Gli ultimi sondaggi nel Regno Unito ci mostrano un panorama politico in rapida evoluzione con il partito Reform UK di Nigel Farage in netta ascesa al 29% (+2 punti rispetto a maggio), superando i laburisti di Keir Starmer, fermi al 25% (-1), mentre i conservatori di Kemi Badenoch crollano al 18% (-1) e – secondo il rilevamento Opinium del 14-16 maggio – i liberal-democratici si attestano al 13%, i Verdi al 10% (+1), e gli indipendentisti scozzesi (SNP) al 2%.
In un contesto contraddistinto dalla crescente sfiducia verso le politiche economiche e migratorie dell’esecutivo guidato da Starmer, i sovranisti di Reform UK conquistano consensi trasversali attraendo parte dell’elettorato storico dei Tory (deluso dalla frantumazione conservatrice) e intercettando fasce crescenti della working class (tradizionalmente vicina al Labour): il messaggio di Farage – che propone tagli fiscali, controllo serrato dei confini e una linea dura sull’identità nazionale – si diffonde soprattutto attraverso i social media, dove il partito guadagna terreno tra i 25-34enni (23%), segmenti giovanili che sembrano sempre più inclini a preferire narrazioni radicali e immediate.
In questo scenario, l’appeal personale del leader euroscettico, unito alla sua capacità di dettare l’agenda mediatica, rischia di ridisegnare radicalmente gli equilibri pre-elettorali, mentre Starmer – con un indice di gradimento a -46 – appare sempre più costretto a una rincorsa difficile in vista delle prossime consultazioni.
Sondaggi e UE: Starmer tenta il “reset” con Bruxelles
Parallelamente al calo nei sondaggi, Keir Starmer cerca un rilancio sul piano internazionale, ospitando a Londra i leader UE per un vertice considerato decisivo, in quanto, si tratta del primo dopo la Brexit, finalizzato a rafforzare la cooperazione in materia di difesa, sicurezza e commercio: tra gli obiettivi prioritari del governo figurano l’accesso britannico al programma europeo SAFE (150 miliardi di euro destinati al settore armamenti), l’estensione dell’uso degli e-gate aeroportuali ai cittadini UK e la riduzione dei controlli doganali sui prodotti alimentari, misure da scambiare -secondo la strategia dell’esecutivo – con una parziale riapertura alla mobilità giovanile europea e la partecipazione al programma Erasmus.
Ma il negoziato si complica sulla questione pesca: la Francia insiste per una proroga decennale dei diritti di accesso alle acque britanniche, vincolando ogni avanzamento a questa condizione, mentre Downing Street – consapevole delle tensioni interne – rifiuta concessioni simboliche come l’ingresso nell’unione doganale; l’intento dichiarato del Labour è dimostrare che l’avvicinamento a Bruxelles può produrre benefici tangibili in termini di sicurezza energetica e lotta ai trafficanti di migranti, ma il rischio di nuove cessioni di sovranità resta alto e, secondo i sondaggi, anche se il 56% dei britannici si dichiara rammaricato per la Brexit, un consistente 34% teme qualunque forma di reintegrazione europea.
Sondaggi e proposte: Starmer rilancia su crescita e sicurezza, Farage spinge sul patriottismo economico
Con i sondaggi in caduta libera, Starmer tenta una controffensiva proponendo un piano economico improntato alla stabilità fiscale e agli investimenti verdi, e dichiarando la volontà di riportare il Regno Unito “al centro dell’Europa” pur senza reintegrare il mercato unico, una formula pensata per rassicurare l’elettorato più euroscettico; allo stesso tempo, Nigel Farage radicalizza il messaggio anti-establishment invocando lo stop all’immigrazione incontrollata, tagli ai fondi destinati alla cultura “woke” e una riforma elettorale che favorisca il sistema uninominale.
Anche se è stata spesso accusato di vaghezza su temi centrali come sanità e welfare, Reform UK continua a raccogliere consensi tra i giovani – Farage vanta 1,2 milioni di follower su TikTok – e spinge sul risentimento diffuso per i disagi del post-Brexit: le sue proposte, incentrate su un “patriottismo economico” che prevede dazi protettivi e rinegoziazione degli accordi commerciali, trovano riscontro in ampi settori dei britannici.
Intanto, il Labour valuta di rinviare l’introduzione del voto ai 16enni – promessa elettorale della scorsa campagna – temendo che il segmento giovanile, ormai attratto dal populismo digitale di Reform UK, possa voltare le spalle ai laburisti e, con i conservatori in piena crisi d’identità e l’elettorato sempre più fluido, la sfida per Starmer è dimostrare che il dialogo con l’UE non è una resa, ma un’opportunità concreta.