Oggi non toccherò nuovamente l’argomento dell’insostenibilità del debito Usa da rifinanziare come vera ragione della pantomima in atto sui dazi. Chi ancora non ne è convinto presenta un’impostazione di politica economica diametralmente opposta alla mia e, quindi, pur rispettando assolutamente la sua posizione, altresì ritengo inutile cercare di persuaderlo. Come d’altronde il contrario. Sarà il tempo a dire chi aveva ragione.
Mi interessa altro. Mi interessa rendervi partecipi di questi due sviluppi, i quali chiaramente non finiscono sui giornali, nei tg o sui siti di informazione. Ma esattamente come la questione legata alle direttive sul risparmio e l’unione dei capitali che domani dovrebbero essere rese note nei particolari dalla Commissione europea ad hoc, da un giorno con l’altro potrebbero diventare notizie da prima pagina. E, soprattutto, da cortocircuito sui social.
Cos’è accaduto fra venerdì e domenica? Di fatto, due colossali bandiere rosse sono state issate sul pennone di quella spiaggia chiamata mercato. I bagnini hanno deciso che perdere ulteriore tempo sarebbe stato fatale, un po’ come rinnovare il rating di credito a Lehman Brothers due mesi prima del crac. Ma come sempre accade, una bandiera rossa che sventola rischia di non bastare. Fino a quando non vengono chiusi gli ombrelloni, tutti pensano a un allarme eccessivo. Precauzionale.
La Dtcc è la madre di tutte le clearing house, la Mecca della compensazione del mercato americano, il pizzardone di piazza Venezia che cerca di regolare qualche trilione di controvalore in derivati, fra opzioni e swaps e futures. E cos’ha deciso di comunicare senza preavviso il 14 marzo? Che occorre cambiare le regole che permettono al mercato di mantenere il suo regolare funzionamento in caso di un major system event. Insomma, dalla sera alla mattina e senza che nulla facesse prevedere la necessità di un’implementazione d’urgenza, la Dtcc avverte che occorre prepararsi a uno scenario che mandi in tilt il sistema di clearing. Tradotto, quasi certamente un attacco hacker.
O, almeno, questo è ciò che vogliono farci credere. Perché la storia recente ci insegna come certe emergenze che, ad esempio, lasciano a terra di colpo gli aerei di tutto il mondo, fanno impallare i sistemi bancari e delle carte di credito e fanno gridare al nuovo millennium bug, di fatto vengano risolte nel giro di 48 ore. L’importante è coprire le news in quell’arco temporale. Monopolizzarle. Magari ci diranno che trattasi di hacker. Russi. Cinesi. Nordcoreani. Ungheresi, magari. E invece il sistema avrà bisogno di migrare su piattaforme alternative o di operare con restrizioni su tempistiche, volumi e modalità delle negoziazioni per qualcosa di molto correlato alla seconda immagine.
In questo caso a comunicare out of the blue la novità è il Comex, un nome che ormai è divenuto famigliare, poiché approdo di qualche milione di once di oro e argento fisici sotto forma di lingotti e barre dal Regno Unito e dalla Svizzera. E cos’hanno deciso Oltreoceano, comunicando l’entrata in vigore immediata nel corso del fine settimana, quindi a mercato formalmente chiuso? Che quattro fattispecie di contratti futures direttamente riconducibili proprio al mercato aureo e dell’argento londinese non sono più accettati come collaterale per coprire i margini di negoziazione.
Vi pare arabo? Non lo è. In realtà, è un concetto tanto semplice da risultare per questo allarmante, poiché di solito le brutte notizie i regolatori tendono a dissimularle o prepararle adeguatamente con tempistiche che non rendano il colpo troppo duro da sopportare. Il medesimo Comex che sta svuotando i caveau della Lbma londinese, di fatto ha appena dichiarato non più accettati e accettabili come collaterale 4 contratti su oro e argento fisico utilizzati dalla medesima entità di contrattazione di metalli preziosi di Oltremanica. Ovvero, il compratore sta svuotando i magazzini del venditore, ma, contestualmente, chiude ogni tipo di rapporto commerciale che veda quest’ultimo operare su garanzia rispetto a quegli stessi prodotti.
Insomma, al Comex stanno forse cautelandosi e chiamandosi fuori da una possibile implosione della Lbma, molto probabilmente causata dal crollo del castello di carta fra contratti futures e metallo disponibile alla consegna immediata?
E quell’avviso ai naviganti della Dtcc forse vuole dirci che il rischio non più improbabile e ascrivibile alla categoria del tail risk, del cigno nero, è quello di un fail-to-deliver di massa su contratti aurei e argentei che potrebbero innescare margin calls devastanti? E che occorre quindi millantare come attacchi hacker al sistema, invece che normali attivazioni di circuit breakers che scattano per bloccare (o cercare di bloccare, limitando i danni emorragici) crolli auto-alimentanti?
Sicuramente il mio è allarmismo. Ma quando i volumi di cui si sta parlando cominciano a mettere platealmente in crisi quelli che la Lbma diffonde ufficialmente rispetto alle disponibilità immediate di materiale per la consegna, forse la precauzione non è mai troppa.
E attenzione, perché forse non è un caso nemmeno il fatto che il campione dell’attivismo bellico-diplomatico, in questo momento, sia proprio il Primo ministro britannico. Forse occorre nascondere altro?
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.