La sola proposta concreta e puntuale in duecento righe di intervista di Elly Schlein “dall’Europa” a Repubblica è quella di “superare la regola dell’unanimità e il potere di veto” nelle decisioni Ue. Chiarissimo: la priorità assoluta del Pd è mettere in minoranza la premier Giorgia Meloni nel Consiglio dei 27 capi di Stato e governo dell’Unione. E rimettere un Paese come l’Italia alla mercé delle decisioni dell’eurocrazia di Bruxelles e dell’eterno duumvirato fra il presidente francese e il cancelliere tedesco. Chiunque essi siano, anche anatre azzoppate come sono oggi Emmanuel Macron od Olaf Scholz.
Francia e Germania “in maggioranza relativa” – nello Schlein-pensiero – sarebbero per definizione contro l’Italia. Anzi, colpire l’Italia dall’Europa può diventare un obiettivo in sé, lo è già stato. Come nel 2011 per distruggere Silvio Berlusconi, quando la Francia di Nicolas Sarkozy premeva per abbattere Gheddafi, cancellare vecchie tracce in Libia e segnarne di nuove. Oppure oggi per neutralizzare Roma nel ruolo possibile di mediatrice fra la Ue e gli Usa di Donald Trump. Oppure come nel 2019, quando un ex presidente della Commissione Ue – Romano Prodi, non per caso richiamato da Schlein – pilotò dall’Europa un ribaltone di governo in Italia, in gioco di squadra con il Quirinale di Sergio Mattarella, lui pure esponente della socialdemocrazia europea.
Quest’ultima, sei anni fa, aveva perso le elezioni europee (soprattutto in Italia, dove aveva stravinto la Lega) e le ha riperse sei mesi fa, quando in Italia il centrodestra ha bissato il successo delle politiche 2022. Nel Parlamento europeo appena insediato è il Pse a essere ormai a rischio-minoranza, mentre il partito della destra riformista Ecr (imperniato su FdI) è entrato nella maggioranza von der Leyen. A Berlino, intanto, l’Spd è attesa a una storica batosta interna il 23 febbraio, lasciando i socialdemocratici al governo in Europa solo in Spagna. Poco importa: per la leader Pd l’Europa “cosa loro” è sempre garanzia di potere a prescindere dalla democrazia elettorale. Anzi: è sempre fonte di auto-legittimazione per una socialdemocrazia battuta al voto in quasi tutti i paesi Ue ma incapace di ovunque di vera opposizione politica, salvo “fuoriuscire” a Bruxelles (capitale di un ennesimo Paese Ue dove si è appena insediato un premier della destra nazionalista).
Nel febbraio 2025, l’unico obiettivo visibile dei “dem” italiani resta “battere la destra”. Abbatterla, come una parte della sinistra strillava negli anni 70 del secolo scorso: con qualsiasi mezzo (e la Ue resta una di questi). l’Italia – quando in Ue si profilano decisioni epocali – può aspettare. Meglio se azzerata: dai dem italiani.
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