Questo articolo è dedicato agli scricchiolii. Quelli che arrivavano dalla sentina del Titanic. E a cui quasi nessuno prestò attenzione. Quelli cui non si fa caso, mentre si pattina spensierati sulla coltre troppo sottile di un laghetto ghiacciato. D’altronde, quando lo Standard&Poor’s 500 supera quota 6.200 punti, cosa può andare storto?
Il mercato, oggi, è percepito come teflon. E in effetti, nessuna criticità è riuscita finora a scalfirne la corazza. Nemmeno una guerra fra Israele e Iran. La quale, tra parentesi, non vi pare sparita dalle news con velocità siderale? Ma qualche risultato lo ha decisamente sortito. Senza che nessuno ci prestasse attenzione. Come per gli scricchiolii.
Guardate questo grafico: la paura dell’atomica, alla fine, ha funzionato. Rendimento del decennale Usa al 4,24%. Mica male per chi, soltanto un mese fa, pregava ogni sera il suo santo protettore che non si arrivasse a 4,60%. Soprattutto alla luce di quei 7 trilioni di dollari da rifinanziare da qui a fine anno.
Perché se certe paure le veicoli bene, nessuno si preoccupa più delle traiettorie di debito fuori controllo. Nemmeno se a confermarne la gravità è il governatore della Federal Reserve in persona, come accaduto martedì. Si torna comunque da Zio Sam e dalla sua carta da parati. Non fosse altro perché, se c’è da tirare bombe e missili, è meglio stare dalla parte di chi in materia è un vero professionista. Tutti a comprare Treasuries!
Quando una decina di giorni fa iniziavo il mio articolo con un quasi blasfemo Dio benedica gli ayatollah, mi sbagliavo, forse? Et voilà. Ora si punta sulla tregua a Gaza. Nel frattempo, un po’ di pubbliche relazioni interne, dando il ben servito all’ormai inutile e sempre più petulante Zelensky. Ma non solo.
L’atomica iraniana con i suoi mille misteri ora sta nuovamente lasciando spazio al prepotente ritorno della questione dazi. Flip-flop come per l’inflazione. Sullo sfondo, ben nascosto, il dibattito al Senato Usa con relativa approvazione del cosiddetto Big, Beautiful Bill. E i suoi numeri fuori controllo. Sapete quali? Rispetto al testo della House e sull’arco temporale di 10 anni, si parla di 500 miliardi di deficit in più (3,3 trilioni in totale) e tetto di debito aumentato di 5 trilioni invece che solo di 4 trilioni. Con qualcosa come 7 trilioni di debito a scadenza da rifinanziare da qui a fine anno, appunto.
Ma la notizia è lo Standard&Poor’s 500 che sfonda i record, ovviamente. O il Nasdaq con le sue corazzate che gonfiano i market caps come fossero torte con troppo lievito, nonostante la minaccia open source di Baidu che si configura come un altro DeepSeek alla deriva e pronto all’impatto. E poi, ormai la china del rendimento dei Treasuries è al ribasso grazie a Teheran. E se il mercato non ha fatto un plissé al j’accuse di Jerome Powell su debito e deficit, pensate che qualcuno si formalizzerà di fronte alla Manovra sfascia-bilancio voluta dalla Casa Bianca per ingraziarsi l’America che conta, mentre la Main Street applaude patriotticamente per non si sa che cosa?
Il problema, però, è che stavolta gli scricchiolii si sono sentiti, almeno nelle sale trading. Perché vi invito a trovare un altro periodo storico di mercato su massimi assoluti in cui la Fed abbia dovuto elargire 11 miliardi di dollari via facility Repo a qualcuno, affinché scollinasse la fine mese/trimestre/semestre. A cui è stato necessario aggiungerne altri 6 nella giornata successiva.
Ovvero, banche che – al netto di Wall Street che festeggia a oltranza – vanno con Treasuries in bocca come cani con le pantofole, prendono il malloppo a 24 ore e fingono indifferenza da business as usual. Scricchiolii, certo. Nulla che debba distrarre da questo rally straordinario. E totalmente basato sulla solidità di fondamentali e sottostante. O sulla qualità del collaterale, vero?
Guardate quest’ultimo grafico. Ci mostra come da inizio anno, l’indice benchmark della Borsa sudcoreana abbia segnato un rotondo +28,8%.
La ragione? Semplice, la paura. La stessa dell’effetto Teheran. O la stessa che, temendo i dazi Usa, ha visto l’Eurozona esportare con il bazooka, gonfiando quindi il Pil del primo trimestre e facendo la gioia dei giornali filo-governativi e della Commissione. Ma trattasi della stessa Eurozona che solo l’altro ieri ha visto il decano Bce, De Guindos, dire chiaro e tondo che l’economia va male e che tagliare ancora i tassi sarebbe inutile.
Bene, la Corea del Sud aveva un mercato azionario a pezzi e un problema valutario con il peg che cominciava ad andare fuori controllo. Senza contare che aver dichiarato illegale lo short selling aveva sì garantito titoli sui giornali ma anche comportato un calo della liquidità. E se un mercato già in crisi va anche in secca, l’epilogo appare abbastanza scontato. Ebbene, è bastato un golpe da barzelletta e un susseguente iter giudiziario da film di Totò per consolidare la narrativa della lezione imparata e delle mitologiche “riforme” per cambiare il sistema e vedere gli investitori di mezzo mondo portare capitali nel medesimo indice azzoppato di qualche mese prima. E trascinarlo verso il massimo storico.
Viviamo in questo mondo, cari lettori. E non pensiate che l’Italia sia un paradiso del realismo. Perché altrimenti vi invito a chiedervi quale spirito illuminante abbia armato la vis polemica del Presidente di Confindustria, il quale – a regime di dazi ancora sospeso – si è lanciato in una revisione al rialzo dell’impatto sull’economia italiana che puzza lontano un miglio da estensione in avanti delle mani. In attesa che qualcuno pronunci la parolina magica: sostegni. E con Stellantis che scopre il caro-energia e il ministro Giorgetti che avverte tutti su quanto la coperta della Finanziaria sarà corta, prepariamoci a un’emergenza estiva.
Escludo un golpe stile Seul. Ma per il resto, temo che ormai ci sia davvero da aspettarsi di tutto.
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.