Sondaggi Regno Unito: Reform UK in testa al 29%, Laburisti superati al 22%. Migrazione netta dimezzata, ma Starmer perde terreno
I dati dei sondaggi YouGov del 18-19 maggio 2025 ci forniscono un quadro politico in Regno Unito decisamente instabile e in continua trasformazione: Reform UK di Nigel Farage raggiunge il 29% (+1), superando i laburisti (22%) e relegando i Conservatori al 16% (-2) – il livello più basso dalla riforma elettorale del 1832, mentre i Liberal Democratici (17%) e i Verdi (10%) rafforzano il voto urbano e progressista, ma è l’ascesa di Reform – ora primo partito in Regno Unito – a definire l’agenda.
In questo scenario, il governo Starmer festeggia il dimezzamento della migrazione netta (431.000 nel 2024, -50% dal 2023), un traguardo rappresentativo del manifesto laburista che però non seduce l’elettorato; il calo, legato a restrizioni sui visti e alla crisi economica post-Brexit, viene percepito come un successo tecnocratico, distante dalle priorità quotidiane delle comunità operaie e Farage – abile nel cavalcare il risentimento verso le élite – trasforma il controllo dei confini in una battaglia identitaria, accusando Starmer di ipocrisia e affermando come a governare siano i “burocrati di Londra”.
Intanto, i Conservatori, privi di una leadership carismatica, rischiano di scomparire dal panorama politico, mentre i Verdi sfruttando la sfiducia diffusa soprattutto su alcune tematiche – come quella ambientale – specialmente tra i giovani: la migrazione, anche se ridotta, rimane un tema delicato e controverso, con il 63% degli intervistati da YouGov che ritiene che il governo “non controlli realmente i confini”, un dato che spiega l’appeal di Reform nelle aree deindustrializzate.
Sondaggi e l’ascesa di Reform: 72 seggi laburisti a rischio, l’offensiva di Farage e il caso razzista in Scozia
Secondo un’analisi di Sky News, 72 seggi laburisti su 77 potrebbero cadere in mano a Reform UK se le proiezioni dei sondaggi locali del 1 maggio 2025 si replicassero alle politiche e tra i collegi a rischio ci sono roccaforti come Wycombe (dove il ministro del Tesoro Emma Reynolds potrebbe perdere il 58% dei voti) e Lincoln, vinto nel 2024 dal ministro degli Esteri Hamish Falconer e con Angela Rayner (Greater Manchester) e Jess Phillips (Birmingham) tra le figure più note minacciate dall’ondata populista.
La strategia di Farage, ispirata al modello Trump, punta a radicalizzare il dibattito, nel frattempo, in Scozia, Reform UK è finita sotto accusa per un annuncio social contro Anas Sarwar, leader laburista scozzese, accusato di “prioritizzare la comunità pakistana” attraverso clip decontestualizzate.
L’episodio, definito “palesemente razzista” dai laburisti, rivela la doppia anima del partito, per la quale, da un lato troviamo la retorica anti-immigrazione per conquistare ex elettori Tory, dall’altro, vi è il rischio di dar vita a tensioni etniche in un paese multiculturale mentre Starmer cerca di bilanciare controllo dei confini e inclusività, ma il 22% degli ex elettori laburisti si dichiara indeciso o astenuto, mettendo in luce una frattura tra le politiche del governo e le aspettative della base; la geografia del voto, inoltre, mostra un Regno Unito spaccato e se Reform domina nel Nord e nelle aree rurali, i Lib Dem emergono nel Sud progressista, mentre i laburisti lottano per mantenere il controllo delle città industriali al tracollo.
I sondaggi smontano la strategia di Starmer: il rebus dell’identità progressista
I sondaggi YouGov raccontano che solo il 6% degli elettori laburisti del 2024 passerebbe a Reform UK, contro il 12% che preferisce i Lib Dem e il 9% i Verdi; ma i numeri rivelano anche il fallimento della strategia di Starmer, con la retorica dura sull’immigrazione (Regno Unito definito come “isola degli estranei”) e il dietrofront sulle politiche verdi che hanno progressivamente indebolito la base progressista senza attrarre l’elettorato populista.
Il 22% di indecisi o astenuti riflette una crisi di fiducia, aggravata dalle accuse di “razzismo istituzionale” mosse da deputati laburisti di sinistra, come Nadia Whittome, che definiscono la strategia di Starmer “una copia sbiadita di Farage”; intanto, Reform attira soprattutto ex Tory (48% dei suoi sostenitori) ed elettori UKIP (33%), ereditando una coalizione anti-establishment e euroscettica.
La retorica di Farage anche se efficace nel corteggiare i delusi, nasconde un programma vago per i critici: promette tagli alle tasse ma evita dettagli su welfare e servizi pubblici, temi essenziali per le fasce a basso reddito ma – nel frattempo – il dilemma per il Labour è chiaro e da risolvere al più presto, in quanto, continuare a inseguire Reform rischia di svuotare il partito della sua anima sociale, mentre i Conservatori, al 16%, sembrano ormai marginalizzati a un ruolo di contorno.
Intanto, i Verdi e i Lib Dem cavalcano le questioni del welfare e della crisi abitativa, attirando giovani e professionisti: la sfida per Starmer è ricostruire un’agenda credibile, riconciliando le istanze progressiste con le paure di un elettorato sempre più polarizzato e spaccato in due, in un paese dove il 41% della popolazione ritiene che “nessun partito rappresenti i loro interessi”.