Il team di Economic Graph di LinkedIn ha condotto per il Corriere della Sera una ricerca sullo smart working e le differenze per genere ed età. I dati sono stati rilevati in forma anonima e volontaria dal social network più usato dal punto di vista professionale. È emerso che anche in questo settore ci sono delle disparità tra uomini e donne, con queste ultime che sono svantaggiate.
L’attività lavorativa da remoto è praticata dal 5,8% delle donne contro il 6,8% degli uomini, mentre l’obbligo della presenza spetta al 71,7% delle donne contro il 65,6% degli uomini. Anche le modalità ibride (con un numero di giorni in presenza e un numero di giorni a distanza) vanno a favore degli uomini, che vi hanno accesso nel 27,6% dei casi contro il 22,5% per le donne. Sebbene in entrambi i generi le percentuali di smart working siano ancora ridotte, le differenze già emergono in modo rilevante e gli esperti si stanno domandano il perché.
Smart working, a donne viene concesso meno: per 71,7% costrette ad andare in ufficio, i motivi
Il tema dello smart working si connette anche a quello delle gerarchie a lavoro. In Italia solo il 32% dei manager è donna. Le posizioni di responsabilità sono ancora soprattutto in mano agli uomini, che gestiscono il loro tempo operativo più liberamente. Questa, sostenuta in Francia, potrebbe essere una spiegazione plausibile alle differenze. Negli Usa invece ipotizzano che le donne si trovino meglio a lavorare in ufficio, perché a distanza si sentono meno ascoltate.
Tra l’altro lo studio del team di Economic Graph di LinkedIn evidenzia anche come il fenomeno si sviluppa nei diversi settori. Le differenze più nette si registrano in quello dei servizi professionali (avvocati, commercia-listi, architetti e vari altri) con il 43% degli uomini che si dichiarano in regime ibrido e solo il 35% delle donne. Le versioni insomma sono diverse e la questione dovrà continuare ad essere analizzata.