La contaminazione storica dei siti, intervenuta cioè prima dell’entrata in vigore delle norme ambientali europee, è stata regolamentata dalla quarta sezione del Consiglio di Stato con sentenza 1397 dell’8 febbraio 2023, che ha affermato che se sono trascorsi più di trent’anni dall’evento che ha causato il danno ambientale, persiste l’obbligo di bonificare. Le bonifiche, dunque, devono essere avviate anche in caso di accertata contaminazione di più di trent’anni prima, come spiega Il Sole 24 Ore. Secondo la sentenza, infatti, danno ambientale e contaminazione non sono “concetti sovrapponibili”.
I giudici hanno infatti respinto il ricorso contro la sentenza del Tar Toscana che rigettava il ricorso per l’annullamento della dirigenziale del 2014 relativa alla bonifica di un sito nel comune di Lucca. Qui era presente una contaminazione degli anni ’70 dovuta alla gestione del gas. L’addebito al responsabile è dunque previsto, come affermato anche dall’adunanza plenaria del Consiglio di Stato 10 del 22 ottobre 2019.
La decisione del Consiglio di Stato
Come spiega Il Sole 24 Ore, il soccombente ha centrato la difesa sull’abrogazione dell’articolo 303 del Dlgs 152/2006 che escludeva l’applicazione della disciplina sul danno ambientale alle situazioni di inquinamento. Il Consiglio di Stato ha affermato però che tale convincimento si fonda “sull’erroneo presupposto” che la disciplina del danno ambientale sia soprapponibile a quella della contaminazione e delle bonifiche.
“Non tutta la disciplina in materia di danno ambientale si estende alla diversa tematica delle bonifiche” si legge. Non bisogna dunque ritenere che vi sia “una totale sovrapponibilità tra i due istituti“. Secondo il Consiglio di Stato l’esclusione è “evidentemente” riferita all’istituto del danno ambientale, “ma non alla contaminazione del sito e alla sua successiva bonifica di cui agli articoli 242”. Dunque consegue che quando la contaminazione è accertata, anche se ultratrentennale, dovranno comunque prendere avvio le procedure per le bonifiche.