in un sabato pomeriggio di ponte primaverile, il Quirinale ha convocato per giovedì prossimo il Consiglio supremo di difesa. All’ordine del giorno “valutazioni sul Libro bianco della difesa europea, sulle infrastrutture strategiche nazionali, sull’adeguamento dello strumento militare e le prospettive per l’industria della difesa italiana”. Inoltre, “il Consiglio esaminerà l’evoluzione nelle principali aree di crisi con particolare riferimento ai conflitti in Ucraina e Medio Oriente ed alle iniziative di pace in ambito internazionale ed europeo”.
L’articolo 87 della Costituzione. afferma che il Presidente della Repubblica “ha il comando delle Forze armate, presiede il Consiglio supremo di difesa costituito secondo la legge, dichiara lo stato di guerra deliberato dalle Camere”. Il dettato appare chiaro nel qualificare per il Quirinale in campo militare la funzione generale di garanzia ultima della democrazia repubblicana.
Mattarella – presidente non immemore dell’attivismo “semipresidienzialista” dei predecessori sardi Antonio Segni e Francesco Cossiga – mostra di voler chiamare il governo a rendergli conto di dossier squisitamente politici, come la posizione ultima che il governo italiano intende tenere su ReArm: il piano modellato sul Rapporto Draghi che spingerebbe l’Europa a investire 800 miliardi a debito in armi e non in sviluppo civile.
Un piano che la Commissione Ue ha cercato di gestire scavalcando l’europarlamento, e che anche per questo il Consiglio Ue si è trovato (Italia compresa) d’accordo nel congelare. Su di esso, comunque, non erano consenzienti e concordi anzitutto gli europarlamentari “dem”, compagni di partito di Mattarella.
ReaArm, nella sostanza, punterebbe a continuare lo Stato di belligeranza della Ue con la Russia in terra ucraina. Come vogliono i Volenterosi Emmanuel Macron e Keir Starmer. Per boicottare l’azione degli Usa di Donald Trump che invece vogliono la fine dell’“inutile strage” lungo un fronte che va dal Donbass a Zaporizhzhia e Kherson. Ciò che – salvo colpi di scena – vorrà anche il prossimo Pontefice, che forse verrà eletto lo stesso 8 maggio. E che i cattolici dem come Mattarella auspicano, almeno nelle dichiarazioni, in continuità con il pacifismo di Papa Francesco.
Non è escluso che il Quirinale – più banalmente – voglia segnalare attenzione per un dossier politico-finanziario interno: la vendita di Iveco Defence – le attività militari del gruppo ex Fiat (Stellantis) – a Leonardo. Un affare ormai quasi fatto, riferiscono ormai in chiaro i media. Il riarmo italiano inizierebbe così con un “investimento statale” di 1,5 miliardi destinato alle casse Stellantis: sempre meno degli 8 versati alla famiglia Benetton a chiusura della privatizzazione di Autostrade, “Romano Prodi doc”.
Sarebbe nei fatti una sorta di compensazione ai sussidi pubblici all’auto elettrica, divenuti su ogni versante obsoleti e comunque finora mai concessi dal governo Meloni a un gruppo a guida francese, di cui è prima azionista Exor, holding Agnelli fiscalmente basata in Olanda. Ma è stato Mattarella, ancora lo scorso ottobre, a ospitare Yaki Elkann nella missione di Stato in Cina, il giorno in cui Donald Trump è stato eletto presidente. È stato lui a benedire la Agnelli Chair di relazioni italo-cinesi alla Peking University, assegnata a Prodi.
Certo, Elkann – presidente di Stellantis e padrone di Exor – non è senatore a vita come il nonno Gianni Agnelli, nominato da Cossiga. O senatore del Regno come il bisavolo Giovanni, il fondatore della Fiat nominato dal Re sabaudo dopo la Marcia su Roma di Benito Mussolini. Ma il Quirinale non sembra essere molto diverso.
P.S.: riguardo “la situazione in Medio Oriente”, il Consiglio supremo di difesa sembra offrire sulla carta l’occasione opportuna per chiarire un equivoco politico squisitamente interno. Il governo italiano – piaccia o no – è al fianco di quello israeliano fin dal 7 ottobre 2023. È invece il Quirinale a mantenere da allora su Gaza e dintorni la stessa ambiguità del Pd e della sua leader Elly Schlein. E stato Mattarella a difendere sempre il diritto “antifascista” dei “giovani” a insultare la “sua” senatrice a vita Liliana Segre. È accaduto un mese e mezzo fa all’euro-girotondo di Michele Serra, non è stato chiaro se pro-ReArm o contro. È avvenuto l’ultima volta il Primo Maggio. L’ultima volta che il Presidente della Repubblica ha dovuto semi-smentire un ennesimo attacco politico al governo sui salari. I costituzionalisti, naturalmente, erano in vacanza.
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