A dispetto degli exit-poll che ancora nella notte di sabato lo davano sconfitto e soprattutto facendo crollare le speranze di Bruxelles, c’è stata una nuova ed importante svolta politica in Slovacchia dove l’ex premier Robert Fico, dichiaratamente filorusso, ha vinto le elezioni legislative anticipate conquistando l’elettorato con due parole d’ordine: stop all’invio di armi all’Ucraina e stop ai migranti.
I sondaggi delle scorse settimane davano Fico vincente, ma per alcune ore è sembrato che fosse invece il partito liberale e filo-Ue “Slovacchia Progressista” ad aver vinto con oltre il 23% dei voti negli exit-poll. Lo spoglio completo delle schede ha però clamorosamente confermato il contrario: solo il 18% dei voti (e 32 deputati) alla fine per i progressisti, mentre Fico di seggi ne ha conquistati 42 con quasi il 24%. Bratislava si è quindi svegliata domenica mattina molto più vicina all’Ungheria di Viktor Orbán piuttosto che a Bruxelles.
Un’ altra grana per la Commissione europea, ma soprattutto un’altra brutta notizia per Zelensky che in poche ore si è visto prima sospendere gli aiuti militari da Washington – complice il blocco del bilancio federale – e poi si è ritrovato con un’altra nazione confinante ben poco amica di Kiev. C’è ancora la possibilità di un’inedita alleanza che possa mettere fuorigioco Fico e il suo partito “Smer-Sd”, ma con ogni probabilità – ricevuto l’incarico di formare il nuovo governo dalla presidente slovacca Zuzana Caputova – Fico varerà velocemente un governo tripartito con il partito socialdemocratico Hlas di Peter Pellegrini – un suo ex collaboratore che si è distinto per posizioni più moderate ed ha comunque raggiunto un lusinghiero 15% dei voti – e con lo storico Partito Nazionale Slovacco, tradizionale blocco delle destra conservatrice. Sulla carta Fico dovrebbe avere in parlamento 79 seggi su 150: una maggioranza tranquilla, ma comunque insufficiente per cambiare da sola – volendolo – l’attuale Costituzione.
È la quarta volta che Fico torna al governo dopo che in questi ultimi cinque anni ben cinque diverse coalizioni si sono alternate a Bratislava, tanto che l’elettorato ha forse scelto proprio in base ad una dichiarata volontà di Fico per un ritorno alla stabilità. Il nuovo leader slovacco è da sempre critico con la Ue, è per una chiusura dell’Europa agli immigrati, molto freddo sui diritti LGBTQ+ e soprattutto non nasconde le sue simpatie per Putin anche se apre ad aiuti umanitari (ma non militari) all’Ucraina per un conflitto su cui nelle ultime settimane ha ribadito la necessità di avviare immediati colloqui di pace.
Ribadendo il suo “no” ad aiuti militari, Fico ha tra l’altro dichiarato più volte di volere lavorare per arrivare ad un compromesso “per non permettere più a due popoli di uccidersi reciprocamente”. Una posizione ribadita anche nelle sue prime dichiarazioni dopo il voto, raccogliendo subito l’adesione dei due partiti che saranno suoi probabili partner di governo. Figura molto controversa in patria e all’estero, Robert Fico ha 59 anni ed è l’attuale leader di un partito di ispirazione socialista in cui convive anche un’anima nazionalista. È il suo ennesimo ritorno alla guida del Paese, visto che è già stato primo ministro tra il 2006 e il 2010 e poi tra il 2012 e il 2018.
Eletto giovanissimo per la prima volta in parlamento già nell’ormai lontano 1992, Robert Fico militò in quello che era una sbiadita fotocopia dell’ex partito comunista slovacco ancora ai tempi della Cecoslovacchia unita, poi – nel 1999 – fondò un proprio partito, Smer (“Direzione Socialdemocrazia”). Mantenendo una posizione di centro-sinistra, Fico divenne il politico di opposizione più seguito in Slovacchia vincendo le elezioni del 2006 con il 29,1% dei voti. Andato al governo varando un’inedita alleanza con il PNS, il Partito Nazionale Slovacco, allora espressione dell’estrema destra e di un’area cattolico-tradizionalista ben radicata nel Paese, Fico fu leader fino al 2010 ed avviò tra l’altro la Slovacchia sul cammino dell’euro (introdotto nel 2009). Perse le successive elezioni tornò all’opposizione, ma con il suo partito uscì poi nuovamente vittorioso sia nelle elezioni del 2012 che in quelle del 2016.
Durante il suo terzo mandato il partito fu travolto da una serie di scandali sull’utilizzo dei fondi europei e indirettamente coinvolto sull’omicidio di un giornalista, Jan Kuciak, che indagava proprio su quelle tangenti. Seguirono grandi proteste di piazza in una sorta di “Mani pulite” slovacca e alla fine Fico dovette dimettersi.
Pochi avrebbero allora scommesso su un suo ritorno vincente, e invece eccolo ora nuovamente alla guida di un Paese che difficilmente d’ora in poi seguirà quietamente le linee indicate da Bruxelles. Dopo il voto di sabato sicuramente Orbán non è più solo e anche per questo i problemi a Bruxelles si complicheranno sempre di più.
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