C’è voluto poco. Davvero poco. E quanto denunciato la scorsa settimana ha trovato una sua prima, seria conferma pratica. Di quelle da ignorare a proprio rischio e pericolo.
Ce la mostra questo grafico: cinque anni dopo il Covid, il lockdown e l’esplosione dello smart working, la crisi delle cartolarizzazioni allegre degli spazi immobiliari adibiti a uffici negli Usa è ben lungi dall’essere risolta. Anzi, sta peggiorando. Rapidamente.
Nel mese di giugno, il tasso di delinquencies su Commercial Mortgage-Backed Securities (Cmbs) per questa sottocategoria è salito di 49 punti base all’11,1%. Ovvero, oltre il picco post-Lehman del 10,7% e del dicembre 2024 con il suo 11,0%. Da inizio 2023, un aumento di 9,5% punti percentuali. Solo il mese scorso, 1,8 miliardi di controvalore di prestiti impacchettati relativi a spazi immobiliari a uso ufficio sono andati in sofferenza conclamata, mentre 1 miliardo di quelli già in status di non-performing loans contabilizzati come perdita è andato in risoluzione. Nel frattempo, l’indice Cmbs generale per gli Usa ha visto il tasso di delinquencies salire di 5 punti base al 7,13%, massimo da 4 anni.
Ora, ricordate il mio articolo della scorsa settimana, quello che citavo prima? Parlava (in beata solitudine, quasi certa stampa tratti il tema mattone come la kryptonite per Superman, chissà come mai?) della geniale intuizione dell’Ente federale per il mercato immobiliare di imporre – proprio ora – a Fannie Mae e Freddie Mac, ovvero i principali erogatori di mutui del Paese, l’accettazione di Bitcoin come garanzia per l’accensione di mutui immobiliari. Quindi senza più la necessità di tramutare la crypto in dollari e di sottoporre il conseguente deposito a una quarantena di 60 giorni su un conto bancario.
Ecco, questa geniale intuizione va a inserirsi in questo contesto di finanziarizzazione del mercato real estate che sta ricominciando a gridare. Commerciale, certo e non residenziale. Almeno per ora. Ma si sa, i mattoni sono come il domino. Ne casca uno e viene giù tutto. L’intero comparto è da sempre a forte rischio di contagio. E forte dipendenza dai tassi di interesse.
Ora, quest’altro grafico ci mostra la comparazione aggiornata a oggi della correlazione fra Bitcoin e massa monetaria M2. Già così, il potenziale re-couple implicito parla di quota 114.000 per la regina delle crypto.
E se la Fed tagliasse i tassi, aprendo le cateratte della tipografia Lo Turco e quindi facendo aumentare a dismisura quella massa monetaria che, oggi, formalmente cresce senza che Jerome Powell stia in alcun modo contribuendo? E se questo facesse partire una Bonanza immobiliare, stante la possibilità di investire direttamente crypto per comprare casa? E se poi, come già avvenuto ciclicamente, quel 114.000 dollari diventassero 80.000 nell’arco di un mese? O magari 70.000? O 60.000?
Pensate che sia l’ennesimo problema legato alle cartolarizzazioni allegre che impazzano negli Usa ma non nell’Eurozona, notoriamente più attenta e rigorosa nei suoi investimenti? Un recentissimo studio di Morningstar (maggio 2025) relativo all’esposizione delle banche tedesche al settore Cmbs statunitense al 31 dicembre 2024, ci dice altro. Ci dice che nonostante il primo allarme risuonato già lo scorso anno, apparentemente nessuno ha voluto rinunciare a quelle cartolarizzazioni così potenzialmente lucrose. O, decisamente peggio, nessuno ha voluto/potuto sbarazzarsene in massa, perché questo avrebbe portato allo scoperto la reale esposizione a bilancio.
E, soprattutto, quelle che vengono contabilizzate come unrealized losses su cui giocare con i cuscinetti precauzionali, invece che come perdite vere e proprie. Cui dover far fronte. O con aumento di capitale o con qualcosa di peggio, in caso di svalutazione sul valore facciale. Le stesse criticità che, ad esempio, negli Usa sono ricominciate a salire. Vuoi vedere che la scusa della Russia pronta a invadere la Ruhr sia servita a garantire uno sforamento di debito che operi da cuscinetto preventivo, stante il ciclico e sempre più insistente stalking in sede europea affinché l’Italia riveda il suo no alla riforma del Mes?
Tutto questo sta accadendo ora, signore e signori. Tutt’intorno a noi. Mentre festeggiamo un record al giorno di Wall Street. E Microsoft taglia 9.000 dipendenti per la gioia del Nasdaq. Di quale colore volete la pillola di Matrix? Se scegliete di guardare in faccia la realtà, allora potrebbe interessarvi questo ultimo grafico: oggi per comprare casa negli Usa occorre destinare il 39,7% dello stipendio medio fra rata mensile del mutuo, tasse e assicurazione.
La media a lungo termine era del 29%, mentre durante la fase più acuta dell’ultimo crash di mercato immobiliare si era scesi al 22%. Per vedere garantito un rimbalzo, quella ratio deve scendere almeno a 30% e per fare questo serve un caso del valore degli immobili del 15% e dei tassi sui mutui dell’1,5%.
Insomma, attenzione a sottostimare lo storico generatore di crisi finanziarie Usa. Perché mentre Wall Street ruggisce, l’immobiliare tossisce sempre più strozzato come il canarino nella miniera. E un policy error della Fed potrebbe operare da detonatore.
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