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Home » Economia e Finanza » Economia Internazionale » Economia USA » SPY FINANZA/ Gli alert nascosti mentre si preparano nuove manovre di “emergenza”

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SPY FINANZA/ Gli alert nascosti mentre si preparano nuove manovre di “emergenza”

Mauro Bottarelli
Pubblicato 8 Maggio 2025
Ansa

Ansa

Ci sono segnali importanti da cogliere per capire che piega stanno prendendo gli eventi, specialmente negli Stati Uniti

Questo articolo rappresenta un alert. Una bandiera rossa. E proprio perché la situazione è decisamente seria, occorre spiegarsi bene. Occorre un punto che approfondisca. Passo passo.

La tregua sulla liquidità è durata poco. Il Sofr spreads a 30 anni che, come accaduto martedì, tocca 90 rappresenta un chiaro indicatore di scarsità di collaterale. E di rapido deterioramento del credito. Cui si uniscono i modelli di Term Premium della Fed di New York, i quali – passando da negativi a nettamente positivi – urlano domanda di compensazione e non di duration da parte del mercato del debito Usa. L’esatto opposto di quanto avvenne nel 2020.


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Infine, la continua corsa dell’oro, confermata dal balzo sui mercati asiatici riaperti dopo le festività. Si bilanciano le riserve per ridotta fiducia negli assets denominati in dollari. Basta dare un’occhiata a quanto accaduto fra martedì e ieri a Hong Kong con l’intervento della Banca centrale per sostenere il peg del dollaro locale con quello Usa per capire che siamo di fronte a un reset di quelli da tettonica a placche della finanza.


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Tutto questo, sta accadendo ora. Mentre il segretario al Tesoro, Scott Bessent, annunciava colloqui con le sue controparti cinesi in Svizzera nel fine settimana e parlava in questo modo: If we can take away the credit risk of the US government, interest rate will come down. Togliere il rischio di credito? Una frase che equivale all’ammissione dell’esistenza di un problema. Pesano quei 7 trilioni di debito su cui fare roll-over entro fine anno. E che salgono a 9 trilioni nei prossimi 12 mesi.

Ma Scott Bessent parla da giorni. Inascoltato. Perché, giustamente, chi cerca lettori e likes, si concentra sulle sparate della Casa Bianca. E non su quanto dichiarato il 30 aprile sempre dall’attivissimo e potentissimo titolare del Tesoro: We are evaluating enhancements to buyback program. E non solo. Sempre il 30 aprile e sempre parlando con Barron’s, Scott Bessent si lascia andare: e se la Casa Bianca creasse una Fed ombra che risponda ai desiderata del Presidente? Ovvero, nominare non ufficialmente già oggi il successore di Jerome Powell e fare in modo che questo influenzi il mercato con continue dichiarazioni e prese di posizione che mettano in difficoltà il governatore in carica.


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Il nome? Kevin Warsh, ex membro del Federal Reserve Board of Governors dal 2006 al 2011 e, in un primo tempo, candidato proprio alla successione a Janet Yellen. Un profilo tutt’altro che avversato dai Democratici, avendo lavorato con Barack Obama al post-Lehman. Educato a Stanford, Harvard e Mit. Un Ivy League boy. Casualmente, Donald Trump nella sua alluvionale intervista della domenica, è tornato a criticare Jerome Powell, ma ha sottolineato chiaramente come non intenda rimuoverlo. Come dire, ho trovato una soluzione meno traumatica. E, forse, più efficace.

Casualmente, martedì il Tesoro ha annunciato come la Fed abbia acquistato 20 miliardi in Treasuries a 3 anni in seno al programma Soma di compensazione. Casualmente. Insomma, cosa sta per accadere? Quale sarà il capro espiatorio, l’alibi, il casus belli che permetterà a Scott Bessent di armare la mano dei buyback di Treasuries, mentre qualcuno nell’ombra si lavora ai fianchi Jerome Powell?

E basterebbe quanto dichiarato da Robert O’Leary di Oaktree Capital Management a Bloomberg per chiudere qui questo articolo. E aver ampiamente adempiuto al mio compito. Perché quando un manager di quel livello ammette la presenza sul mercato di vendite di massa a 50 centesimi sul dollaro, già oggi, si configura il private credit come la next shoe to drop, la prossima rogna cui dare risposta. O, come scrivevo prima, il casus belli che il Treasury Usa attende per entrare in gioco. E forzare pesantemente la mano in tal senso anche alla Fed. Piaccia o meno a Jerome Powell.

Perché qui si tratta del delitto perfetto: colpire un settore finanziario ad alto tasso di impatto emotivo ma esterno al comparto bancario. Perché il credito privato ruota, appunto, attorno a entità non bancarie. Finanziarie. E non solo. Un qualcosa che si vende quasi da sé: un metodo altro per finanziare le imprese. Altro che derivati e swaps, credito all’economia reale, alle Pmi. Che meraviglia.

Ma poi, ci sono i fondi. A cui si prestano appunto i soldi. E lo si fa per un tasso di interesse più alto dell’obbligazionario classico. Ma se qualcosa va storto, che accade? Beh, se già oggi si vende a 50 ciò che si è pagato 100, significa che più di qualcosa potrebbe andare storto. E in breve tempo. Blocco delle redemptions? Gates che si alzano? Di per sé, l’incidente perfetto, appunto. Assolutamente circoscrivibile. Assolutamente esterno alle storicamente già giubilate banche. Assolutamente contenibile da Banche centrali e Governi che non attendono altro per attivare tipografie e ciclostili. Ma attenzione: le fiammate come queste, si spengono sì in fretta. Ma bruciano tutto in un lampo di ciò che gli sta attorno.

E attenzione al contesto in cui questo sta avvenendo. Basta dare un’occhiata a questi tre strappi, presi rispettivamente da Wall Street Journal, Financial Times e Bloomberg. Tutti pubblicati nell’arco dell’ultima settimana.

Un editoriale sul rischio in attesa di esplodere dell’hidden debt, il debito nascosto di swaps e leverage sotto il tappeto, scomodando nell’immagine scelta il patron di Archegos. La certificazione che gli hedge funds siano già saliti in giostra nell’attacco ribassista proprio a quel credito privato che in molti stanno scaricando con modalità da fire sale, come se ormai l’acqua fosse arrivata alla sentina del Titanic. E infine, il fatto che in questi giorni la Fed stia operando la sua revisione dei rating segreti delle banche Usa.

Perché esistono anche dei rating segreti. Quasi certamente, più affidabili di quelli pubblici. E, forse, più allarmanti. Tutt’intorno, un mondo che pende dalle labbra dei protagonisti di una pantomima sui dazi tanto artefatta, quanto strumentale. Non ci credete? Cosa ho scritto lunedì rispetto all’ineluttabilità di un intervento imminente della Banca centrale cinese? E cos’ha comunicato ieri mattina la Pboc? Uno tsunami di taglio dei tassi e dei requisiti di riserva bancari…

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Tags: Donald Trump

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