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Home » Lavoro » SICUREZZA SUL LAVORO/ Le mosse della politica per aiutare la mission dell’Inail

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SICUREZZA SUL LAVORO/ Le mosse della politica per aiutare la mission dell’Inail

Angelo Colombini
Pubblicato 5 Luglio 2025
Ansa

Ansa

Dai dati contenuti nella Relazione annuale dell'Inail si possono trarre alcune considerazioni e utili elementi di riflessione per il mondo politico

Alla presenza del capo dello Stato Sergio Mattarella, dei Presidenti di Camera e Senato Fontana e La Russa e del ministro del Lavoro Marina Calderone, il 3 luglio il Presidente dell’Inail Fabrizio D’Ascenzo, dopo l’intervento, in video, della Premier Giorgia Meloni, ha illustrato, la Relazione annuale 2024 su salute e sicurezza sul lavoro, descrivendo l’andamento degli infortuni e delle malattie professionali e tracciando il bilancio delle attività svolte dall’istituto come la prevenzione, la ricerca e gli investimenti.


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Gli infortuni denunciati nel 2024 sono stati 593mila, di cui il 20% in itinere, con un lieve aumento legato alla crescita delle denunce degli studenti che sono salite a 78mila (+10,5% rispetto alle 71mila del 2023).

Gli infortuni mortali denunciati sono stati 1202, uno in più rispetto al 2023, di cui 13 degli studenti e il 25% in itinere. I settori più colpiti sono le costruzioni, la logistica e il manifatturiero. L’Italia presenta un tasso di infortuni mortali, secondo gli ultimi dati riferiti al 2022, pari a 0,87 ogni 100mila occupati, inferiore alla media Ue (1,26) e a quello di Francia (3,35) e Spagna (1,53), ma superiore a quello della Germania (0,61).


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Le denunce di malattia professionale nel 2024 sono state 88mila, in crescita del 21,8% rispetto alle quasi 73mila del 2023, di cui il 74% riguardante il genere maschile e l’8,7% i lavoratori stranieri.

Se la salute e sicurezza sul lavoro sono una priorità dell’azione di questo Governo, come ha ricordato il presidente del Consiglio Meloni nel suo intervento, allora sono opportune alcune sottolineature sulla mission dell’Istituto.

Inail, in qualità di ente pubblico non economico, deve poter gestire la sua attività con autonomia operativa e organizzativa. A tal riguardo occorre promuovere quelle iniziative, anche di carattere legislativo, nella determinazione della propria dotazione organica e nella gestione delle somme all’interno del proprio bilancio, in modo da utilizzare tutte le risorse umane ed economiche disponibili per la piena funzionalità dell’istituto, affinché non vengano ridimensionati i servizi erogati all’utenza (lavoratori e imprese) e il conseguimento delle finalità istituzionali.


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Nonostante la crescita degli organici avvenuta in questi due anni (nel 2023 i dipendenti erano poco più di 7000, oggi se ne contano 8080), mancano ancora medici, infermieri, personale sociosanitario, competenze digitali e ispettori (quest’ultima figura professionale attualmente ha un calo di oltre il 10%).

Il bilancio di Inail è pressoché totalmente determinato dalle leggi del Parlamento o da altre fonti normative, di fatto oltre il 90% delle entrate deriva dai premi e contributi di assicurazione (le cui tariffe sono state aggiornate nel 2019) che le aziende versano per ogni dipendente e dai trasferimenti da parte dello Stato (principalmente per la fiscalizzazione dei premi assicurativi per talune categorie).

Negli ultimi anni queste entrate sono aumentate per la crescita occupazionale e per i rinnovi contrattuali, per cui i meccanismi di pagamento, da parte delle imprese, del premio assicurativo sono legati all’andamento dell’economia sulla base della crescita o diminuzione delle retribuzioni e dell’occupazione.

Per quanto riguarda invece le uscite dell’Istituto, circa il 60% del totale sono determinate dalle prestazioni istituzionali di natura economica (rendite e inabilità temporanea dei lavoratori, ferme però al 2000, tranne piccole modifiche derivanti dalla rivalutazione annuale o per l’inflazione) e anche queste sono definite dalla legge.

Sugli avanzi di bilancio di Inail è opportuno ricordare che l’istituto, così come tutti gli enti pubblici, è soggetto alle norme sulla Tesoreria unica dello Stato, per cui gli avanzi dell’Ente (oltre 44 miliardi di euro al 31 dicembre 2024) sono a tutti gli effetti “soldi dell’istituto”, ma per la quasi totalità detenuti in maniera infruttifera in Tesoreria centrale e utilizzati per minimizzare il ricorso dello Stato nel reperire risorse sul mercato monetario.

Come ha ricordato la ministra Calderone, la prima mission di Inail è la prevenzione. Prevenire un incidente anche mortale e una malattia professionale vuol dire informazione, formazione, incentivi economici (cambio dei macchinari), sconti sulla tariffa assicurativa alle imprese virtuose. Serve anche investire sugli ospedali, come sta avvenendo con alcune regioni per “la presa in carico” dell’infortunato e della sua famiglia, creare dei centri specializzati per la cura dei tecnopatici, coloro che hanno problemi di malattie professionali (in forte aumento in questi ultimi anni) sullo stesso modello del Centro protesi di Vigorso di Budrio per gli infortunati da riproporre in più siti sul territorio nazionale.

Inail deve anche aprire più sedi e riaprire gli ambulatori per essere presente sul territorio per erogare i servizi nelle molte strutture in Italia.

Nel 2025 nel nostro Paese ci sono oltre 24,3 milioni di occupati e Inail assicura circa 21 milioni di lavoratori (compresi gli ultimi assicurati dall’istituto come il lavoro domestico, i rider, il personale della scuola, dell’università e gli studenti). Un dato Istat, fermo al 2021, evidenziava che nel nostro Paese vi erano 4,5 milioni di imprese; 3,2 milioni di queste sono assicurate con Inail e il 90% delle aziende ha meno di 10 lavoratori; invece, un terzo dei lavoratori è impiegato in aziende con oltre 50 dipendenti, il 50% della manodopera lavora in aziende da 20 a 50 dipendenti e il resto nelle aziende ha meno di 20 dipendenti.

Questi dati (numero di aziende e occupati in Italia) pongono una domanda, se pur importante è l’aumento delle ispezioni con i buoni risultati riscontrati nel 2024 e la crescita degli organici: com’è possibile avere un’efficacia di tutto il sistema ispettivo con solo 4.585 ispettori, di cui 3160 di Inl, 182 di Inail, 761 di Inps e 482 dei militari dell’Arma?

Per poter contrastare lo sfruttamento, l’evasione e l’insicurezza nei luoghi di lavoro, la tutela della legalità e della dignità del lavoro è necessario garantire controlli efficaci e capillari attraverso investimenti strutturali in termini di risorse tecnologiche, di ulteriori organici e di maggior collaborazione e interazione tra le banche dati degli istituti di vigilanza.

Oltre a non abbassare la guardia attraverso le ispezioni degli organi competenti, che non devono essere solo interventi di natura repressiva ma forme di prevenzione che anticipano eventuali infortuni, bisogna continuare a investire sulla prevenzione, sulla formazione dei datori di lavoro e dei lavoratori, compresi gli stranieri, e intensificare la campagna straordinaria anche in ambito scolastico, per trasferire le adeguate conoscenze di base sulla prevenzione ai futuri lavoratori, partendo dai percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento (Pcto) e nelle esperienze degli stage per tutelare gli allievi e le allieve coinvolte.

Occorre inoltre garantire un presidio in ogni realtà lavorativa, a partire dalle microimprese, nella logistica, negli appalti e subappalti dove l’accadimento infortunistico è più frequente e dove, in questi ultimi, vengono impiegati ancora lavoratori in nero e investire sulle nuove tecnologie, che possono non soltanto ridurre la gravosità e la pesantezza del lavoro, ma garantire sempre di più chi lavora.

In questo scenario non dimentichiamoci del ruolo fondamentale che le istituzioni devono tenere facendosi carico dei costi del sistema sanitario e fronteggiando gli effetti di una sfiducia sociale generalizzata a cominciare dalle famiglie colpite da lutti o da gravi avversità causati dagli incidenti sui luoghi di lavoro. Bene ha fatto il Governo a introdurre un sistema di qualificazione delle imprese nel settore edile, attesa da molti anni, come la patente a punti. Ma bene farà anche quando definirà con le parti sociali il Piano nazionale sulla prevenzione, perché il nostro è l’unico Paese europeo a non averlo.

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Tags: Governo MeloniInps

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