SVOLTA SUL CASO COOP: ARRESTATE MOGLIE E SUOCERA DEL PARLAMENTARE SOUMAHORO
Svolta clamorosa sul caso delle cooperative di migranti gestite dalla famiglia del parlamentare Aboubakar Soumahoro: stamane sono state arrestate la moglie e la suocera, rispettivamente Liliane Murekatete e Marie Therede Mukamatsindo, su disposizione del gip di Latina. Secondo quanto riportato da ANSA e “LaRepubblica”, in una seconda inchiesta legata sulle cooperative coinvolte nell’accoglienza dei migranti e gestite dai familiari di Soumahoro, la Procura di Latina ha ipotizzato i reati di frode nelle pubbliche forniture, bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione e auto riciclaggio.
La moglie dell’ex parlamentare di Alleanza Verdi-Sinistra, Liliane Murekatete, è stata posta agli arresti domiciliari nella casa che condivide con il deputato a Casal Palocco: stessa misura cautelare per la madre (suocera di Soumahoro), Marie Therese Mukamitsindo. Previsto invece l’obbligo di dimora in provincia di Alessandria per il cognato Michel Rukundo: deciso infine il sequestro dei beni di famiglia per circa 2 milioni di euro.
LE ACCUSE CONTRO LA FAMIGLIA SOUMAHORO: “SPREGIUDICATEZZA CRIMINALE IN GESTIONE COOP MIGRANTI”
Lavoro per migranti e accoglienza per i minori non accompagnati nella provincia di Latina: di questo si occupavano le cooperative gestite dai familiari di Aboubakar Soumahoro, la Karibu e la Consorzio AID. Una volta esploso lo scandalo con le prime indagini scattate mesi fa, Soumahoro lasciò Alleanza Sinistra e Verdi per passare nel Gruppo Misto dopo non poche vicissitudini politiche passate con il graduale allontanamento di chi prima delle Elezioni Politiche 2022 lo aveva sostenuto e candidato nella propria coalizione, dal Pd ad appunto Verdi e Sinistra Italiana. Oggi però la svolta sul caso cooperative migranti, con gli arresti delle due indagate principali dell’inchiesta di Latina: la moglie e la suocera del deputato ed ex leader sindacale dei braccianti sono state raggiunte stamane dalle ordinanze della Guardia di Finanza.
Nelle carte pubblicate da “La Stampa”, le Fiamme Gialle lo scorso dicembre già sottolineavano sulle due arrestate oggi: «seppur allo stato formalmente incensurati, hanno mostrato elevata spregiudicatezza criminale nell’attuare un programma delinquenziale a gestione familiare protratto nel tempo e rivestendo le qualifiche societarie documentate in atti». Le misure riguardano gli appartenenti al consiglio di amministrazione della cooperativa sociale integrata “Karibu”: «Le cooperative Karibu e Consorzio agenzia per l’inclusione e i diritti italia (in sigla Consorzio a.i,d. italia), nonché la Jambo Africa (per il tramite della Karibu) hanno percepito ingenti fondi pubblici da diversi Enti (Prefettura, Regione, Enti locali etc.) destinati a specifici progetti o piani di assistenza riguardanti i richiedenti asilo e i minori non accompagnati, fornendo tuttavia un servizio inadeguato e comunque difforme rispetto a quello pattuito», si legge nella nota della Procura diffusa da TgCom24. In quelle strutture che ospitavano le cooperative di assistenza migranti, scrive il gip di Latina, si sarebbero accertati un «sovrannumero di ospiti, alloggi fatiscenti con arredamento inadeguato, condizioni igieniche carenti e riscaldamento assente», oltre a carenza di acqua calda e scarsa qualità del cibo. La Procura ha diffuso anche l’elenco delle strutture a cui si riferiscono le indagini sugli illeciti rendicontati: Cas di Aprilia (Via Lipari), di Latina (Hotel de la Ville Central) e di Maenza (Casal dei Lupi) gestiti dalla Karibu oltre che i Cas di Latina (Via Romagnoli e Via del Pioppeto) gestiti da Consorzio Aid. Da ultimo, i giudici dopo la fine delle indagini rilevano come i “risparmi” – derivanti dalla scarsa qualità della vita offerta all’interno di tali strutture – avrebbero consentito «di ipotizzare a carico degli indagati i reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale (per distrazione) a seguito dell’accertamento giudiziario dello stato d’insolvenza della cooperativa Karibu e di autoriciclaggio di parte di dette somme, che sono state trasferite all’estero (Ruanda, Belgio e Portogallo) e reimpiegate in attività imprenditoriali e comunque estranee rispetto alle finalità di assistenza e gestione in Italia dei migranti e richiedenti asilo», conclude la nota della Procura.