con Dio. Un rapporto a dire il vero segnato dall’incredulità, Sgarbi infatti si professa ateo, o almeno indifferente: “Dio non cerca me e io non cerco lui. Ci ignoriamo. Uno come me, che vive di vita mondana, che da solo non ci è mai voluto stare e considera la solitudine come un’ossessione, come fa a trovare un minuto di raccoglimento, per guardarsi dentro e cercare Dio? No, Dio non fa per me: non so chi sia“.
Sgarbi in compenso professa la sua fede nella Chiesa, che ha difeso più volte pubblicamente (anche di recente, nel dibattito sul ritorno alle Messe con i fedeli): “Credo nella Chiesa, che è fatta dagli uomini. Rispetto chi crede, ma penso anche che sia la suggestione a spingere le persone verso la creazione di chiese e gli artisti a realizzare meravigliose opere d’arte, a dedicare la propria vita a Dio e alla preghiera”.
Dunque Dio per Vittorio Sgarbi è solo una suggestione, tanto che da bambino “mi hanno costretto a credere”, afferma riferendosi ai suoi genitori, che credevano molto. Sgarbi così frequentava la parrocchia e fece anche il chierichetto: un giorno ebbe un malore proprio durante la Messa e per un certo periodo i genitori ebbero il timore che fosse una crisi mistica.
SGARBI E DIO: “INDIMOSTRABILE, NON PENSO A LUI”
Il collegiale Vittorio Sgarbi poi si ribellò e ricorda in particolare una settimana bianca in cui, malato, rimase in camera a leggere: “Capii quanto fosse bella la libertà di pensiero e di azione e provai un senso di repulsione per quel clima repressivo”. Fu allora, in pieno clima da Sessantotto, che Vittorio Sgarbi si “liberò” di Dio, citando anche la denuncia a un prete del Vicentino che aveva venduto banchi, confessionale e organo di una chiesa ai privati.
Eppure oggi Sgarbi si definisce “il personaggio pubblico che difende di più i preti“, come ad esempio il cremonese don Lino, costretto a interrompere una Messa durante la pandemia e multato “ingiustamente, perché la libertà individuale va salvaguardata”. Sintetizzando, si può dire che Vittorio Sgarbi non rifiuta la Chiesa, ma il rapporto con Dio: “Dio è indimostrabile, credo più alla Chiesa, cioè in quello che hanno fatto gli uomini per vivere una grande, positiva illusione“.
Da grande amante dell’arte, riconosce inoltre che essa “è l’espressione più vicina al concetto di Dio“, il quale però proprio non interessa a Sgarbi, che ricorda di non averlo invocato nemmeno in occasione di un grave incidente stradale subito otto anni fa o dell’infarto che subì tre anni fa: “Anche in situazioni gravi il mio pensiero non è mai andato a Dio”.
SGARBI E IL CRUCCIO DELLA MORTE
Al giornalista che gli chiede se ammettere l’esistenza di Dio metterebbe in crisi la sua razionalità, Sgarbi risponde che non riesce proprio a vedere la bontà divina e aggiunge di avere sempre parlato poco di Dio o della fede, con i suoi genitori ma anche con la sorella oppure la fidanzata (tutte credenti): “Ognuno si tiene le proprie convinzioni per sé, nel rispetto più totale”.
Ha fatto la Comunione per l’ultima volta a 16 anni e nelle chiese entra per l’arte, non per pregare: “Chi poi? Un Essere che non vedo e non sento?”. A Vittorio Sgarbi Dio non interessa per affrontare la solitudine, dalla quale rifugge; chissà se lo cambierà il pensiero della morte, che da qualche anno è il suo grande cruccio (“mi immalinconisce la consapevolezza che vivrò meno di quello che ho già vissuto”), ma al momento anche questa è una possibilità che il celebre critico d’arte non contempla nemmeno: “Non credo, con Dio non ci siamo mai cercati“.
Corentemente alla sua posizione, Vittorio Sgarbi non crede nemmeno nell’Aldilà: “Sono convinto che, se mai dovessero esistere il paradiso o l’inferno, li abbiamo già sperimentati sulla terra. Quella del Regno dei Cieli, insomma, sarebbe solo una replica”.