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Home » Economia e Finanza » Economia Internazionale » SPY FINANZA/ L’Ue e gli Usa hanno ancora bisogno della Cina

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SPY FINANZA/ L’Ue e gli Usa hanno ancora bisogno della Cina

Trump sembra intenzionato a convincere gli alleati a isolare la Cina, ma non si tratta di un compito facile per l'Europa

Mauro Bottarelli
Pubblicato 18 Aprile 2025
Cina, linea di produzione di automobili (Ansa)

Cina, linea di produzione di automobili (Ansa)

Missione isolare la Cina. Donald Trump è stato chiaro: dazi ridotti a chi taglia i ponti con Pechino. Ora, a mente fredda e partendo dal presupposto che del benessere degli Usa non deve interessarci nulla (primum vivere), chiediamoci se davvero la Cina vuole cannibalizzare commercialmente l’Europa e contagiarla politicamente con pulsioni autoritarie. Il tutto sotto le mentite spoglie di un’unione di forze contro il bullo della Casa Bianca, come i maccartisti fuori tempo massimo stanno suggerendo. Siamo davvero sicuri?


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Partiamo da un presupposto: il liberismo adora le autocrazie. E le dittature. Chiedere referenze a Goldman Sachs che maneggia bond venezuelani con fedeltà quasi stoica dai tempi di Chávez. Perché un dittatore può perdere tutto, ma non la credibilità. Millanta autarchia, ma ha bisogno del vituperato mercato per finanziare la sua utopia. E blindare il suo potere. Quindi, magari rischia un golpe ma la cedola la paga. Puntualissimo. E corposa.


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Veniamo ora alla questione commerciale. E in tal senso, la Cina in effetti ha voluto offrire uno spoiler decisamente efficace su come potrebbe svolgersi la partita. Il fuoco di fila di video su TikTok che mostrano come i grandi marchi del lusso producano allegramente a prezzi irrisori nei laboratori del Dragone, gonfiandoli poi nelle boutique di Milano o Parigi, rappresenta un Re nudo di quelli esiziali. Perché se la fascia alta di clientela cominciasse a fare cherry picking tra chi realmente è Made in e chi invece opera da furbetto del cartellino, l’intero comparto potrebbe ritrovarsi terremotato.


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E anche in questo caso, Pechino è solo lo specchio della nostra cattiva coscienza. Con cui occorrerà scendere a patti, perché il mondo distopico post-Covid prevede il paradosso di una Cina che svela la verità al mondo. E non solo su borsette e tailleur. Ma anche quella che mostra il grafico.

Volete regolare l’orologio sull’orario di apertura e chiusura del mercato cinese, ad esempio? Basta guardare quando le quotazioni dell’oro salgono. Oro fisico. Quando apre l’Europa o, peggio, Wall Street? Festival della carta e di Mr. Slammy, i derivati stampati col ciclostile per manipolare le valutazioni al ribasso. Chi racconta la verità, l’oro fisico o i futures in perenne equilibrio precario da fail-to-deliver?

Lo so, appare paradossale, ma i trasferimenti record al Comex degli ultimi tempi paiono implicite quanto impietose conferme in tal senso. Chi bluffa, la Cina ancora dipinta come magazzino di chincaglierie a cielo aperto e ipertrofica bisca clandestina o l’azzimato e regolamentato Occidente della deroga perenne?

Date un’occhiata a questa schermata, la quale ci mostra una notizia battuta dalle agenzie nella giornata di mercoledì e bellamente ignorata dalla nostra stampa. La quale pare unidirezionalmente impostata verso l’AI solo con tonalità apologetiche. Quando saltano fuori rogne e magagne, si cambia argomento.

Capito perché Nvidia si è inabissata al Nasdaq? Non è bastato il fatto che i nuovi chip H20, quelli designati apposta per il mercato cinese, vedessero la vendita bandita dalla Casa Bianca a tempo indeterminato, ma ecco che salta fuori come i campioni del tech avessero già accettato (e contabilizzato?) ordinativi record dal Dragone, pur sapendo – almeno questo è il forte dubbio – che con ogni probabilità la mannaia delle tariffe e della contrapposizione sinofobica si sarebbero abbattute su quel prodotto. Chi fa il furbo, quindi? E vogliamo rinverdire il fasti di DeepSeek e del suo scoperchiamento del vaso di Pandora dei prezzi gonfiati dell’AI statunitense, per caso?

Ora date un’occhiata a questo grafico. Un potenziale, pressoché certo dèjà vu che l’Europa potrebbe pagare carissimo, se fra Bruxelles e Washington non si trovasse in tempi brevi un’intesa.

Dopo la svalutazione dello yuan del 2015, la Cina liquidò parte delle sue detenzioni di debito Usa attraverso il proxy del Belgio. Ovvero, Euroclear. Belgio che, dopo la Cina, è infatti quinto detentore assoluto. Dopo Bruxelles, ecco il Lussemburgo. Ovvero, sempre il proxy cinese via Clearstream.

Certo, trattasi meramente di clearing house e depositary house, veicoli tecnici che non discriminano certo la clientela che voglia detenerci assets. Ma chi lo spiega a un caratterino ben poco stabile come quello di Donald Trump che, potenzialmente, l’esplosione dei rendimenti dei Treasury abbia avuto come accelerante dell’incendio doloso anche un fuoco amico?

E a proposito, siamo in buona compagnia. A parole, il Giappone è alleato di ferro degli Usa nella lotta contro Pechino. Addirittura, il Fondo pensione statale nipponico (Gpif), un moloch con assets investiti per 1,7 trilioni di dollari, ha cambiato il benchmark che utilizza per i suoi investimenti su equities straniere, optando per uno che non include titoli onshore cinesi.

Accidenti che fedeltà, che stoicismo da veri samurai. Samurai sì ma kamikaze no, come mostra lo strappo. Dopo aver negato la vendita di Treasuries soltanto 48 ore prima, ecco che Tokyo ammette di aver scaricato titoli di debito estero nel corso dello tsunami di mercato della scorsa settimana. Ed essendo il primo detentore di debito Usa, difficilmente avrà preservato la carta di Zio Sam, vendendo magari Gilts britannici od Oat francesi per puntellare riserve e yen.

Cosa ne dite? Insomma, tutte le disgrazie del mondo sono colpa della Cina? O nel nostro caso specifico, colpa anche di un’Europa che, già oggi, esattamente come gli Usa del 70% di Pil basato su consumi non certo di lusso ma di Walmart, di quel modello che tanto biasima non può fare a meno, come certificano i marchi del lusso totalmente made in China?

Cari lettori, va bene l’ideologia. Va bene il sovranismo. Va bene persino il trumpismo. Ma almeno un minimo di coerenza, quella ci vuole. Altrimenti l’asticella del ridicolo sfonda il soffitto. Un po’ come stanno facendo le quotazioni dell’oro. E chissà come mai sta accadendo…

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Tags: Donald Trump

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