Il regista francese François Ozon non costringe lo spettatore a decidere subito chi ha ragione e chi ha torto nella sua “favola per adulti”, perché non è sicuramente un moralista. Infatti, il suo nuovo film Sotto le foglie (il titolo originale, più veritiero, è Quand vient l’automne – Quando viene l’autunno, non solo come stagione ma come età della vita) ha l’andamento del giallo e naturalmente non può svelare troppo. Ma ci sono anche altre motivazioni alla base del suo stile di racconto, con tanti “non detti” ma ricco di indizi, che rendono la vicenda intrigante e inquietante.
Il regista afferma infatti esplicitamente, a proposito del suo pubblico: “Penso che siate intelligenti. E penso che nella vita non si sappia tutto. E certe volte si giudica in un certo modo per rendersi conto, magari anni dopo, che si era giudicato male, che mancavano elementi che avrebbero permesso di comprendere, come accade qualche volta con gli errori giudiziari”.
Ozon ha perciò confezionato una storia piena di mistero e di colpi di scena non troppo esibiti, che interrogano lo spettatore lasciandogli la libertà di interpretare ciò che accade. Ci tuffiamo insomma in un’atmosfera come quella dei gialli di provincia di Georges Simenon, dove dietro alle finestre chiuse succedono cose strane, impensabili o terribili, conseguenza di relazioni complesse e spesso nascoste tra le persone, o legate al buio che si cela nel cuore umano.
Cominciamo dalla protagonista, la serena e premurosa nonnina ottantenne Michelle (una sorprendente ed espressiva Hélène Vincent (con tutta la bellezza delle sue rughe), pensionata apparentemente tranquilla, pronta ad aiutare gli altri. Ha un’amicizia profonda con la quasi coetanea Marie-Claude, con cui gode della natura bucolica del loro villaggio in Borgogna, ormai lontane dalla effervescente Parigi, in cui hanno vissuto in gioventù. Ma il rapporto con i figli ormai adulti, Michelle con Valérie e Marie-Claude con Vincent, non è facile ed è fonte di preoccupazione per tutte e due.
Valérie infatti ha un carattere ruvido, insofferente e polemico nei confronti della madre, soffre per il divorzio dal marito e per le costanti difficoltà economiche. Ha un figlio, Lucas, bambino dolce, legatissimo alla nonna, che però l’anziana può vedere raramente. Vincent, invece, il figlio di Marie-Claude, ha avuto guai con la giustizia, e Michelle accompagna l’amica a trovarlo in carcere e lo riporta a casa quando sarà di nuovo libero.
Nelle vacanze scolastiche autunnali Valérie torna con Lucas dalla madre per lasciare il ragazzo undicenne qualche giorno con la nonna. L’energica vecchietta prepara tutto con cura, la casa, il pranzo e va addirittura a raccogliere nel bosco, insieme con l’amica, i funghi freschi, che piacciono tanto alla figlia. Ma un fungo è velenoso e Valérie, l’unica che li ha mangiati, rischia di morire.
Il clima apparentemente sereno, malgrado le frecciate rancorose della figlia alla madre, si trasforma velocemente in un incubo. Valérie si salva, ma se ne va via subito con Lucas, accusando addirittura la madre di averla voluta uccidere e minacciando di non farle più vedere il nipotino.
È tempo di bilanci: Michelle, profondamente angosciata e sofferente, si chiede che cosa abbia sbagliato con la figlia, che sembra odiarla definitivamente, e la stessa domanda si pone l’amica Marie-Claude, che ha cresciuto un figlio che non si sa controllare e spesso si lascia andare a reazioni violente. Valérie non perdona l’oscuro passato di sua madre, mentre Vincent sembra pentito per le sofferenze che provoca alla sua. Ma di chi è la colpa? I figli possono perdonare gli errori dei genitori e questi a loro volta cosa possono fare per ricucire relazioni difficili con i loro ragazzi ormai cresciuti?
A questo punto interviene il destino a gamba tesa: Valérie muore in un incidente (o suicidio? o altro?) cadendo dal balcone di casa sua mentre sale su una scaletta per recuperare le sigarette, che ha nascosto forse per sfuggire alla tentazione del fumo, durante una conversazione inaspettata proprio con Vincent. Il ragazzo è venuto in incognito a trovarla a Parigi, per convincerla a trattare meglio sua madre, di cui lui stesso ha sperimentato la generosità. Michelle infatti, quando è uscito dal carcere, gli ha offerto la possibilità di lavorare per lei, tenendo in ordine l’orto e tagliando la legna.
Il dramma della scomparsa di Valérie però misteriosamente si trasforma in una possibilità di felicità per la nonnina. Il piccolo Lucas, infatti, non vuole stare con il padre, ma preferisce trasferirsi in Borgogna proprio con lei.
Tutto a posto dunque? In realtà, seguendo la filosofia di Ozon, nulla è veramente come appare e quindi si scopriranno segreti del passato e del presente che potrebbero mettere in discussione la ritrovata serenità di Michelle, Lucas e Vincent. Saranno proprio la breve malattia e la morte dell’amica Marie-Claude ad aprire nuove prospettive ai protagonisti della storia, che dovranno affrontare scelte difficili sul “dire” o “non dire” la verità e sul riconoscere ciò che è bene e ciò che è male.
Ma sulla rigida morale prevale il perdono, ben simboleggiato dalla chiesa del paese, dove Michelle si reca all’inizio del film per ascoltare nella Messa la bella predica del sacerdote nero su Maria Maddalena (un ottimo indizio per capire cosa grava sul suo cuore). Chiesa in cui si celebra anche il funerale di Marie-Claude, accompagnato con vero affetto dalle “amiche” parigine, con i loro abiti vistosi e succinti…
Persino la detective, incaricata di indagare sulla morte di Valérie, e che in seguito scopre nuovi indizi, guarda con rispetto la ritrovata serenità di Michelle, Lucas e persino di Vincent, diventato quasi un padre per il ragazzino. Decide dunque di non proseguire la ricerca di prove di un possibile omicidio, che forse non potrebbe mai trovare, se la realtà è davvero quella dichiarata da chi è coinvolto nella vicenda (omissioni comprese).
Il finale rassicurante, pur con le sue ombre, ci apre anche alla dimensione della morte, come possibilità di pacificazione con chi abbiamo ferito o con chi non ci ha compreso, nella speranza di una giustizia del Cielo che non è ridotta alle nostre sole misure moralistiche. Offre invece la promessa del perdono e della salvezza, a cui aspira il cuore di ogni essere umano.
Più che meritati dunque i due premi guadagnati da Sotto le foglie al festival di San Sebastián, che confermano l’originalità e la profondità del regista francese François Ozon, il quale non aspira a Hollywood proprio per non perdere la sua autonomia, perché in Francia – come ha dichiarato – “posso ancora seguire il mio istinto”. Quello di indagare nel mistero delle scelte umane.
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