Non so a voi, ma a me la pantomima in atto da tre giorni a Bruxelles ricorda molto una di quelle partite di calcio a fine stagione che, per ragioni tanto inconfessabili quanto in realtà note a tutti, deve per forza finire in un certo modo. Ed ecco allora che, giunti quasi allo scadere e con il risultato differente da quello necessario, l’arbitro prolunga all’infinito i tempi di recupero. Magari, sperando in una caduta in area che, automaticamente, si tradurrà in calcio di rigore. Chi ha vinto, alla fine, al Consiglio Ue? I cosiddetti Paesi frugali, ovvero un insieme di nani politico-economici che senza la copertura silente e dissimulata di Angela Merkel (o, più facilmente, della Bundesbank) non avrebbe fiatato, salvo limitarsi a chiedere – con educazione, timidamente e verso la fine della discussione – un ritocchino favorevole al rebate? Sapete com’è, a volte le cose che si pensa di aver cacciato dalla finestra, rientrano direttamente dalla porta. E senza nemmeno bussare. Tanto abbiamo fatto tuonare attorno al Mes che sono piovute condizionalità – vere, serie – in seno al Recovery Fund, paradossalmente proprio lo strumento su cui il Governo italiano puntava tutto per evitare il rischio di commissariamento.
Karma is a bitch, dicono gli americani. Ed ecco infatti che potrebbe saltar fuori il super-freno d’emergenza, ovvero la possibilità che gli altri Stati membri blocchino l’erogazione degli aiuti agli Stati recettori che non stiano applicando un percorso di riforme conforme alle promesse. E l’Italia, signori miei, è partita proprio con il piede sbagliato in tal senso. Perché di tutti i membri, è stato l’unico a non presentare in vista del Vertice un piano proprio relativo alla programmazione dei fondi: ovvero, come verranno impiegati. L’unico. Il sito della Commissione contiene in tal senso una tabella impietosa. Si è limitato a inviare il National Stability Programme, ovvero il programma che sintetizza le misure già messe in campo come reazione alla crisi da Covid, ma non il National Reform Programme, ovvero il documento relativo alle riforme da intraprendere.
Non un bel biglietto da visita, converrete con me, soprattutto sapendo che i Paesi frugali stanno aspettandoti al varco, pronti a procurar battaglia. E la pietra dello scandalo sarebbe quindi l’atteggiamento destruens degli olandesi, la cui unica colpa sarebbe quella di non fidarsi di un Paese che – giova ricordarlo – ha bellamente evitato di dar vita alle riforme richieste dall’Europa fin dall’agosto 2011. Eh già, perché cosa andava fatto era scritto nella famosa lettera della Bce recapitata a Roma in pieno agosto, pochi mesi prima della fine del governo Berlusconi con lo spread a 575 punti base.
Qualcuno, a livello meravigliosamente bipartisan, ha fatto qualcosa in tal senso nel frattempo, dalla riforma del mercato del lavoro a quella della giustizia civile al nodo pensionistico, dalla riforma degli ordini professionali a quella degli appalti e delle procedure dei concorsi (do you remember, ad esempio, l’eliminazione del valore legale del titolo di studio?) fino a quella sulla concorrenza e le procedure amministrative? No. E anzi se lo ha fatto, ha operato in senso contrario, ad esempio dando immediatamente vita a quel provvedimento stimola-default chiamato Quota 100.
Signori miei, cari lettori: se dovete maledire qualcuno, comunque vada a finire questa pantomima, maledite i navigator, non Rutte. Sono loro, intesi come impersonificazione dello stipendifici H24 chiamato Italia, a rubarvi il futuro, non i giusti scrupoli di chi è stato allevato con l’idea che i debiti è meglio non farli. E, nel caso sia proprio necessario contrarli, poi vanno onorati. In tempo. Non si fidano più dell’Italia, punto. E fanno bene. Benissimo. Non volete prendervela con i navigator, punta di un iceberg di dimensione ben più grande e con tempi di formazione che corrono indietro ad anni quasi da bianco e nero? Vero. Allora prendetevela con chi, nel 1973, ha introdotto le baby pensioni per i dipendenti pubblici: 14 anni 6 mesi e 1 giorno di contributi per le donne sposate con figli, ben 20 anni per gli statali e addirittura 25 per i dipendenti degli enti locali. Ora paghiamo il conto di lungo periodo alla “lungimiranza” del governo Rumor e all’atteggiamento tipico italiano del ci pensiamo domani, oggi festa: colpa degli olandesi anche questo? O degli austriaci, magari?
La questione grave, però, è altra. Non appena si chiuderà il sipario sul vertice, ovviamente partirà la gara a chi rivendicherà il grado di vittoria maggiore. Nessuno avrà perso, almeno non del tutto. Ma vi invito a riflettere su una cosa. Tre giorni di psicodramma a reti unificate, cosa porteranno in dote, realmente all’Italia a livello pratico e volgarmente di cassa? Al netto di tutto, dei dare e degli avere, il nostro Paese beneficerà di una ventina di miliardi, al massimo 25. Oltretutto, nemmeno subito. Solo i mancati introiti fiscali da lockdown hanno generato, nell’immediato, esigenze di cassa per 20 miliardi, come certifica questo strappo di Repubblica di domenica.
E infatti, a partire da oggi si è aperta una quindicina di giorni da calvario fiscale. Colpa degli olandesi, forse? O di chi ha talmente dilapidato i soldi pubblici e creato debito da ripagare attraverso gli interessi annui da portare il Tesoro a essere alla canna del gas, come il sottoscritto sostiene da almeno due mesi, quando vi dissi che la riapertura del Paese in fretta e furia non era frutto del via libera dei virologi, ma della messa in guardia da rischio insolvenza di Inps e Mef. Ma il Governo, con fulminante ironia degna del miglior Woody Allen, vi prende anche per i fondelli: a Roma non potevano rimandare le scadenze, altrimenti si sarebbe creato un ingorgo fiscale a settembre. Eccheccazzo, vi lamentate pure, ingrati! Lo fanno per voi, tanto per evitarvi noie e code appena tornati dalle ferie. Periodo che si avvicina a larghe falcate e sui cui il Governo, comunque si giocherà nell’immediato a livello mediatico e di propaganda l’epilogo del Consiglio europeo, punta tutto per salvarsi dal naufragio in settembre.
Ad agosto, mentre molti italiani avranno smesso di lamentarsi della crisi e si godranno otto giorni al mare pagati con il credito al consumo delle finanziarie (e il bonus vacanze, ovviamente, quello che gli olandesi sono così sgarbati da non voler finanziare), state certi che una qualche emergenza obbligherà il Governo a operare a tempo di record e in deroga alla promessa di convocazione del Parlamento e accedere al Mes. Ovvero, a quei 37 miliardi che serviranno in conto capitale a garantire i creditori sulla nostra solvibilità sul breve termine: perché signori, quando Repubblica fa un titolo come quello e, caso unico in Europa, il Governo è obbligato a massacrare con quindici giorni di tax days consecutivi intere categorie di professionisti che non fatturano da almeno quattro mesi, significa che il problema non è più quello di pagare la Cig arretrata in vista del voto regionale di fine settembre. Bensì, riuscire a pagare stipendi della Pubblica amministrazione e pensioni in autunno. Quando il Paese capirà la magnitudo reale del fall-out economico da Covid e, come ha stranamente e irritualmente ammesso in anticipo il Viminale, il rischio di tensioni sociali sarà altissimo.
Cari lettori, ognuno ve la venderà come vuole, ma la realtà è solo una: ci sono voluti tre giorni di pantomima per evitare lo spread a 400 già stamattina. Ma la vendetta di Karlsruhe sta per compiersi, proprio a ridosso di quel 5 agosto che segnava la deadline formale avanzata verso la Bce. La quale, per bocca della stessa Christine Lagarde, non più tardi della scorsa settimana ha infatti detto chiaramente che, stante la stabilizzazione dei mercati ottenuta tramite acquisti senza precedenti, ora si attende che i vari Paesi si aiutino un po’ anche da soli, affrontando un serio percorso di riforme. Non si scappa, ormai siamo chiusi in un labirinto. E a vostro modo di vedere, qual è l’unico uomo in grado di imporre al Paese le riforme necessarie e, contestualmente, di far pesare il suo curriculum e la sua moral suasion verso tutti gli Stati membri dell’Ue, in modo da evitare che quel super-freno di emergenza venga mai tirato?
Unite i puntini, cari lettori. E vedrete su quanti sponsor silenziosi e mimetizzati ha potuto in realtà contare Mark Rutte durante la sua tre giorni di warholiano passaggio alla storia (misera e miserevole) dell’Ue.