Sondaggi in Francia: Le Pen distanzia tutti con il 31%, dietro Attal e Mélenchon. Cresce Retailleau, la sinistra frammentata perde terreno
I nuovi sondaggi in Francia – dall’istituto Toluna-Harris diffusi il 21 maggio 2025 – ci forniscono un panorama politico particolarmente agitato: Marine Le Pen (che ricordiamo, è attualmente dichiarata ineleggibile in quanto accusata di appropriazione indebita di fondi UE) con il suo Rassemblement National (RN), guida le intenzioni di voto per le presidenziali con un solido 31%, un dato che la conferma come personaggio centrale della nuova destra francese che fa tremare l’Eliseo, mentre il candidato del centrodestra classico Bruno Retailleau (Les Républicains) guadagna 9 punti in un mese, salendo al 16%, ma resta comunque decisamente distante.
Il centrista Gabriel Attal – primo ministro in carica e delfino di Emmanuel Macron – si ferma al 15%, segno che il campo macroniano fatica a rinnovare la propria attrattiva e, nella stessa fascia, Jean-Luc Mélenchon, leader di La France Insoumise, ottiene il 15%, con un modesto +2% rispetto ad aprile, confermando però che l’area della sinistra radicale resta fedele ma non riesce ad allargarsi oltre la propria base; il quadro generale disegna una Francia fortemente polarizzata, in cui l’unica costante è il rafforzamento dell’estrema destra, mentre i movimenti centristi e progressisti sono ancora alla ricerca di una narrativa in grado di mobilitare un elettorato stanco, disilluso e spaccato.
Sondaggi in Francia: la sinistra si frantuma, Mélenchon stabile ma isolato, Glucksmann cresce nei progressisti
In questo scenario dei sondaggi in Francia, un’altra conferma poco rassicurante per l’opposizione democratica riguarda la frammentazione della sinistra, in quanto, oltre al 15% raccolto da Mélenchon, troviamo Raphaël Glucksmann (Parti Socialiste e Place Publique) all’11%, un risultato interessante considerando la sua posizione più moderata e filoeuropea, ma che dimostra anche quanto la sinistra francese sia divisa e incapace di proporre un fronte unito; Yannick Jadot, ex volto dei Verdi, ha lasciato la scena a Marine Tondelier, che raccoglie solo il 3% con Europe Écologie-Les Verts, mentre Fabien Roussel (Parti Communiste Français) perde un punto e si ferma al 3%.
In fondo alla classifica troviamo la trotskista Nathalie Arthaud con l’1%, conferma di una sinistra rivoluzionaria ormai confinata alla testimonianza; i sondaggi delineano dunque un blocco progressista che – sommato – raggiunge circa il 33%, ma privo di leadership condivisa e percorso comune e proprio l’incapacità di convergere, sia sul piano elettorale che su quello programmatico, è forse la più grave debolezza attuale di questo campo.
Mentre Le Pen spinge sul malessere sociale, Mélenchon si rifugia nelle piazze operaie e nei presìdi di fabbrica, come quello della ex-Gkn, proponendo una rivoluzione ecologica e sociale che parla più agli esclusi che agli indecisi, ma il problema è che oggi, in Francia, l’ago della bilancia si colloca proprio tra gli astenuti e i disillusi, e lì la sinistra pare non saper arrivare.
Sondaggi in Francia: Zemmour in calo al 5%, Retailleau sfrutta il vuoto a destra
A completare il quadro dei sondaggi in Francia, un’altra tendenza da tenere in considerazione che riguarda l’estrema destra “alternativa” di Éric Zemmour; il suo Reconquête! crolla al 5%, prova che molti dei suoi elettori sembrano voler tornare nel raggio più rassicurante del Rassemblement National di Le Pen, percepita come una figura più strutturata e con reali possibilità di vittoria.
Allo stesso tempo, l’ascesa di Retailleau — salito dal 7% al 16% in soli trenta giorni — racconta di un elettorato di destra più tradizionale che cerca una rappresentanza ferma ma istituzionale, distante dalle provocazioni di Zemmour e dalle incertezze di Macron ma non è da escludere che molti elettori centristi possano spostarsi verso Retailleau come voto utile per arginare Le Pen, nel tentativo di ripetere lo “sbarramento repubblicano” che negli ultimi due cicli ha impedito l’ascesa dell’estrema destra all’Eliseo.
Ma il clima è cambiato con l’effetto Macron del 2017 ormai svanito, e il “fronte repubblicano” che oggi appare frammentato, diviso e privo di leader carismatici e, dai sondaggi, è la destra identitaria a rivestire il ruolo di leader; sarà da da vedere se i partiti “di sistema” riusciranno a proporre un’alternativa credibile, o se, nel 2027, la Francia cambierà definitivamente volto. I prossimi mesi saranno decisivi, con le elezioni europee che testeranno il terreno: lì si capirà se il paese vuole proseguire sulla via dell’euroscetticismo e del sovranismo, o se c’è ancora spazio per un progetto progressista e riformatore capace di parlare a tutta la Francia.