Ora che il dato sull’inflazione statunitense ha confermato quanto scrivevo nel mio articolo di ieri rispetto all’indebitamento come unica via per sostenere un’erosione del potere d’acquisto strumentale al Sistema per sopravvivere, cos’altro dobbiamo attenderci?
E fidatevi, perché questa domanda è tutt’altro che retorica o improntata a un populismo allarmista. Tipo quello sul prezzo del gas, a detta di qualche esperto.
Guardate questo grafico. Mentre noi siamo impegnati a preoccuparci di tracciare quotidianamente le tonnellate di oro fisico che stanno lasciando una Londra ormai esangue di barre e lingotti in direzione dei caveau di Wall Street, il prezzo delle uova negli Stati Uniti ha appena subito il suo incremento mensile maggiore da un decennio a questa parte.
Sembra quasi una fiction, quasi la trasposizione nella realtà de Una poltrona per due. Perché negli ultimi mesi si sono susseguite le esplosioni di prezzo prima del succo d’arancia, poi del caffè arabica e ora delle uova. Altro che pensione integrativa, qui il problema sarà fare colazione! Ma l’inflazione era stata battuta, vero? D’altronde, quando occorre tagliare i tassi, altrimenti il sistema bancario comincia a scontare le unrealized losses su assets a bilancio, certa utile retorica può essere abbandonata. E adesso?
Stranamente, nel giorno in cui i prezzi tornano a essere un allarme e i rendimenti obbligazionari Usa tornano a salire come febbre in pieno inverno, Jerome Powell torna sulla scena con un paio di perle a direzionare i flip-flop di Wall Street. Primo, il capo della Fed sottolinea come non ci sia alcuna fretta di abbassare ancora i tassi. Secondo, ammette che forse il Qe andava fermato qualche trimestre prima. Implicitamente ammettendo come comprare carta da parati e stampare soldi dal nulla generi inflazione. Ma non ditelo ai soloni del debito che non esiste, perché tanto si sterilizza. E torniamo allora alla domanda primigenia: cosa ci attende all’orizzonte?
Questo secondo grafico sembra suggerirci un epilogo, proprio attraverso i movimenti dell’oro (fisico e non di carta).
Davanti a noi c’è un evento che per magnitudo e impatto si può paragonare al Covid. Un reset. Perché ormai, stante l’indebitamento pubblico e privato, o si azzera tutto tramite una crisi ogni due anni oppure il banco salta del tutto. Il controvalore di oro fisico affluito nell’ultimo mese all’interno delle vaults delle Big 3 bancarie statunitensi (Brinks, Hsbc e JP Morgan) non ha nulla di ordinario. Ed entro fine settimana potrebbe superare il livello di stoccaggio raggiunto durante la pandemia. Ma quale nome e quale sembianza potrebbe avere questo cigno nero che pare stagliarsi all’orizzonte? Da dove arriverà il colpo?
Tratteggiare scenari piuttosto che indicare chiaramente in quale quadrante del bersaglio andrà a finire la freccetta è più semplice, ovviamente. Ma capirete che una situazione come quella attuale, semplicemente non ha precedenti. Uncharted territory. In tal senso, vi invito a dare un’occhiata a questi altri due grafici. Tanto per contestualizzare. E cercare quantomeno di restringere il campo.
Chiedendovi, ad esempio, per quale motivo il sistema bancario statunitense stia succhiando dalla mammella federale delle varie facilities più di quanto fece addirittura nel 2008, stante uno stato di salute eccellente testimoniato da trimestrali e valutazioni di Borsa?
E per chi soffrisse di sindrome opportunistica della memoria corta, consiglio un ripasso del trend di prezzo dell’oro fisico prima dell’esplosione Lehman/subprime. Ovviamente, Banche centrali, Governi e regolatori non permetteranno il déjà vu. Ecco allora venirci incontro l’altra immagine, quella che ci mostra come in Cina la fame di barre e lingotti fisici sia ormai destinata a richiedere la soppalcatura dei grafici.
E quale criticità porta con sé questa onnivora predisposizione del Dragone per l’oro, di cui è con le riserve piene ai massimi storici, esattamente come l’India? Forse Pechino ha visto innescarsi un simile trend sull’hard asset per antonomasia come reazione difensiva, come hedging, rispetto alla percezione di crescenti difficoltà economiche di Usa ed Europa, al netto dei dati ufficiali della Bidenomics e le supercazzole Bce? O forse dobbiamo fare riferimento all’autocoscienza del fatto che la Cina stessa stia lottando contro una spirale di debito dichiaratamente deflazionistica e che in tempi meno obbligatoriamente sofisticati (termine inteso nell’accezione dei Nas) avremmo tranquillamente chiamato depressione?
Vuoi vedere che le sparate a sensazione sulle tariffe, sui dazi e sulla seconda trade war fra antagonisti globali che abbaiano ma non mordono sono soltanto una scorciatoia, un bypass per garantire un’esportazione meno traumatica possibile di quella deflazione? Piaccia o meno, gli Usa come economia pesano per il 29% dei consumi mondiali, mentre producono il 15% dei beni a livello globale. La Cina invece consuma il 12% e produce il 32%. Forse allora ciò che quel livello di stoccaggio dell’oro vuole annunciarci non è un altro reset, ma la prima, vera resa dei conti.
Insomma, la Cina produce il doppio del secondo concorrente sul podio globale, generando appunto uno sbilanciamento da 1 trilione di dollari, stando a calcoli di Deutsche Bank. Occorre riequilibrare senza che il battito d’ali della farfalla cinese si tramuti in tsunami in Occidente. Anche perché, nel frattempo, la medesima e poetica farfalla è mutata in uno pterodattilo di indebitamento. Capito, forse, perché l’Europa pare decisamente l’agnello sacrificale di questo scontro?
E signori, quale pensate che sarà l’epicentro di crisi nel Vecchio continente, dopo che il dato della produzione industriale nel mese di dicembre ha segnato -3,5% per il 2024 e addirittura -7,1% su base tendenziale?
Avete ancora voglia di stappare bottiglie per festeggiare le disgrazie industriali della Germania, adesso? Siete ancora ebbri di Schadenfreude per la decadenza terminale dell’ordo-liberismo teutonico e altre amenità patriottarde e tardo-pentapartitiche simili, di fronte a una Spoon River di Pmi e posti di lavoro? Vi rendete conti in quale contesto di rimescolamento globale stanno inserendosi lo strapiombo produttivo, industriale e manifatturiero europeo e quello italiano?
Davvero fare la guerra Berlino appare la via maestra per la salvezza, sperando nell’amico Donald, quello che ha appena vanificato due anni di autolesionismo russofobo europeo concedendo a Vladimir Putin tutto ciò che perseguiva attraverso la campagna militare in Ucraina? Sveglia.
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