A poco a poco, tutti cedono alla verità. Chi in maniera più palese, chi più sfumata. Chi ammettendolo, chi facendo fare ai dati di fatto il proverbiale giro largo. Ma la stampa finanziaria che conta, ormai, non finge più nascondere come la Cina abbia in mano il poker d’assi. E difficilmente gli Usa potranno contare su una scala reale. O, quantomeno, le probabilità al riguardo fanno riferimento alla medesima percentuale statistica che sottende il gioco del poker. Minima. Da vero azzardo.
Prima Reuters, poi Wall Street Journal, poi Bloomberg e infine ieri il Financial Times. Tutti concordi sul fatto che Pechino stavolta sia veramente pronta a utilizzare le terre rare e le restrizioni sul loro export come arma nella guerra proxy che la vede contrapposta a un’Amministrazione Trump sempre più in balia di sé stessa e dei suoi bluff. Elon Musk in testa.
E se il quotidiano della City ieri rilanciava l’allarme del settore automobilistico europeo rispetto alla limitatezza dell’offerta cinese di materiali fondamentali per le vetture di nuova generazione, talmente ormai ai minimi termini da far evocare una crisi terminale del settore, tutti sappiamo che terre rare significa soprattutto chip.
E chip significano AI. Ovvero, la spada di Excalibur. L’El Dorado. Ma anche la bomba a tempo innescata sotto i record di Wall Street, poiché in gran parte basata su numeri di domanda e prezzi di offerta che il caso DeepSeek ha già sbugiardato in maniera clamorosa. E la trimestrale di Nvidia ha confermato proprio attraverso il cortocircuito di non sense fra contabilizzazione di perdite da bando sull’export in Cina a colpi di 8 miliardi di dollari sul trimestre e contestuale garanzia di oltre il 20% dei profitti record proprio da Singapore, Hong Kong e China Mainland.
In tal senso e per capire il grado di serietà della questione, sempre il Financial Times l’altro giorno pubblicava questo.
Una sorta di comunicazione di servizio. Perché su certi carri, occorre salire per primi. Quando ancora ci sono posti comodi a sedere. Vicino all’uscita. E il Sistema ha silenziosamente deciso che è arrivato il momento di denunciare al mondo in tutta la sua gravità il fenomeno strisciante dell’AI-washing. Esattamente come accaduto con l’ESG e i bond verdi che di verde avevano solo la denominazione in dollari, ecco che l’intelligenza artificiale diviene di colpo settore pericolosamente in balia di cialtroni e mistificatori. Là dov’era tutto un greenwashing, ora sarà AI-washing?
Vuoi dire e vedere che l’insolvenza di Builder e il conseguente disvelamento en plein air del modello di round-tripping e false fatturazioni con la consociata indiana non siano poi da ritenere un incidente senza il suo lato positivo?
Le big del settore dell’auditing – in testa Deloitte, EY e PwC – sono certe che ora il Sistema avrà bisogno di accurate analisi del comparto. Separare il grano dal loglio. Dal Vangelo secondo Matteo. E quando Nvidia sorpassa Microsoft e diviene l’azienda con maggiore capitalizzazione al mondo con i suoi credibilissimi 3,444 trilioni di dollari, loglio rischia di trovarsi ovunque. E infestare tutto. Meglio allora lanciare l’allarme per primi. Fingendo di essere stati su Marte fino a oggi, ovviamente. Di non aver certificato bilanci a dir poco estrosi. Di non sapere come funzionano certi giochini sul collaterale o come utilizzare proxies come Singapore, tanto per non ammettere candidamente che senza la Cina salta il banco. E l’intero castello di carte.
E ricordiamolo ancora una volta, perché in questo caso davvero abbondare è meglio che utilizzare il bilanciano del silenzio complice: la Cina è quella che con DeepSeek ha già dimostrato di essere in grado di scatenare una chip war in piena regola e in poche ore. Praticamente, overnight. E attualmente, il rischio che qualcosa prenda questa direzione sta salendo. In fretta. Meglio quindi ammettere che il problema esista. Ovviamente senza addossarsi alcuna responsabilità pregressa. Ma, anzi, mostrandosi indignati e pronti a guidare la crociata moralizzatrice.
Diffidare sempre di certi mea culpa. Solitamente arrivano in modalità chiudi la stalla con i buoi già scappati e servono più che altro a salvare la faccia. Perché in un mondo dove Coreweave nella giornata di martedì ha segnato un lunare +25,19% a 140,46 dollari per azione mentre solo il 28 maggio perdeva il 9% a 106,80 dollari per azione, qualcosa a cui aggrapparsi per mantenere viva la chimera deve pur saltare fuori.
In compenso, date un’occhiata a questo grafico: è un caso, a vostro modo di vedere, che l’esposizione degli hedge funds alle Mag7 sia oggi ai minimi da almeno 5 anni? Quale straordinaria contemporaneità fra la voglia di trasparenza delle Big 4 dell’auditing e la ripulitura di portfolio di chi, normalmente, la puzza di bruciato la sente con parecchio anticipo rispetto alla comparsa del fumo dal forno.
Pensate che in Cina non notino tutto questo e non leggano la stampa occidentale? Pensate che non lo sfrutteranno come leverage diplomatico, se si arrivasse davvero alla resa dei conti e occorresse mostrare il proverbiale dito poggiato sul bottone?
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.