Sondaggi: PVV cresce con 33 seggi ma Olanda senza governo fino a fine ottobre. Crisi politica, vertice NATO e tensioni in Medio Oriente complicano tutto
Secondo gli ultimi sondaggi olandesi, il Partito per la Libertà (PVV) di Geert Wilders si conferma in netto vantaggio con una proiezione di 33 seggi, guadagnando 5 posizioni rispetto alla rilevazione di fine maggio, mentre il VVD cala a 26 seggi, perdendone 4, e l’alleanza tra Verdi e Laburisti (GL/PvdA) scende a 25 seggi, con un saldo negativo di 3; dietro di loro il CDA sale a quota 20, seguito da D66 con 10 seggi, SP a 6 e una serie di formazioni minori tra cui CU e Volt in lieve crescita, FvD e JA21 stabili o in calo.
Un panorama frammentato che riflette l’instabilità in cui versa il Paese, senza governo dal 3 giugno e con elezioni anticipate fissate per il 29 ottobre, dopo l’ennesimo crollo di una maggioranza costruita a fatica e implosa su uno dei temi più divisivi in assoluto: l’immigrazione.
La fine del governo Schoof è arrivata all’improvviso ma non senza segnali premonitori, con tensioni continue tra i partner della coalizione e l’ombra ingombrante di Wilders, che aveva più volte ribadito come, pur non essendo premier, si considerasse il vero leader dell’esecutivo; la sua rottura è avvenuta in aula, con un ultimatum secco su sei punti legati alla politica migratoria e senza un sì immediato, avrebbe ritirato l’appoggio.
Nessuno ha risposto, o meglio, la risposta è stata un silenzio che lui ha interpretato come un no, abbandonando la coalizione e lasciando il governo in piedi solo per sbrigare gli affari correnti ma il problema, ora, non è solo trovare una nuova maggioranza, ma farlo in un contesto in cui le distanze tra partiti restano profonde, e i sondaggi fotografano un elettorato spaccato, in cerca di rappresentanza e, soprattutto, di stabilità.
Sondaggi in Olanda, tra vertice NATO all’Aja e tensioni internazionali senza un governo pienamente operativo
Sondaggi che si muovono, mentre il quadro politico interno resta bloccato e l’Olanda si prepara a ospitare uno dei momenti più importanti della sua storia diplomatica, cioè il vertice NATO in programma all’Aja tra il 24 e il 25 giugno: una coincidenza delicata per un Paese senza un esecutivo pienamente legittimato, ma con grandi responsabilità sulla scena globale e al centro dell’incontro ci sarà l’aumento della spesa militare al 5% del PIL, un obiettivo sostenuto proprio da Mark Rutte – ex premier olandese oggi segretario generale dell’Alleanza – ma che implicherebbe per i Paesi Bassi un impegno aggiuntivo di circa 16-19 miliardi di euro l’anno.
Un’enormità che un governo provvisorio, senza il pieno mandato del Parlamento, non può promettere né garantire, anche se il tema verrà comunque discusso nei prossimi giorni alla Camera dei Rappresentanti; nel frattempo, il Ministero degli Esteri ha alzato al massimo il livello di allerta per Israele e Iran, consigliando ai cittadini olandesi di non recarsi in nessuno dei due Paesi e invitando chi si trova già lì a lasciare appena possibile.
Le condizioni di sicurezza, spiega il governo, sono peggiorate rapidamente a causa dell’escalation militare tra i due Stati e del rischio di attacchi missilistici e il colore rosso assegnato all’intero territorio israeliano e iraniano significa che ogni viaggio, anche per motivi urgenti, è assolutamente sconsigliato e che l’ambasciata olandese non potrà fornire assistenza in caso di emergenza.
In un momento simile, in cui la diplomazia richiede prontezza e coesione, l’assenza di un esecutivo stabile rischia di indebolire la posizione del Paese anche sul piano internazionale, dove si gioca una partita delicata che va ben oltre i confini nazionali; i sondaggi continuano a muoversi, ma intanto la macchina istituzionale resta bloccata, e a gestire tutto è un governo senza reale potere decisionale.
Sondaggi in Olanda, corsa al voto tra accuse incrociate e promesse disattese: lo scontro su Wilders divide il Paese
Sondaggi che acquisiscono sempre più significato, con la prospettiva delle urne sempre più vicina, cresce l’attenzione su come si stia riorganizzando il fronte politico olandese, diviso tra chi accusa Wilders di irresponsabilità e chi invece lo sostiene in blocco, convinto che la sua linea dura sull’immigrazione sia l’unica possibile; nei numeri, il PVV non ha subito contraccolpi, anzi, secondo Verian, il 74% dei suoi elettori ha mantenuto la fiducia, mentre le critiche sono piovute soprattutto dagli altri partner della vecchia maggioranza, come il NSC, che ha definito la rottura un gesto insensato e ingiustificabile.
Alcuni analisti parlano apertamente di una strategia mirata a tornare alle urne da una posizione di forza, facendo saltare un governo che Wilders sentiva come poco allineato alla propria agenda politica; allo stesso tempo, i problemi lasciati aperti dalla crisi sono numerosi e radicati come il tema dei migranti minorenni, ad esempio,che resta senza una risposta concreta, con denunce sempre più frequenti sulla mancanza di cure adeguate nei centri di accoglienza e il rischio di violazioni dei diritti fondamentali.
A livello europeo, la figura di Wilders continua a creare tensione in quanto c’è chi, come Frans Timmermans, invoca un vero e proprio isolamento politico del PVV, sostenendo che non debba più avere accesso al potere, una posizione che rende ancora più difficile immaginare future coalizioni; i sondaggi, in questo senso, offrono solo una parte della storia secondo la quale dietro ogni punto percentuale c’è un clima sociale carico, una politica polarizzata e un Paese che si prepara a un voto anticipato senza certezze su chi potrà davvero guidarlo.
E intanto, mentre le elezioni si avvicinano, la sensazione è che nessuno abbia ancora trovato una vera risposta a una domanda semplice e urgente: come si esce, davvero, da una crisi che sembra senza fine?