Sondaggi Germania, CDU al 25%, AfD al 24%, SPD al 16%: il Paese diviso tra Est e Ovest cerca un’identità a 80 anni dalla fine del nazismo
Un soffio separa i conservatori dall’estrema destra, mentre il vento del malcontento generalizzato minaccia le basi della Repubblica tedesca: i sondaggi INSA di fine aprile 2025 ci parlano di una Germania spaccata con l’Unione CDU/CSU di Friedrich Merz che tocca il 25% e viene tallonata dall’AfD al 24% all’interno di un margine d’errore che rende ogni numero una potenziale inversione di realtà.
Il Partito Socialdemocratico (SPD) del cancelliere uscente Olaf Scholz precipita al 16% – una caduta che riflette il logoramento di una coalizione con Verdi (12%) e Liberali (4%) messa a dura prova dalle crisi energetiche e dal dibattito delicato sull’immigrazione – mentre l’instabilità sociale prende forma politica nel ritorno del nazionalismo: a ottant’anni dalla fine del Terzo Reich, quelle ferite mai del tutto guarite sembrano riaprirsi con graduale violenza e secondo il sociologo Klaus Dörre, l’AfD non rappresenterebbe un semplice partito ma il sintomo profondo del disagio collettivo come accadde negli anni ’30, quando le istituzioni si indebolirono e i populisti seppero trasformare la paura diffusa in consenso organizzato.
L’eventuale ingresso dell’AfD nel governo tedesco – partito notoriamente ostile agli aiuti all’Ucraina e contrario al progetto d’integrazione dell’Unione Europea – potrebbe mettere a repentaglio l’asse Berlino-Parigi destabilizzando l’intera impalcatura comunitaria e intanto, la recente proposta del ministro delle Finanze Lars Klingbeil, intenzionato a valutare l’ipotesi di un bando per il partito di estrema destra, rischia di sortire un effetto contrario, rafforzando tra i suoi sostenitori l’immagine dell’AfD come movimento perseguitato e “fuori sistema”.
E mentre il partito ha già presentato ricorso contro i Servizi interni (secondo quanto riferito da Faz), i socialdemocratici hanno annunciato i nomi dei ministri della futura coalizione con i conservatori: Pistorius resterà alla Difesa, mentre Baerbel Bas guiderà il Lavoro e tra i nuovi volti figurano anche Hubig alla Giustizia, Hubertz all’Edilizia e Alabali Radovan allo Sviluppo.
Da segnalare, inoltre, la posizione di Angela Merkel – ex cancelliera ed esponente critica della nuova linea CDU – non basterebbe infatti vietare ciò che si teme – servirebbe piuttosto un’alternativa credibile, una proposta forte e concreta capace di riconquistare fiducia e consenso.
Sondaggi Germania: il governo Scholz e l’ombra del passato
Mentre Berlino si appresta a commemorare l’8 maggio – data simbolica degli 80 anni dalla liberazione dal nazismo – i sondaggi restituiscono l’immagine di un Paese alla ricerca di un’identità condivisa: nell’Est, il 34% degli elettori si schiera con l’AfD nei sondaggi, esprimendo un malessere che si riscontra in quella frattura mai del tutto rimarginata tra Est e Ovest, definita dallo storico Ilko-Sascha Kowalczuk come “il lutto non elaborato della riunificazione”.
Sul fronte occidentale – invece – la CDU resiste nei sondaggi con un 28% solido, facendo leva sulla narrazione della sicurezza e sulla necessità di un controllo più rigido dei confini, una retorica che – nonostante appaia conservatrice – sembra rassicurante per ampie fasce della popolazione tedesca, in particolare nei Länder industrializzati; nel frattempo, l’SPD tenta un recupero strategico sulla classe operaia affidandosi alla figura del ministro della Difesa Boris Pistorius, la cui proposta di riarmo da 100 miliardi sembra però entrare in netto contrasto con il tradizionale pacifismo socialdemocratico, generando più dubbi che entusiasmo tra l’elettorato storico del partito.
Ma il vero scossone politico potrebbe giungere dal Movimento BSW di Sahra Wagenknecht, che si attesta al 4% nei sondaggi, una formazione nata da poco che unisce tratti di socialismo e pulsioni sovraniste, intercettando consensi tra gli ex elettori della Linke (oggi al 10%) e dello stesso SPD e offrendo quella che molti definiscono una “terza via” tra il globalismo progressista e la chiusura identitaria: secondo il politologo Wolfgang Merkel, la Germania sarebbe ormai diventata un laboratorio vivente delle contraddizioni europee.