L'Ue guidata da Ursula von der Leyen sembra incapace di far qualcosa di concreto per evitare di distruggere settori industriali portanti

Un gorilla nella nebbia. Un gorilla per dimensioni, però, e nient’altro: perché le abitudini sembrano piuttosto quelle del bradipo. Stiamo parlando della Commissione europea, per la seconda volta – ed è veramente triste analizzare il perché – guidata da Ursula von der Leyen.

La prospettiva a oggi praticamente certa che mercoledì 10 i 27 commissari decideranno di rinviare la formulazione delle attesissime risposte sull’eventuale differimento delle scadenze della decarbonizzazione nell’automotive… è l’estrema conferma di un’attitudine dilatoria, passiva, opportunista e afasica che la Commissione sta rivelando su tutti i dossier più scottanti che le arrivano all’ordine del giorno. Lasciando l’Europa come sospesa in una fortezza Bastiani, aspettando decisioni che non arrivano e nemici che, ahimè, ci sono, ma sono in buona parte nemici interni.



Quello sull’automotive è un caso limite, simbolo dell’impasse generale che affligge la politica dell’Unione. La decarbonizzazione severa varata sei anni fa, che a oggi prevede la messa al bando dei motori endotermici dal 2035, è figlia legittima dell’esaltazione ideologica di Frans Timmermans, il “verde” olandese che aveva fatto il vice di Ursula nel primo quadriennio del primo mandato.



Stanco di provare a salvare il mondo, con tempi e risultati davvero ingenerosi rispetto alla sua esaltazione, Timmermans ripiegò destramente sul tentativo di limitarsi a salvare la propria poltrona trasferendola da palazzo Brogniart all’Aja, candidandosi cioè a capo del Governo olandese. Ma gli elettori arancioni lo trattarono come se fosse stato lui una scoria di carbonio, mettendolo fuori dai giochi.

Frans Timmermans, leader GroenLinks-PVdA alle Elezioni in Olanda (ANSA-EPA 2025)

Ebbene, questa decarbonizzazione follemente rapida e autolesionistica, se non fermata e rinviata, comporterebbe di fatto lo smantellamento ultra-accelerato di tutta l’attuale capacità produttiva automobilistica di Volkswagen, Mercedes, Bmw, Peugeot, Psa… tutti i colossi dell’auto europei già in grandissima sofferenza incalzati come sono dalla concorrenza giapponese e ormai soprattutto cinese su tutta la gamma, comprese le ibride e non solo le elettriche.



Rinviare e non di poco, è un obbligo. Alla von der Leyen l’hanno chiesto formalmente tre Governi: tedesco, francese, italiano. Ossia tutti e tre i suoi grandi elettori. Ebbene: a oggi nessuna risposta.

Identica evanescenza sulla direttiva case green, nei fatti inapplicabile: solo in Italia costerebbe 400 miliardi, che per legge non potranno essere spesi dagli Stati (e comunque il nostro non li avrebbe!), ma dai privati, che se ne guarderanno bene…

In generale, a fronte di simili rivoluzionari “assunti” ideologici, ci si sarebbe immaginati che almeno la Commissione indicasse le linee guida di una politica industriale coerente, capace di compensare con nuovi filoni produttivi quelli destinati a cambiare o chiudere. Macché.

Inconsistente la tutela dell’Ai Act, largamente disapplicato. Evanescente l’applicazione dell’ultima direttiva sulla privacy, la temuta Gdpr, che sovraccarica di adempimenti le imprese, ma in realtà on risparmia ai cittadini neanche un grammo delle costanti persecuzioni del marketing.

Insomma, la forza reale della legislazione europea sta trascolorando con impressionante velocità. Ed è drammaticamente nota la debolezza politica di questa Commissione sul fronte geo-militare: non esce dall’impasse sull’Ucraina, è stata irrilevante nella crisi palestinese. Non ha finora saputo sviluppare una linea coerente sulla Nato per replicare alle continue provocazioni di Trump.

Che sia frenato dai “contrappesi” che l’ordinamento prevede, questo potere esecutivo, è poco ma sicuro. Però è frenato anche dalla mancanza di leadership e da un velleitarismo che sul fronte ambientale sfonda la barriera del ridicolo, se pensiamo che alla fine oggi l’Europa emette carbonio per il 6% del totale, e la signora Presidente ha praticamente ucciso tre settori industriali portanti (auto, acciaio, edilizia) per evitare la produzione di una porzione insignificante di anidride carbonica rispetto al totale del crescente inquinamento che arriva dall’Asia…

La domanda orma chiara, che riecheggia negli ambienti politici europei (per impotenti che siano), è se questa Commissione sia ancora un organo politico in grado di orientare il continente o si sia trasformata in una pura macchina di produzione burocratica.

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