La giornata dell’incidente fra il Cremlino e il Presidente italiano Sergio Mattarella si era aperta con una vistosa e accorata intervista del Presidente francese Emmanuel Macron al Financial Times: autentica chiamata della Vecchia Europa alla “resistenza” contro la nuova America di Donald Trump. Non ha quindi sorpreso l’escalation politico-mediatica di Parigi: che sabato ha convocato platealmente i leader europei, a valle del duro discorso del Vicepresidente Usa, JD Vance, alla conferenza di Monaco sulla sicurezza.
Se e come si svolgerà, il summit di Parigi cadrà comunque a sei giorni dalle elezioni tedesche, che salvo imprevisti sanciranno un cambio della guardia a Berlino fra il socialdemocratico Olaf Scholz e il cristiano-democratico Friederich Merz. Nella stessa Francia la situazione politico-istituzionale resta difficile: il Governo di François Bayrou (il quarto in un anno) ha ottenuto una faticosa fiducia sul bilancio e la competenza di Macron su Europa e politica estera è oggi più nominale che effettiva.
Nel frattempo, il tagliente parallelo fra Germania nazista e Russia putinana lanciato da Mattarella – da un’università francese – è parso avere lo stesso bersaglio multiplo inquadrato da Macron: Putin ma anche il nuovo Presidente americano che lo ha ri-legittimato e infine l’Europa “debole”, disorientata e indecisa. Non è la prima volta, nelle ultime settimane, che il Presidente italiano attacca frontalmente la nuova Amministrazione Trump: con cui invece la Premier Giorgia Meloni ha subito aperto canali importanti (risolvendo fra l’altro il caso della giornalista Cecilia Sala, arrestata in Iran).
Macron e Mattarella sono legati in via quasi personale da un “Trattato del Quirinale” siglato pochi mesi prima dell’attacco russo all’Ucraina. La presidenza italiana avrebbe desiderato replicare con quella tedesca un singolare “trattato nel trattato” intra-Ue, per allargare a Roma il tradizionale asse Parigi-Berlino nel governo dell’Europa. Sullo sfondo vi era la proiezione di Mario Draghi, allora Premier italiano, a un ruolo-chiave nella ricostruzione dell’Unione: quando già si intravvedevano le pesanti ricadute geopolitiche della pandemia.
Proprio venerdì Draghi – tre anni fa candidato al Quirinale – ha rinnovato dalle colonne di FT un appello all’Ue a far presto: ma più a rilanciare da sé la propria forza economica e istituzionale (adottando il Rapporto stilato dall’ex presidente della Bce) che ad andare in escalation geopolitica, economica o ideologica contro Trump.
Subito dopo il 22 febbraio 2022 era stato comunque l’Eliseo – oggi votato alla “resistenza” fra Mosca e Washington – a cercare ripetutamente l'”appeasement” con la Russia, a dispetto della fatwa dichiarata dagli Usa di Joe Biden contro Putin e fallita sia in Ucraina che alle presidenziali americane. Il Quirinale, dal canto suo, ha sempre rimarcato una propria linea non del tutto coincidente con quella del Governo italiano: che a differenza della Francia semipresidenzialista mantiene una piena competenza sulla politica estera.
Giorgia Meloni è sempre stata allineata per lealtà storico-istituzionale ai trattati con gli Usa, la Nato e la stessa Ue di “Von der Leyen 1” a fianco di Kiev: senza ondeggiamenti o interpretazioni politiche. Senza mai venir meno all’appoggio per il Paese aggredito contro l’aggressore, il Quirinale si è invece pronunciato molto presto a favore di una “pace giusta” e non della “guerra fino alla vittoria definitiva contro la Russia”.
Il Quirinale è parso sempre prestare orecchio alla Santa Sede. Lo stesso papa Francesco – principale critico globale dei sanguinosi conflitti scoppiati in Ucraina e a Gaza – sta mostrando tuttavia contrarietà e preoccupazione crescenti per l’avvento di Trump: a dispetto che fra le priorità immediate del nuovo Presidente vi sia proprio il cessate il fuoco nell’Europa dell’Est.
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