Venticinque anni dalla nascita. Non sono in molti ad aver “festeggiato” il venticinquesimo della nascita della Bce, ma qualcuno lo ha ricordato. Dovevano sfruttare l’occasione, perché quella del decimo anniversario era andata malino, nel 2008, impegnati com’erano a fronteggiare l’inizio di una crisi potenzialmente devastante, per la quale non avevano la più pallida idea di cosa fare, di dove mettere le mani.
Allora hanno fatto l’unica cosa che sanno fare alla Bce: stampare denaro a più non posso, senza pensare al domani. Hanno gonfiato i mercati finanziari e hanno permesso a banche e istituzioni finanziarie di galleggiare fino a oggi, mentre il mondo dell’economia reale rimaneva perennemente in crisi, passando per piccole illusorie riprese, senza mai trovare una crescita solida e continuando ad aumentare il debito degli Stati e il costo di tale debito sulle spalle dei cittadini.
Scusate se lo faccio, ma vi propino qui una piccola parte del discorso del Presidente della Bce, la francese Christine Lagarde: “L’euro rappresentava la risposta logica a tutti e tre questi cambiamenti. Offriva stabilità, sovranità e solidarietà ai cittadini europei. Stabilità, perché l’euro metteva al riparo il mercato unico dalle oscillazioni dei cambi, rendendo altresì impossibili gli attacchi valutari speculativi. Sovranità, perché l’adozione di una politica monetaria unica a livello europeo avrebbe accresciuto l’indipendenza politica dell’Europa nei confronti di altri grandi attori. E solidarietà, perché l’euro sarebbe divenuto il simbolo più potente e tangibile dell’unità europea sempre presente nella vita quotidiana delle persone”.
Ecco, tanto per ristabilire la verità, un paio di commenti vorrei farli. Punto uno: stabilità nei cambi. La realtà ci racconta che l’euro, spinto dalla speculazione, ha iniziato il proprio percorso in discesa, fino al valore di 0,83 nel cambio col dollaro (maggio 2001), per poi salire a 1,6 dollari (aprile 2007) con un aumento del 93% in sei anni, alla faccia della stabilità. Nei quattro anni successivi ha rimbalzato cinque volte tra 1,5 e 1,25, poi nel 2014-2015 è passato da 1,40 a 1,10, sempre alla faccia della stabilità. E la speculazione internazionale ha fatto i suoi grassi profitti, mentre famiglie e imprese soffrivano.
Punto due: sovranità? La “sovranità” è quell’oggetto misterioso che in qualche modo dipende dal popolo. Invece lor signori l’hanno scambiata per la quantità di potere in mano a loro. Ecco, quella pseudo sovranità è certamente aumentata. Ma per la vera sovranità potremmo chiedere, per esempio, al popolo greco cosa ne pensa, o cosa ne pensava nel 2013 quando riteneva seriamente di uscire dall’euro per liberarsi di un fardello insopportabile.
Punto tre: solidarietà. Anche qui, come per “sovranità”, bisogna intendersi sul significato della parola. Questa parola etimologicamente viene dal latino “solidus”, che è la radice su cui poggia un’altra parola importante: “soldo”. Ecco, ora diventa chiaro a cosa si riferiscono. Avente presente quando è scoppiata l’inflazione? E quanto si sono dati da fare per proteggere il valore dei soldi? E quanto hanno innalzato i tassi di interesse facendo crollare il lavoro e l’economia di imprese e famiglie, per non parlare dei pensionati, ma proteggendo il valore di chi ha i soldi?
Tutto chiaro ora?
Anno nuovo, tempo di bilanci (fatti nell’ultimo articolo) e di previsioni.
Quest’ultime, per non essere campate in aria, dovranno basarsi su quello che oggi c’è di certo. E di certo, come emerge dagli ultimi dati, c’è che le economie europee stanno andando in recessione. Gli ultimi dati a cui mi riferisco sono quelli del PMI (Purchase Manager Index) dei vari Paesi europei. L’indice si riferisce alle indicazioni dei manager sulle intenzioni di acquisto per i mesi a venire. Per giudicare adeguatamente questi indici occorre tenere conto anche del momento storico che l’economia sta vivendo, delle dinamiche economiche in corso. Per esempio, se i magazzini sono pieni, una contrazione di questo indicatore in una fase comunque di crescita non sarà preoccupante. Invece, in momento che dovrebbe essere di espansione grazie a investimenti statali ed europei (tipo il Pnrr, per esempio?) dopo tre anni molto difficili a causa di pandemia e poi degli effetti devastanti delle sanzioni alla Russia, la contrazione di questi indici è un dato preoccupante: sono tutti sotto il valore di 50 (in una scala che va da zero a cento), il che indica una prossima recessione.
Come stupirsene? Veniamo da un anno di inflazione scottante, per abbattere la quale la Bce ha somministrato l’unica medicina (amarissima) che conosce, cioè quella di alzare i tassi per comprimere la crescita economica e così costringere famiglie e imprese a non spendere. Questo è il loro modo rozzo di abbattere l’inflazione: costringere i commercianti ad abbassare i prezzi perché nessuno compra più nulla.
Ma è una vittoria di Pirro. Si, certo, l’inflazione definita “core” è scesa. Ma quella è un’inflazione depurata dai dati di beni alimentari ed energetici (le bollette elettriche e il gas) che in quel caso vengono esclusi perché più volatili. Però, anche se li escludi dal conteggio dell’inflazione “core”, le famiglie quei beni li pagano lo stesso: e se li pagano salati, poi non avranno il denaro da spendere per altro.
E poi, contentarsi del dato dell’inflazione “core” a che serve? Forse serve a illudersi che le cose non vadano così male e che quindi i tassi di interesse si possono abbassare? E se si ricomincia a spendere, non succederà forse che l’inflazione riprenderà la sua corsa?
Ecco quello che secondo me succederà nel prossimo anno e soprattutto negli anni a venire. Succederà che gli interventi politicamente delinquenziali della Bce (ribadisco politicamente, perché la politica monetaria è sempre parte della politica) verranno alla luce, i nodi verranno al pettine e il pettine si bloccherà: la depressione economica creerà nuove e impreviste difficoltà produttive che renderanno più cari i beni prodotti e quindi inevitabilmente l’inflazione riprenderà la sua corsa. E in questa riflessione non tengo conto delle varie possibili crisi energetiche, dipendenti dai conflitti in corso non risolti e da nuovi conflitti che potrebbero scoppiare.
Mi auguro davvero di sbagliarmi e che non succeda nulla, ma è inutile negare che gravi tensioni serpeggiano in Nord Africa (Libia soprattutto, ma non solo), nel Medio Oriente e nei Balcani.
E se Atene (l’Ue) piange, Sparta (gli Usa) non ha nulla da ridere. Sembra che siano su un pianeta diverso, con un Pil che recentemente ha registrato un bel +3,7%. Ma temo che sia una grave illusione. Sarebbe interessante capire quanto di quel Pil dipenda dalle esportazioni di gas verso l’Europa e dalle esportazioni di armi (Europa e Israele). Non faccio considerazioni morali (solo perché qui mi occupo di economia), ma ci tengo a precisare che il debito Usa ha raggiunto per la prima volta nella storia l’iperbolica cifra di 34 mila miliardi.
Ma il dato peggiore è il trend di crescita del debito, che somiglia sempre di più a una curva esponenziale. Chi segue da tempo i miei articoli sa bene che, per me, questa crescita è ovvia: quando il debito non viene saldato, ma rinnovato continuamente, ovviamente gli interessi sul debito diventano nuovo debito; quindi la dinamica di crescita è quella dell’interesse composto, che come insegna la matematica è una curva esponenziale. E la crescita del Pil Usa in termini assoluti è di fatto una cifra analoga al nuovo deficit. Praticamente gli Usa (Governo) hanno finanziato la pseudo crescita dell’economia con tutto nuovo debito. Quanto può durare una follia del genere?
Non mi dilungherò su questo aspetto, ma su quella che è l’unica soluzione nota nella storia per mettere fine a questa crescita esponenziale, prima che travolga il sistema bancario e finanziario mondiale. L’unica soluzione nota è quella di un’inflazione esplosiva che di fatto riduca a poca cosa la massa enorme di questi debiti. Noi viviamo nella grande illusione che le istituzioni non lo permetteranno mai, perché altrimenti pure le grandi ricchezze spariranno. Ma questo succede solo se uno mantiene i soldi liquidi e non acquista beni, non acquista proprietà.
Ora due domande che forse ci metteranno sulla buona strada per capire cosa potrà accadere, cosa i potenti e i ricchi pensano che possa accadere, forse nel corso di questo anno e probabilmente nel futuro. Come mai nell’ultimo decennio abbiamo assistito a una corsa all’acquisto di oro da parte delle banche centrali? E come mai il miliardario Bill Gates risulta essere il più grande proprietario di terreni agricoli negli Usa? Coincidenze?
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