I sindaci del Partito Democratico – tra cui Roberto Gualtieri a Roma, Giuseppe Sala a Milano e Matteo Lepore a Bologna – hanno trovato nella Commissione europea un alleato strategico per affrontare la crescente crisi abitativa, puntando su politiche orientate alla regolamentazione degli affitti brevi e alla redistribuzione del patrimonio immobiliare, anziché concentrarsi su misure per incrementare i salari.
Durante un convegno europeo dedicato all’emergenza alloggi, Gualtieri ha sostenuto che gli affitti turistici rappresentano un ostacolo all’accesso alle abitazioni, pur riconoscendo che solo una minima parte del patrimonio immobiliare italiano – il 5% – è destinato all’edilizia popolare, a fronte del 40% di una città come Vienna.
Il commissario europeo Dan Jorgesen ha confermato questa linea, affermando che oggi anche molti lavoratori essenziali non riescono ad avere accesso a una casa dignitosa, senza però indicare la necessità di un incremento degli stipendi.
Nel frattempo, la vicepresidente della Commissione Teresa Ribera ha promosso normative che vincolino i rapporti tra le piattaforme digitali e i piccoli proprietari, mentre amministratori come Sala hanno preferito sostenere manifestazioni simboliche – come quella delle tende universitarie – invece di procedere con la costruzione di residenze studentesche in periferia, accompagnate da una rete di trasporto pubblico efficiente.
La strategia del Pd appare così fondata su un’alleanza politica e ideologica tra amministrazioni locali e istituzioni europee, con l’intento di superare le resistenze a livello nazionale, facendo leva su strumenti come il piano Ue per le case green e quello per l’housing sociale.
Una direzione che nasconderebbe un disegno più ampio finalizzato a indebolire progressivamente il principio della proprietà privata, attraverso l’imposizione di tasse crescenti, la svalutazione forzata degli immobili e l’apertura a investitori speculativi.
Sindaci Pd e l’ideologia della “redistribuzione del mattone”
Secondo l’analisi dei critici, mentre la sinistra cerca di trasformare la casa in una risorsa controllata dallo Stato, i cittadini rischiano di perdere sia diritti sia prospettive: l’iniziativa del Pd sulla proprietà privata (anche se formalmente presentata come una battaglia contro la speculazione) lascerebbe emergere un’agenda più ideologica, finalizzata a controllare il mercato immobiliare tramite regolamentazioni invasive e collaborazioni con fondi stranieri.
Amministratori come Gualtieri, Sala e Lepore sembrano più inclini ad accusare i piccoli proprietari – rappresentati come privilegiati da colpire fiscalmente – piuttosto che a promuovere riforme strutturali in campo salariale o investimenti concreti in trasporti e riqualificazione delle periferie anche se il 70% degli italiani vive in abitazioni di proprietà, spesso frutto di sacrifici intergenerazionali e risparmi familiari.
Nel contesto di questa strategia, la Commissione europea, richiamandosi a principi di sostenibilità ambientale, impone standard energetici difficili da raggiungere senza interventi costosi, provocando il rischio di deprezzamento per migliaia di immobili meno performanti e, questo meccanismo agevolerebbe l’ingresso di grandi fondi immobiliari, pronti a rilevare interi patrimoni a prezzi ribassati.
Allo stesso tempo, il Pd evita accuratamente di affrontare la questione dei salari insufficienti per le categorie professionali centrali nella tenuta del sistema – come insegnanti, infermieri e agenti – nonostante lo stesso Jorgesen le abbia citate come principali vittime della crisi abitativa.
Secondo numerosi economisti, non è accettabile affrontare il problema della povertà con misure finalizzate a espropriare i cittadini, anziché promuovere un lavoro più equo e ben retribuito: in un contesto in cui la politica preferisce redistribuire miseria anziché creare benessere, la democrazia rischia di perdere la sua sostanza, e il diritto all’abitazione rischia di diventare un privilegio dispensato da tecnocrati e amministratori comunali perfettamente allineati con Bruxelles.