Lungi da me voler minimizzare l’importanza del dibattito alle Camere sull’affaire Almasri. Quantomeno nella speranza che si giunga in fretta e definitivamente alla sua fine. E che la politica torni ad occuparsi anche di altro. In compenso, qualcuno sta facendo silenziosamente il suo lavoro in quel di Roma. Anzi, lo ha terminato. E reso noto.
Proprio mercoledì, mentre andava in scena il Muppet Show dell’opposizione e la maggioranza si lanciava in una spericolata arrampicata libera sugli specchi, l’Ufficio parlamentare di bilancio (Upb) ha aggiornato al ribasso le previsioni sul Pil dell’Italia. La cui crescita si sarebbe attestata per il 2024 allo 0,7%, salvo rafforzarsi in misura modesta quest’anno e il prossimo, rispettivamente allo 0,8% e 0,9%. Il quadro macroeconomico si conferma soggetto a rischi complessivamente orientati al ribasso, scrivono gli analisti.
Ma si sa, il diavolo si annida nei dettagli. Se infatti le nuove previsioni sulla crescita sono soltanto lievemente inferiori a quelle autunnali, materia da frazione, oggi sono le motivazioni del rallentamento a cambiare. Si legge infatti nel documento:
Mentre le revisioni per lo scorso anno riflettono il trascinamento statistico dei nuovi dati dell’Istat sul 2023, le revisioni sul 2025-2026 sono prevalentemente ascrivibili al deterioramento delle proiezioni sugli scambi internazionali e all’aumento del prezzo del gas. Ops. E questa tabella parla chiaro, tanto per non pensare che queste siano opinioni personali improntate al disfattismo.
Nero su bianco. Pubblicato su sito e account ufficiali. E, soprattutto, pericolosamente orientate all’ottimismo. Perché se il prezzo del gas viene giustamente e nettamente visto al rialzo per l’anno in corso, incorporandone il freno sulla crescita, il 2026 vede prezzato un suo ritorno sui livelli del biennio precedente. Sempre alti rispetto ai partner europei e a quando era Mosca a fornire energia via pipeline.
Ma comunque gestibili. Su quali basi, però? Rivoluzione eolica? Nucleare a tempo di record? Lng statunitense che crolla nei prezzi, nonostante la presenza di Donald Trump alla Casa Bianca? O pace con la Russia e ritorno alle forniture sicure e a buon mercato di Gazprom, nonostante la scomunica di Serghei Lavrov mai smentita dal Cremlino? Se qualcuno ha notizie al riguardo, le comunichi.
Ma non basta. Date un’occhiata al grafico. Perché sempre mercoledì, mentre volavano parole grosse fra gli scranni romani e si scomodavano torture e rivisitazioni collodiane, la medesima Bce che sottostima i dazi Usa, il colpo di coda dell’inflazione e imperterrita continua a tagliare i tassi unicamente per tutelare i bilanci bancari, ha pubblicato le risultanze del suo tracker per le dinamiche degli stipendi nell’Eurozona.
Ebbene, la crescita salariale prevista per il quarto trimestre di quest’anno è al +1,5%. Contro il +5,3% del medesimo arco temporale del 2024. Avete letto bene. E con riferimento al grafico, avete visto bene. Ora, rinnovando tutto il mio rispetto per il caso Almasri, cosa ci attende dietro l’angolo? Quale strapiombo macro stiamo per affrontare? Quanto sarà profonda la crisi strutturale che le dinamiche industriali e manifatturiere tedesche stanno rivelando a ogni pubblicazione di indice?
Ma soprattutto, se l’Ufficio parlamentare di bilancio ha appena certificato come la nostra economia patirà un ulteriore rallentamento a causa dei prezzi del gas, contingenza ammessa con onestà e allarme solo tre giorni fa dal ministro Pichetto Fratin, qual è il piano B?
Già, perché il piano A sarebbe stato quello della sostituzione del gas russo con le forniture maghrebine. Miseramente fallito, numeri alla mano. Davvero puntiamo tutto su Lng statunitense a prezzi folli e in ostaggio delle quotidiane paturnie tariffarie della Casa Bianca? E attenzione, già oggi i salari italiani sono tra i più bassi in assoluto e quelli che scontano una crescita tendenziale addirittura negativa. E non dal Covid. Dalla crisi dei debiti del 2011.
Cosa ci attende, da qui a qualche mese? Siamo consci dei rischi economici e di tenuta sociale che sono dietro l’angolo, certificati da Ufficio di bilancio e Bce? E voglio andare anche oltre. Delineando uno scenario che può apparire paradossalmente rassicurante, ma che, in realtà, conferma – se non aggrava – l’ipotesi di un hard landing economico dell’Europa per il 2025, una recessione di nuova natura ma certamente non meno grave.
Può infatti darsi che quel crollo delle dinamiche di crescita salariale sia frutto di un magheggio contabile, al fine di mostrare al mercato come quanto posto in essere finora a livello di contrasto dell’inflazione e contemporaneo taglio dei tassi – un ossimoro, almeno fino al Qe perenne – non abbia innescato la tanto temuta spirale salari/prezzi. Come dire, si può continuare ad abbassare il costo del denaro. Anzi, si può accelerare con i tagli.
Questo cosa significa, però, implicitamente? O che la situazione macro è persino peggiore di quanto sembri attraverso il proxy tedesco o che il comparto bancario stia arrivando alla fine del suo percorso di occultamento delle reali criticità di bilancio. E che i risultati degli stress test previsti per agosto potrebbero svelare come segreto di Pulcinella. O, forse, entrambe le cose assieme. Per questo occorre tagliare, nonostante cautela e inflazione consiglino prudenza.
Davvero pensate che, alla luce di tutto questo, l’unica priorità di questo Paese sia il dibattito alato e moralmente superiore sul caso Almasri?
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