Tutti conoscono Antonio Polito: l’editorialista del Corriere della Sera che ieri ha scritto che a Marine Le Pen ben le sta di essere stata giustiziata dai magistrati franco-europei. Questi sarebbero l’ultimo potere legittimo rimasto in Europa, dopo che la democrazia reale vota sempre di più Le Pen & co. e non più i partiti come quello per il quale Polito è stato senatore in Italia: la Margherita (per i più giovani: il partito di Paolo Gentiloni e Romano Prodi).
Pochi, invece, saprebbero dire al volo chi è Sylvie Goulard, la testimonial transalpina che ha affiancato Polito, ieri sulle pagine del Corriere, nella difesa dello “stato di diritto in Europa”: quello che ha eliminato – con l’imputazione di “frode alla Ue” – la leader di Rassemblement National, che alle ultime elezioni Ue ha raccolto il voto di quattro francesi ogni dieci.
Il minuscolo curriculum di Goulard allegato all’intervista sul Corriere non dice nulla, salvo ricordare che era stata indicata nel 2019 dalla Francia come commissaria Ue, non ricevendo la fiducia dell’europarlamento, benché in seguito sia stata “prosciolta”. La realtà ha bisogno di più righe, e sono tutt’altro che noiose. Possono anzi regalare un po’ di quello humour britannico caro a Polito.
Goulard, tecnocrate francese ed europarlamentare di lungo corso, era vicegovernatrice della Banca di Francia quando il presidente Emmanuel Macron la designò nel 2019 per Bruxelles: era destinata al Mercato interno, ma soprattutto a controllare la nuova Direzione Industria della Difesa e Spazio. Venne però clamorosamente bocciata al vaglio dell’europarlamento: la candidata dell’Eliseo era sotto inchiesta a Parigi per sospette irregolarità nell’impiego di un assistente euro-parlamentare (la stessa accusa fatale a Le Pen) e presso l’Antifrode Ue per alcune consulenze remunerate, in conflitto d’interesse, dal think tank di un tycoon statunitense. Per la cronaca, assieme a Goulard fu sfiduciato in partenza anche il candidato dell’Ungheria di Viktor Orbán.
Macron parlò di “vendetta politica” e lasciò Goulard alla Banca di Francia. Lo stesso presidente l’aveva arruolata a Strasburgo – dov’era europarlamentare centrista – come ministro della Difesa nel suo primo governo dopo l’ascesa all’Eliseo. L’aveva poi presto distaccata a presidiare politicamente la banca centrale, prima di imporre Christine Lagarde alla Bce (essa pure – come Goulard – senza esperienze effettive nel central banking).
Goulard era tornata a Parigi dopo otto anni all’europarlamento come leader del liberaldemocratico Mouvement Europeen-France, poi confluito nel campo macroniano sia in Francia che in Europa. Il Mef era apertamente ispirato allo “Spinelli Group”, fondato a Strasburgo per coltivare la memoria del Manifesto di Ventotene, vangelo della tecnocrazia centralista europea.
Della mancata nomina di Goulard si ebbe a male anche Prodi, di cui Goulard – nata al ministero degli Esteri francese – era stata consigliere politico quando l’ex premier italiano era presidente della Commissione Ue. Non è noto se risalga ad allora l’attuale fede “riarmista” di Prodi; fra gli incarichi di Goulard ci fu comunque il raccordo fra Bruxelles e la Commissione per la preparazione della nuova Costituzione Ue. L’organismo era presieduto dall’ex presidente francese Valéry Giscard d’Estaing e si concluse con la preparazione di un testo laicista, programmaticamente ripulito di ogni riferimento alle “radici cristiane dell’Europa”.
In quegli anni Goulard strinse rapporti anche con Mario Monti, per due mandati commissario italiano alla Ue. La sintonia fu evidentemente tale che quando Monti, da senatore a vita e premier di un governo istituzionale, si trasformò in leader politico, Goulard fu in prima fila nella campagna elettorale di Scelta Civica al voto 2013: scrisse infatti a quattro mani con Monti un libro-manifesto dal titolo emblematico (La democrazia in Europa).
L’amicizia è rimasta di ferro (come l’irriducibile voglia di “Scelta” politica) se all’inizio del settembre 2019 – in pieno ribaltone di governo in Italia, pilotato dall’Europa – Goulard, fresca candidata macroniana per Bruxelles, sbarcò a Ventotene per un corso annuale di formazione spinelliana promosso dal Movimento federalista europeo.
Nella photo-opportunity – oltre a Goulard e Monti – entrarono Prodi e Sandro Gozi, suo scudiero europeo, da tempo “fuoriuscito” a Parigi per essere eletto a Strasburgo nelle liste macroniane. È Gozi che – tre settimane fa a Strasburgo – ha votato convintamente a favore di ReArm: idealmente per delega anche di Prodi, come quest’ultimo ha confidato alle colonne del Corriere della Sera. Le stesse da cui l’ex ulivista Polito ha accusato i cattolici di “neutralismo”. Mentre in Italia sono in corso prove di un nuovo partito centrista: un po’ prodiano, un po’ spinelliano, un po’ serriano. “Scelta Ventotene”?
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