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Home » Politica » Sondaggi politici » Sondaggi Olanda: PVV 30 seggi, GL-PvdA 29, VVD in calo/ Tensioni su Israele mentre l’Iran agita il governo

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Sondaggi Olanda: PVV 30 seggi, GL-PvdA 29, VVD in calo/ Tensioni su Israele mentre l’Iran agita il governo

Claudia Maria Iannello
Pubblicato 23 Giugno 2025
Wilders, PVV

Geert Wilders, leader del PVV in Olanda (ANSA-EPA 2025)

Sondaggi in Olanda: PVV resta primo a 30 seggi, GL-PvdA a 29 incalza tra crisi in Iran e fratture interne su embargo armi a Israele

Sondaggi in Olanda, e non potrebbero arrivare in un momento più caldo e delicato: secondo l’ultima rilevazione Peil, il PVV di Wilders resta il primo partito con 30 seggi stimati ma perde terreno rispetto alla rilevazione precedente, mentre GL-PvdA, trascinato da un congresso acceso e una base mobilitata, si avvicina pericolosamente con 29 seggi, a conferma di un equilibrio precario e di un Paese politicamente in fibrillazione.


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Dietro, il VVD arretra a 22, segnale di un appannamento che preoccupa l’area liberale, mentre il CDA risale a 21, una ripresa modesta, ma da tenere d’occhio in un contesto dove anche un solo punto può cambiare la narrazione, mentre JA21 registra un’impennata di 3 seggi, indice che il vento del malcontento cerca nuovi porti in cui attraccare, forse anche più sicuri rispetto a quelli istituzionali; in Olanda, oggi, si parla sempre meno di casa, lavoro, tasse e sempre più di Iran, Israele, NATO, come se i confini geografici si fossero dissolti e l’eco di Gaza o Teheran fosse ormai familiare come quella di Rotterdam.


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Non è un caso che nel congresso congiunto tra GroenLinks e PvdA, la questione dell’embargo sulle armi a Israele abbia monopolizzato l’attenzione – mozione promossa dalla deputata Kati Piri, accolta da una standing ovation ma anche da profonde fratture interne – e alcuni volti storici del PvdA, come Job Cohen e Lodewijk Asscher, hanno cercato di bloccare la proposta ma il tentativo è fallito con l’80% dei membri che ha votato a favore, scegliendo una linea chiara, forse divisiva, ma in ogni caso inequivocabile.

Nel frattempo, fuori dalle sale del congresso, la cronaca internazionale ha bussato con forza: l’attacco americano all’Iran ha costretto il governo olandese a convocare un vertice d’emergenza del Consiglio per la Sicurezza Nazionale, riunione straordinaria in cui si è discusso non solo del ruolo di Israele ma anche della presenza militare olandese ancora attiva in Iraq. E mentre i ministri si affannano a mostrare fermezza e prudenza, l’impressione è che le scelte di politica estera siano ormai diventate protagoniste assolute del confronto elettorale e che i sondaggi in Olanda, di conseguenza, riflettano molto più le tensioni globali che le scelte fiscali o sanitarie interne.


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Sondaggi in Olanda e il tema mediorientale: la sinistra si divide, l’esecutivo vacilla

Sondaggi in Olanda che diventano lo specchio di tensioni più radicate e proprio nel giorno del congresso unitario tra GroenLinks e PvdA, la fusione tra i due partiti è passata quasi in secondo piano, schiacciata dal dibattito sull’embargo a Israele che ha acceso le sale, i corridoi, persino gli interventi più istituzionali: l’ex leader Cohen ha provato a smorzare i toni, dicendo che “non vogliamo che accada lo stesso a Tel Aviv”, ma la platea sembrava già decisa, le mezze misure non convincono più, o quantomeno non sono sufficienti a placare una base sempre più orientata a posizioni nette.

Il fatto che la mozione abbia ottenuto l’appoggio dell’80% dei delegati racconta molto più di mille comunicati stampa, cioè un’identità che si sta ridisegnando, forse anche a costo di perdere pezzi, e mentre all’interno si discuteva di embargo, fuori esplodeva la realtà: l’attacco statunitense in Iran ha colto tutti di sorpresa, almeno nei tempi, e ha costretto l’esecutivo uscente a reagire.

Schoof ha definito la situazione “preoccupante”, cercando di restare cauto ma senza riuscire a nascondere del tutto l’inquietudine; in Iraq, il contingente olandese è rimasto bloccato per via della chiusura dello spazio aereo, mentre i comandi militari studiano come evacuare in sicurezza i circa 150 soldati ancora presenti, una mossa difficile, da maneggiare con cura, perché ogni errore potrebbe trasformarsi in uno scossone politico di proporzioni molto più ampie.

Frans Timmermans (PvdA) dal palco, ha provato a cucire le crepe, richiamando l’assemblea a un principio comune – la fine delle uccisioni, da qualunque parte provengano – ma il suo intervento, per quanto accolto con applausi e rispetto, sembrava più il tentativo di unire un fronte già diviso che non una reale sintesi, e se da sinistra arrivano ancora appelli all’unità, dalla destra si alza la voce di chi chiede fermezza; Wilders rilancia il suo messaggio muscolare, Yesilgöz (VVD) invoca l’intervento europeo contro Teheran, e tra i banchi dell’opposizione la parola “minaccia esistenziale” risuona con sempre più frequenza.

Sondaggi in Olanda: tra diplomazia in affanno e partiti divisi, si allarga la distanza con l’UE

Sondaggi in Olanda che si leggono ormai più come un bollettino geopolitico che come fotografia di un Paese in attesa di nuove elezioni, anche perché mentre Bruxelles si interroga su possibili sanzioni a Israele, a L’Aia è il singolo partito a prendere posizioni nette, senza più aspettare direttive europee: l’iniziativa di GL-PvdA sull’embargo alle armi ha determinato una rottura nel dibattito interno ma anche un chiaro messaggio al di fuori dei confini nazionali che sfida le tradizionali prudenze diplomatiche dei Paesi Bassi. I numeri del sondaggio lo confermano: crescono forze che prendono posizione, perdono consenso quelle che tentennano.

JA21 sale di 3 seggi non per caso, ma perché intercetta una paura reale, quella che viene da un Medio Oriente fuori controllo, e da un’Europa che ancora non riesce a parlare con una sola voce, mentre Volt, BBB e NSC invece fermi o calano, prova che l’elettorato cerca decisione e coerenza, non equilibri incerti, e mentre i partiti di centro cercano ancora di capire che linea prendere, si fa sempre più largo la convinzione che i prossimi appuntamenti elettorali si giocheranno sulla sicurezza e sulla politica estera, più che su economia o welfare, un’inversione di rotta netta, figlia dei tempi e delle guerre che bussano alla porta.

Dalla parte del governo, intanto, le dichiarazioni si moltiplicano: Brekelmans, ministro alla Difesa, non nasconde l’irritazione per la mancanza di un piano comune europeo, incapace di tenere una linea chiara sulla crisi in Iran, ma se la diplomazia vacilla, i partiti avanzano e lo fanno ognuno per conto proprio, tra mozioni, dichiarazioni e voti che disegnano un quadro confuso, in cui i sondaggi in Olanda servono più a orientarsi che a prevedere.


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