A quasi un mese di distanza dal voto del 26 maggio sono successe tante cose. Il ribaltamento nei rapporti di forza tra Lega e M5s, con un Salvini in moto ascensionale continuo quanto a consensi degli italiani. Il premier Conte, preso atto dell’esito elettorale, ha convocato una conferenza stampa in diretta tv, parlando direttamente ai cittadini, per rilanciare il suo ruolo e un’azione di governo intralciata e bloccata dai continui litigi tra i due grandi azionisti del governo giallo-verde. Infine, la decisione della Commissione di proporre una procedura d’infrazione contro l’Italia per eccesso di debito, prima volta in assoluto nella storia della Ue. Tutto questo quanto sta cambiando la “geografia” del gradimento politico? Come giudicano gli italiani il ruolo di Mattarella, Conte e Salvini? E soprattutto: siamo ancora europeisti senza se e senza ma? Ne abbiamo parlato con Arnaldo Ferrari Nasi, politologo e sondaggista, direttore di AnalisiPolitica.
Dopo il voto europeo è emerso un certo dualismo tra Salvini, grande vincitore delle elezioni, e Conte, che ha rivendicato in una conferenza stampa davanti a tutti gli italiani il suo ruolo di capo del governo. Come viene percepito dagli italiani il presidente del Consiglio? Vive di luce propria o è un’ombra cinese del vero leader che è Salvini?
A Conte manca una cosa fondamentale: non ha i voti. E in politica contano quelli. Se domani cade il governo, il giorno dopo Salvini rientra, un po’ meglio o un po’ peggio, ma torna al suo posto, Conte finisce. Il consenso che raccoglie Conte è legato al suo ruolo, avvertito come di garanzia: è l’interfaccia, l’interfaccia coerente al ruolo, tra tutto quello che non è il consenso a Salvini e tutto quello che c’è intorno, dall’Europa al mondo imprenditoriale. È il terminale di bronzo lucido, un po’ arrotondato, del pilum, del giavellotto, di Salvini. Ma è un simbiota: per vivere, deve vivere di Salvini; Salvini no.
Dagli italiani quindi non viene percepito come alternativo a Salvini?
Rispondo ricordando un precedente: Monti. Dopo un anno e mezzo di governo, con il sostegno comunque della politica, si è presentato alle elezioni con la sua lista, Scelta Civica, ottenendo alla Camera poco più dell’8%. Onesto, ma non eccezionale. Conte, in questo momento, non arriverebbe neanche a quello.
Non avrebbe i voti neanche dei 5 Stelle?
Solo in parte e solo se si creasse una componente scissionista del M5s, che andrebbe a sostenere un eventuale partito di Conte. Poi, con quali altri “responsabili”? Con quali alleati? Lo vedo meno solido rispetto a Monti.
Il consenso al governo resta comunque alto, non è vero?
Anche dopo il voto delle Europee, pur in presenza di un ribaltamento dei pesi tra Lega e M5s, c’è ancora una ferma maggioranza sul gradimento per il governo, ben superiore al 50%.
Il traino oggi è legato alla Lega. Il consenso verso Salvini cresce ancora?
Salvini è sopra il 37%, mentre il M5s è dato intorno al 20%.
Dopo aver cavalcato per mesi il tema dell’immigrazione, oggi anche Salvini è alle prese con i nodi ben più complicati dell’economia. Ma sulla riduzione delle tasse va dritto per dritto. “All’Italia – ha detto al Corriere della Sera – serve una riforma fiscale coraggiosa: o me la fanno fare o io saluto e me ne vado”. La carta della flat tax fa presa sugli italiani?
Premesso che oggi le questioni economiche sono molto importanti e molto sentite dagli italiani, io vedo Salvini come un giocatore al tavolo del poker: non sta bluffando, ma ha una sola combinazione di carte, diciamo un full. Gli altri non si sa che cosa abbiano in mano, per cui lui cala, va a vedere, sa di avere qualcosa, gli altri non vedono, e lui vince. Salvini non ha altri argomenti, il taglio delle tasse è come un asso di briscola. Se gli va in porto la flat tax e vince la partita sull’immigrazione, fa bingo, potrebbe prendersi il 50% da solo. Mi viene da fare il paragone con Annibale.
In che senso?
È come Annibale, che nella battaglia di Zama, alla fine persa contro Scipione, realizzò però il suo capolavoro tattico. Pur subendo la mossa a tenaglia della cavalleria romana seguita dalle legioni, Annibale riuscì a tenere la terza fila, gli addestratissimi e fortissimi veterani d’Italia, più indietro del solito. La tenaglia si chiuse, ma loro ne rimasero fuori: contrattaccarono e quasi vinsero. Annibale aveva una sola occasione e se la giocò. Così è oggi per Salvini: il taglio delle tasse sarebbe il suo capolavoro. Ma non ha altri strumenti. O ce la fa così, o è finita.
Chiaro che molto dipenderà da quanto concederà l’Europa…
Sull’Europa mi ha sempre colpito una “furbata” di Salvini, quando dice che la Ue non ci fa fare la flat tax. Però non la dice tutta, perché l’Europa non è che non vuole che si abbassino le tasse, anzi: non vuole che si abbassino a debito.
In questa partita, come giudicano gli italiani il ruolo di Mattarella?
Mattarella era partito in sordina come inquilino del Colle, un po’ duro, ingessato, ma nel tempo è venuto fuori il suo essere un politico di rango. E gli italiani lo hanno percepito.
Accennavamo prima all’Europa. Dopo il voto del 26 maggio e alla luce della procedura d’infrazione che Bruxelles ha chiesto venisse comminata al nostro Paese, gli italiani sono ancora europeisti convinti?
Gli italiani sono storicamente stati europeisti con quote superiori al 60% e in certi momenti hanno anche raggiunto il 70%. Ma ci sono sempre dei “ma”.
Quali?
L’euroburocrazia, soprattutto. Anche se a volte abbiamo una percezione un po’ distorta.
Per esempio?
È vero che l’Europa ci obbliga a una certa lunghezza delle banane, e questo ci irretisce molto, ma ciò è dovuto al fatto che la lobby degli agricoltori francesi ha combattuto in Europa perché fissasse dei limiti avvantaggiando i loro prodotti. Ma allora non è un problema dell’Europa, è un problema della politica. Dobbiamo entrare anche noi nell’arena a combattere. Ma questa classe politica preferisce lamentarsi per la “cattiveria” dell’Europa che non ci fa fare quel che vorremmo fare. Credo che sia una colpa molto diffusa anche fra la gente: è sempre colpa di qualcun altro…
(Marco Biscella)